La bellezza dell'attesa si scioglie al cospetto del ring. Il contorno supera di gran lunga l'essenza del match. Vince Floyd Mayweather ai punti, si avvera la previsione di molti. Il più forte è The Money. Lo spettacolo resta a bordoring, sul quadrato dell'MGM di Las Vegas è una partita a scacchi che Mayweather domina, dall'alto di una sagacia tattica con pochi eguali nella storia di questo sport. Controlla Pacquiao, scappa via rapido, assorbe un diretto nei primi round, poi schiaccia sull'acceleratore quando il match scollina oltre la metà. Tra il nono e l'undicesimo round, Floyd esce dal guscio e Pacquiao incappa in una serie di colpi che allargano la forbice del tabellino. Mayweather poi torna a ritrarsi, danza sulle corde, arretra, vola via negli ultimi tre minuti. Alza il guantone ancor prima del gong. 

Vince, in larga misura, e le sue prime dichiarazioni sono accolte da una bordata di fischi. Il tono di Mayweather non cambia di una virgola, mentre Pacquiao annuncia l'erroneo verdetto, lanciando la sua personale vittoria, Floyd fa i complimenti al rivale, chiarisce il futuro e si prende il mondo. Poco importa, se chi siede a guardare l'incontro storce il naso. Mayweather non è lì per quello.

The Money non cambia veste, non è uomo da knock-out, da colpo risolutore, d'assalto. Mayweather è un ragionere, schiva come nessuno, e punisce al momento giusto, senza incappare in errori o rischi. Cinture, denaro e vittorie, ancora una nel cammino pugilistico per firmare una carriera intonsa. Certo, la boxe che annaspa nei bassifondi dell'anonimato, non può accontentarsi del Mayweather pensiero, ma è oggi il massimo a cui può aspirare. Floyd non trasmette emozioni, è sbruffone, dentro e fuori dal ring, ma ha ragione, sempre, perché vince.

L'infortunio di Pacquiao non sposta l'ago della bilancia, Mayweather è più forte di Pacquaio, nella gestione dell'incontro, nel profumo del momento, c'è un abisso, e a Las Vegas è parso evidente. Pacquiao incarna lo spirito del popolo, è più incline allo show nel quadrato, più portato all'"offesa", ma la solidità di Mayweather è un muro senza graffi, un muro elusivo.

Trepidazione, clamore, giro di denaro senza fine, poi 12 riprese, e delusione, parziale. L'appassionato si cruccia per un match con poca storia e pochi colpi, Mayweather sorride e chiude la porta, la sua porta, inviolata da 48 incontri. Piace a pochi, ma vince come pochi. Il passato, almeno nella boxe, è lontano, gli incontri straordinari dell'epoca che fu non possono più essere parametro utilizzabile, oggi c'è Floyd, piaccia o meno, imbattuto.