La lista degli impresentabili secondo la Wada

La Wada ha diramato una lista di 114 persone "impresentabili" che gli atleti non potranno frequentare pena una squalifica. 61 sono italiani ma c'è un perchè e alcune assenze fanno discutere.

La lista degli impresentabili secondo la Wada
La lista degli impresentabili secondo la Wada
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Di Andrea Scipione

Nella giornata di oggi la Wada, l'Agenzia Mondiale Anti-Doping ha pubblicato una lista nera di 114 soggetti definiti "impresentabili" che gli atleti di qualsiasi federazione non potranno frequentare, o consultare per programmi di allenamento e qualsivolglia altro tipo di consulenze,  come stage e visite, pena una squalifica di un anno in caso di prima violazione e di due anni in caso di seconda violazione.

Il criterio usato per compilare questa black list è molto semplice: si tratta di soggetti che abbiano ricevuto almeno una sanzione dalle autorità antidoping nazionali, e che queste ultime abbiano poi provveduto a segnalarlo alla Wada. In questa lista sono presenti medici, farmacisti, allenatori, ex atleti, direttori sportivi, insomma tutti coloro che rientrino nel parametro appena illustrato. Scorrendo tra i vari nomi salta subito all'occhio la presenza maggioritaria di italiani: ben 61 dei 114 componenti di questa lista sono infatti di nazionalità italiana. E' presente il dott. Michele Ferrari (inibito a vita), il cosiddetto dottor Mito tanto è vero che a lui si rivolgevano atleti di diverse discipline sportive; il dott. Santuccione, coinvolto anch'egli in inchieste sul doping e per la cui frequentazione già una volta era stato squalificato il ciclista Danilo Di Luca; il farmacista Nigrelli coinvolto nel "caso Lampre"; ex corridori nel frattempo divenuti direttori sportivi come Mariano Piccoli e Bruno Leali. Questi sono alcuni dei nomi di italiani presenti in lista, magari i più famosi per chi segue anche questo tipo di cronache, e tutti quanti hanno ricevuto sanzioni dalla nostra autorità antidoping.

Ma tutto questo cosa significa, che l'Italia è il centro del doping, o che i nostri medici e massaggiatori siano i migliori nello scoprire ed usare pratiche dopanti? Niente di tutto ciò per fortuna. La presenza massiccia di italiani è data semplicemente dalla nostra stringente legislazione in materia, molto più stringente che in tanti altri Paesi. In Italia le inchieste sul doping non solo riescono ad arrivare a una conclusione, ma i soggetti coinvolti, se colpevoli, sono anche condannati ed in maniera esemplare. So che questa può sembrare una banalità, ma per quanto riguarda questa materia noi italiani siamo all'avanguardia, molto di più che in tanti altri Paesi dove tanti soggetti coinvolti non arrivano ad essere condannati. Per capirlo basta guardare gli assenti di questa lista: il nome più eclatante è quello del dott. Eufemiano Fuentes, spagnolo e mente di quel sistema illecito che portò allo scoppio della "Operacion Puerto" ormai diversi anni fa. A seguito di questa inchiesta furono condannati ciclisti come Basso e Ullrich che ammisero i loro rapporti con il dott. Fuentes, solo per citare i più famosi. Valverde fu condannato solo in Italia, ma la sua squalifica dopo una serie di ricorsi non fu mai estesa dall'Uci. Ma non era solo il ciclismo ad essere coinvolto, ma si parlava anche di calcio, tennis e altri sport. Ebbene, le indagini gradualmente furono fermate e insabbiate, troppo scomodo e ingombrante spiegare così il boom sportivo spagnolo, e addirittura Fuentes non è mai stato condannato dall'autorità antidoping spagnola, motivo per cui non è presente in lista. Troppe agenzie nazionali non collaborano, esercitano controlli troppo blandi e condannano solo in presenza di casi così eclatanti da non poterne fare a meno. La mente va anche alle federazioni come l'Uci che coprì Armstrong o agli ultimi casi di copertura in seno alla Iaaf. Perlomeno in lista ci sono il capo allenatore dei marciatori russi, un tecnico giamaicano dell'atletica e il supporto spagnolo di Lance Armstrong, proprio perchè casi troppo eclatanti per non prendere provvedimenti.

Questa lista ha rappresentato un notevole passo avanti, ma se si vuole fare uno step decisivo nella lotta al doping occorre che tutte le autorità nazionali collaborino, e soprattutto che tutte le varie legislazioni nazionali in materia siano più vicine e simili tra loro. Se tutti applicassero il nostro sistema di controlli e sanzioni, al prossimo aggiornamento della lista siamo sicuri che saranno ancora gli italiani la maggioranza?

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About the author
Andrea Scipione
Dottore Magistrale in Giurisprudenza, grande passione per tutto lo sport e per la scrittura.In particolare seguo calcio, basket NBA ed europeo, volley, ciclismo, tennis, nuoto, rugby, sci alpino e nordico, biathlon.