Il Tour respira, si ferma. Volge lo sguardo e scuote il capo. Improvvisamente si scopre più povero. Doveva essere il Tour più bello di sempre, quello della super sfida Froome - Contador, il campione in carica contro lo sfidante impetuoso. Un passo dietro a loro Vincenzo Nibali, pronto a diventare grande nell'incantata Parigi. Dieci tappe, metà corsa per riscrivere la storia. Il tempo, inclemente, ha cancellato sogni e speranze. Chris Froome ha lasciato presto, a un passo dal temibile pavé. Si è rialzato una volta, prima di lasciare, con un polso dolorante, e rifugiarsi mesto sull'ammiraglia nera del Team Sky.

Scomparso il padrone del 2013, la concentrazione era tutta per il duello tra il Pistolero spagnolo e lo Squalo azzurro. Fortuna e intelligenza avevano spinto Nibali, laddove Contador era parso incerto, lungo le pietre di Arenberg. Quei due minuti e oltre di disavanzo erano la garanzia assoluta di spettacolo, perché obbligavano il fuoriclasse di Pinto al colpo di teatro, all'attacco continuo. L'antipasto succulento sul muro di Gérardmer non aveva affatto tradito. Il forcing Tinkoff-Saxo prima del ciondolare classico di Alberto. Contador sui pedali, leggero, sublime, Nibali seduto, sicuro, granitico. Sul traguardo separati da pochi metri, lontani, lontanissimi da un plotone a rispettosa distanza.

Il passaggio nella seconda tappa dei Vosgi non doveva lasciar tracce e così è stato. Troppo distanti le pur numerose ascese per creare un solco. Occorreva recuperare forze per l'impetuosa volata da Mulhouse a La Planche des Belles Filles. La maglia gialla a Gallopin, un passaggio di testimone nel giorno della festa di Francia. I sette colli verso il traguardo che rilevò Froome nel 2012 erano il perfetto teatro di battaglia. Le prime salite di una lunghezza tale da poter creare selezione vera. La Lotto a far da guida per i chilometri iniziali, a inseguire lo spauracchio Kwiatkowski, giovane arrembante guidato dalla locomotiva tedesca, Tony Martin.

All'improvviso un'immagine. Contador a bordo strada, fermo, segnato dalla caduta. Escoriazioni, sangue. Il ginocchio dolorante, la schiena contratta. Il volto di Alberto racconta tutto, subito. La lentezza con cui attende le cure del medico di corsa, la calma, serafica, con cui si rivolge a Riis, è il sintomo lampante della resa, della comprensione della realtà. Passano 4 minuti prima che Contador lentamente riprenda il via. Un continuo alternarsi tra pedalate lente, faticose e viaggi e colloqui a chiedere lumi, cercare aiuti. Fiero, anche nell'estremo disagio, lo spagnolo comincia l'ascesa verso il Col de Platzerwael. Si arrende 17 km dopo. L'abbraccio con Rogers è un'istantanea straordinariamente bella, il referto una mazzata. Microfrattura alla tibia. Quei 17 km assumono i contorni di un volo epico, di un'eroica impresa, quasi oltre la vittoria. In quel breve tratto è racchiusa la grandezza di Contador, il carattere spinto al limite dell'incoscienza, il cuore del campione che non scende dalla bicicletta.

L'altra pagina della storia è più avanti. Corre via veloce e ha il colore celeste delle casacche dell'Astana e il verde-bianco-rosso del tricolore. Nibali prende il comando. Il Tour chiede a Vincenzo di garantirgli grandezza e immortalità. Tira, tira Scarponi poi urla, è il segnale. Si alza e va Vincenzo. Valverde e Porte, più per inerzia che per reali possibilità, si alzano per inseguirlo. Pochi metri e desistono. Purito vede il traguardo e raschia il barile delle energie, niente da fare. C'è solo il tempo per un gesto d'affetto alla figlia, per i complimenti a Contador. Nibali si riprende il simbolo del primato. Guarda tutti dall'alto, è rimasto lui, solo lui. Dopo Pantani, l'Italia ha voglia di Francia, di Tour. Spaventano le strade, non gli avversari. Mancano i giganti della montagna, le Alpi, soprattutto i Pirenei.

Nibali vede il traguardo, ma pensa a chi non c'è. Avrebbe voluto un altro finale, un'altra storia. Avrebbe voluto vincere con Froome e Contador, per dimostrare di essere migliore di entrambi. Questo, al netto di episodi e sfortuna, sarà il suo Tour, ma sarà anche il Tour privato di Chris e Alberto. Una vittoria sì, ma non piena, non totale. Per questo il sorriso di Vincenzo è radioso, ma nasconde una nuvola.

Dopo il riposo di Besancon, il Tour riparte verso Oyonnax. Quattro Gpm, tre di terza categoria e uno di quarta, tutti nella parte finale del percorso. Arrivo in discesa, dopo 187 km. Attenzione alla Cote d'Echallon, 3 km al 6,6%, scalata conclusiva.