Era stato il co-protagonista di Rocky V ma nemmeno un bravo sceneggiatore degli anni '50 avrebbe saputo pensare a una vita tanto complessa e, purtroppo, tragica. Tommy Morrison, alias "the Duke", alias "The Machine", è morto lo scorso 1 settembre, a 44 anni. Una vita breve e densa di eventi, false speranze e clamorosi successi, tonfi e ritiri, arresti e carcerazioni, diagnosi di positività e poi negatività all'HIV...
 
Alto 1,90, biondo, di bell'aspetto, Morrison venne subito indicato come "la speranza bianca" in un'epoca, quella degli anni '80-'90, in cui il mondo dei pesi massimi della boxe era ancora territorio di caccia esclusivo dei pugili di colore. Il nickname "The Duke" gli venne affibbiato perché Morrison, o il suo entourage, avanzarono una presunta parentela con Marion Robert Morrison, meglio conosciuto come John Wayne e soprannominato a sua volta "The Duke". Tommy nacque in in una famiglia con mille problemi: la madre subì un'accusa di omicidio, il padre univa il vizio per la bottiglia con quello delle percosse per i familiari, il fratello venne condannato a 15 anni di prigione per stupro. Sull'esempio di due zii, Morrison incominciò a combattere prestissimo, a 13 anni, usando una falsa identità e prendendo parte a incontri per i quali l'età minima era di 21. 
 
"The Duke" cominciò presto a costruirsi una fama di pugile spettacolare e di successo. Vinse ben 315 incontri per ko (su un totale di 343 vittorie, a fronte di 24 sconfitte e 1 no contest) riuscendo,  torneo dopo torneo, a raggiungere i Trials per le Olimpiadi di Seul. Opposto a Ray Mercer, che in Asia avrebbe poi vinto l'oro, Morrison perse per split decision e decise di passare professionista.
 
La sua carriera nei professionisti avanzò a suon di ko, ben 15 nei primi 19 incontri, tutti vinti. La sua avvenenza e il suo stile attirarono le attenzioni di Sylvester Stallone, che lo mise sotto contratto per  Rocky V e costruì sul suo fisico e i suoi modi il personaggio di Tommy "The Machine" Gunn. I fan della saga di Rocky Balboa sanno che Tommy Gunn conquistò il titolo dei Massimi, ma Tommy Morrison non fu da meno.
 
Seguito con attenzione dai media dopo la sua apparizione sul grande schermo, Morrison ottiene le prime vittorie di successo nel 1991, quando a cedere sotto i suoi colpi fu Pinklon Thomas. Ormai 33enne, Thomas era stato campione dei Massimi nel 1984, ma nel corso degli anni aveva subito dure lezioni da Tyson, Holyfield e Bowe. Nonostante il successo e la fama sempre crescente, Morrison non convince gli addetti ai lavori ma ha la grande occasione per mettere tutti a tacere. A 22 anni, con 28 vittorie in altrettanti incontri e una serie impressionante di ko, gli viene concessa la rivincita contro Ray Mercer, con in palio il titolo dei Massimi WBO. Morrison si infortuna in allenamento, il match viene rinviato di 2 mesi, ma sul ring Mercer, che nel match precedente con molta fortuna ha messo ko Francesco Damiani, si dimostra troppo forte. Tommy resiste 5 riprese, prima di subire uno dei ko più cruenti di quegli anni. Morrison non demorde.
 
Ritorna sul ring dopo pochi mesi, riprende la scia di ko e nel 1993 ha l'opportunità di battersi per il vacante titolo WBO dei Massimi. Contro di lui, una leggenda, di quelle vere, dalla potenza devastante nonostante gli anni e ancor più di lui alla ricerca di un'impresa, diventare il più anziano campione dei Massimi: il 44enne George Foreman. Morrison sceglie una tattica che delude tutti quelli che si aspettavano uno scontro tra due picchiatori: evita il confronto a breve distanza, e si limita a un mordi e fuggi che esaspera Foreman (che realizzerà la sua impresa l'anno seguente) e si dimostra vincente. I giudici gli assegnano la vittoria all'unanimità. Campione del mondo, Morrison non mette freno alla sua ambizione e inquadra il bersaglio successivo: Lennox Lewis.
 
Dopo una facile difesa contro Tomashek, Morrison incappa però nei micidiali colpi di Michael Bentt, perdendo il titolo alla prima ripresa di quella che doveva essere una facile difesa. Seguono guai fuori dal ring, con l'accusa di aver picchiato uno studente. Il match contro Lewis sembra allontanarsi, ma Morrison dimostra di essere un combattente e riprende la marcia. Facili vittorie contro avversari di secondo piano gli concedono una chance contro Donovan Ruddock, messo ko da Tyson e da Lewis ma capace, in una seconda occasione, di resistere 12 riprese contro Iron Mike. Morrison va al tappeto nel primo round. Potrebbe essere la fine della sua carriera, ma The Duke si rialza e al sesto round chiude la contesa.
 
Il match con Lewis si farà. Il 7 ottobre del 1995, sul ring di Atlantic City, senza titolo in palio (Lewis l'aveva regalato, a Wembley, a Oliver McCall), Morrison affronta il pugile più forte con cui ha incrociato i guantoni e subisce una lezione di boxe. Troppo più forte e abile, Lewis vince per ko tecnico al sesto round, avviandosi alla rivincita farsa contro McCall. Per Morrison, invece, cominciano i guai e la parabola discendente. Nel 1996 viene trovato positivo a un test per l'HIV. Morrison convoca la stampa e ammette che ha contratto il virusa causa della sua vita dissipata; contestualmente, annuncia il ritiro. Seguono arresti e carcerazioni per detenzione e consumo di sostanze stupefacenti.
 
A sorpresa, nel 2007 Morrison dichiara che i test precedenti erano stati sbagliati, e che non ha mai contratto l'HIV. Lo stato del West Virginia gli permette di ottenere la licenza per tornare a combattere e, sulla soglia dei 40 anni, Morrison torna 2 volte sul ring per 2 veloci vittorie per ko. Ma ancora una volta, la vita dimostra di non essere un film  a lieto fine. A Morrison vengono chiesti ulteriori esami; la commissione che nel 1996 ne aveva decretato la positività ribadisce il suo verdetto. Tommy rifiuta ulteriori esami ma le ultime foto che circolano non lasciano dubbi... Morrison trascorre l'ultimo anno della sua travagliata vita a letto, impossibilitato ad alzarsi. La sua famiglia non ha voluto rendere note le cause del decesso. 
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