Alex Schwazer - Sandro Donati, la strana coppia. Da una parte il marciatore, "costretto" a ricostruirsi una reputazione, dall'altra l'ex allenatore, ora consulente Wada, paladino della lotta al doping. Alex Schwazer va all-in, si gioca tutto, per concretizzare un sogno olimpico oggi lontano. Più volte dalla Federazione porta chiusa, Schwazer scocca l'ultima freccia, si affida a Donati per convincere chi osserva, pubblico e addetti ai lavori, che qualcosa è cambiato, nella testa, ancor prima che nelle gambe.

L'idea di una rinascita parte da Schwazer e in Donati trova un appoggio, non incondizionato; paletti fissi, condizioni, per instaurare un rapporto di fiducia, vero. Schwazer collabora e Donati accetta di seguirlo, in tutto. Chiarezza assoluta, su preparazione e allenamenti, troppo vicini il ricordo di Oberstdorf, il pianto a cinque cerchi, la caduta. 

Schwazer, rinato, alllontana il passato, senza cancellarlo. Resta talvolta indisponente, per dichiarazione d'intenti, "attacco" ai compagni, ma è evidentemente un uomo in missione. Ad oggi nessuno si siede al fianco di Schwazer, nessuno si sente in grado di dire dove può arrivare la nuova unione, quel che spinge all'ottimismo è la forza, la certezza che traspare dalle parole dell'atleta. 

Schwazer ci crede, Donati, famoso per le sue battaglie non solo nel mondo dell'atletica, risponde in modo affermativo. Schwazer riprende a marciare, senza un traguardo immediato, con un obiettivo però certo, Rio 2016. Da più parti, cenni di assenso, l'aria della sfida piace, il campione rialza la testa, memore del passato, pronto a scrivere un futuro diverso. 

In palio la credibilità di Schwazer, il "peso" di Donati, un rischio, per certi versi affascinante. L'Italia per ora osserva a debita distanza il cammino dell'atleta, in attesa di sviluppi, di risposte. 

Schwazer “Senza il progetto che abbiamo costruito con Donati forse non sarei tornato. Direi una bugia se non ammettessi che è stato determinante. Fare 260-270 chilometri a settimana e poi, se vai forte, sentirsi dire “forse è dopato”, sarebbe stato insopportabile. Per questo ho pensato a Donati, alla sua storia antidoping, nella speranza che ci sia meno gente a dubitare di me. Mi sono messo nei panni dei miei colleghi. La mia idea e tornare a sfidare avversari e cronometro, ma dare all’opinione pubblica la possibilità di valutarmi”. Queste le dichiarazioni rilasciate nella conferenza tenuta oggi a Roma. 

Donati “Un episodio coerente con la mia storia. È’ una rottura di continuità ma il tempo lo richiede. È troppo facile e ipocrita buttare tutte le colpe sull’atleta. Io avevo chiesto a Schwazer alcune cose, e in particolare la sua “collaborazione con l’autorità giudiziaria”. Cosa che è accaduta”. Sui controlli futuri “Non ci sarà finestra oraria, l’ora quotidiana in cui un atleta si rende disponibile per il controllo. Sara disponibile in ogni momento per sua stessa volontà”.