Era iniziata a Barcellona la parabola discendente di Alex Schwazer. In quella 50 km affrontata da favorito, con tutte le pressioni del caso, e terminata con un ritiro. Da quel giorno il peso della vittoria a ogni costo ha piegato la resistenza di un ragazzo stritolato dal mondo del successo, dalla necessità di emergere, in una disciplina, la marcia, che più di ogni altra richiede impegno e abnegazione. 

Eppure quella rassegna continentale era iniziata col piede giusto, con la condizione richiesta. Argento nella 20 km d'apertura, preludio della distanza più lunga, alle spalle del fenomeno russo Emelyanov. 

Il resto è storia nota. Il campione che approda a Londra a caccia dell'oro olimpico si ferma poco prima dell'appuntamento a cinque cerchi. Confessa, tra lacrime e stupore. Doping e squalifica, la fine della carriera, il crollo di un mito. Squalifica che parte dal 30 luglio 2012. 

Oggi la storia cambia e assume connotati insospettabili o forse, a ben vedere, prevedibili. Alex Schwazer è il nuovo campione europeo di Barcellona. Arriva una stangata a togliere di mezzo il pluridecorato Emelyanov. La Russia resta nuda di fronte al demone del doping. L'atletica dell'Est, l'atletica russa, in special modo quella affine alla marcia, cede ancora una volta a prodotti proibiti. 

Difficile nella tragedia che racchiude l'accaduto, non abbozzare un sorriso. Il campione in pista, scende dal trono, positivo a sostanze illecite, lasciando la medaglia più prestigiosa a chi con il doping ha avuto a che fare poco più tardi. 

Una medaglia, per l'Italia, dal sapore amaro.