L'Atletica italiana cade, vittima di contraddizioni e "falle tecniche", cade e il boato è fragoroso, perchè investe le punte più alte del movimento azzurro, campioni di ieri - vedi Gibilisco - senatori di oggi - vedi Donato - riferimenti attuali, alla Meucci. Personalità di spicco, esempi da seguire e assecondare. 

La bufera doping investe il panorama dell'atletica e fa terra bruciata delle certezze costruite con fatica e sudore, spazza via ore di campo e palestra, gettando polvere e macerie su un percorso di sacrificio. Non è doping, non è doping acclarato, partiamo da una premessa doverosa. Si parla di "controlli elusi", quindi mancati e il deferimento giunge dalla Procura Antidoping della Nado-Italia, al termine di un'indagine, denominata Olimpia, avviata la scorsa estate (2014). 

Il rischio, al termine del procedimento, è di veder cancellato un sogno a cinque cerchi, chiusa la via olimpica, la strada per Rio, obiettivo, per molti, di una carriera. Ora restano da delineare i colpevoli, non per forza gli atleti messi alla berlina. Ai 26 si imputa la mancata compilazione di un questionario trimestrale fondamentale per conoscere la reperibilità di ogni singolo profilo, secondo i dettami della Wada. La mancata esecuzione degli "Whereabouts" (per tre volte) porta alla squalifica. 

Resta da valutare se si tratti di scelte dei ragazzi/e in questione quindi di una precisa volontà di non comunicare la propria posizione, per evitare controlli, o di errori di sistema, mancanze di una Federazione non nuova a passi falsi clamorosi. 

La reazione di "stomaco" di molti campioni, da Donato alla martellista Salis, porta a pensare che il problema sia molto più grande, esuli da questioni di doping e tocchi corde di organizzazione, società e tecnici. 

Interessante, a riguardo, proprio il post proposto sui social dalla Salis: 

"Innanzitutto ci tengo profondamente a precisare che quella di cui vengo accusata non è una vicenda di doping ma di problemi di ricezione della reperibilità da parte del sistema Whereabout, con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta. Chi mi conosce sa che in 15 anni di carriera mi son sempre battuta contro il doping e contro chi ha sporcato il nostro sport, prendendo anche parte a campagne di sensibilizzazione tra i giovani.
Per quello che riguarda l'accusa, l'unica cosa che mi sento di dire è che il sistema aveva falle tecniche. Fino a qualche anno fa il sistema era cartaceo: la Fidal mediava i nostri rapporti con il coni, noi mandavamo reperibilità via fax (nel 2011!!) e loro la comunicavano al Coni. Sono in possesso di documenti email provenienti dalla Fidal nei quali io, sorpresa che non avessero ricevuto la reperibilità, chiedevo spiegazioni. La giustificazione (che ancora conservo) è stata data al malfunzionamento del fax che è durata qualche giorno nell'inverno tra il 2010 ed il 2011. Basterebbe solo questo per spiegare in che situazione fosse lo stato della comunicazione della reperibilità all'epoca. Successivamente dal fax si passò ad una piattaforma informatica, che presentò da subito problemi di funzionamento: anche in questo caso ho prodotto documenti riguardo all''immissione della password ed alla generazione calendario. Vi faccio un esempio: a Londra appena arrivata mi ero registrata al villaggio olimpico, ma il responsabile sanitario del Coni, mi disse che non risultavo al villaggio. Insistendo sul sistema, aiutata dai sanitari Fidal, sono riuscita ad aggiornarlo, ma è un altro esempio eclatante per capire cosa è successo. Oltretutto, nel caso ci siano inadempimenti, mancate comunicazioni di reperibilità o mancati controlli, la procura è tenuta a mandare all'atleta una raccomandata con ricevuta di ritorno che rappresenta un'ammonizione, ed alla terza scattano le sanzioni. Nella mia vita non ho mai ricevuto ammonizioni riguardo alla mancata comunicazione reperibilità, la mia unica ammonizione ricevuta è stata nell'estate 2014 per un supposto mancato controllo. Ho fatto subito ricorso producendo documenti e dimostrando la negligenza delle altre parti in questione nel reperirmi, e il ricorso l'ho vinto: questo rappresenta il mio unico contatto con la Procura Antidoping in 15 anni di nazionale. Posso parlare solo per me perché conosco la mia situazione, ma nei corridoi della procura ho potuto riscontrare nei giorni delle audizioni di altri atleti che il mio era un sentimento comune di grande frustrazione per esser stati coinvolti in un malfunzionamento delle strutture e dei sistemi preposti. Certa che la vicenda sarà risolta positivamente per me, ribadisco la mia assoluta estraneità a quello di cui sono accusata e confido nel buonsenso della giustizia sportiva, augurandomi che in futuro vicende del genere non accadano più, specie in un periodo molto buio per l'atletica leggera
".  

In attesa di giudizio, gli atleti possono continuare la loro attività agonistica. Nel mese di febbraio, con ogni probabilità, i primi incontri, con due sezioni destinate a dirimere la questione, con i coinvolti suddivisi in base allo status. 

La parola fine è oggi distante, qual che sia l'esito una pagina nera che incrina ulteriormente la credibilità dello sport italiano. 

Questi i 26 atleti deferiti: Roberto Bertolini; Migidio Bourifa; Filippo Campioli; Simone Collio; Roberto Donati; Fabrizio Donato; Giovanni Faloci; Matteo Galvan; Giuseppe Gibilisco; Daniele Greco; Andrew Howe; Anna Incerti; Andrea Lalli; Stefano La Rosa; Claudio Licciardello; Daniele Meucci; Christian Obrist; Ruggero Pertile; Jacques Riparelli; Silvia Salis; Fabrizio Schembri; Daniele Secci; Daddour Slimani; Gianluca Tamberi; Marco Vistalli; Silvia Weissteiner.