Esiste un'antica tradizione, ma sempre più moderna, seconda la quale le grandi corse a tappe si decidono nell'ultima settimana. Sembra quasi una selezione naturale: solo i più forti, i più scaltri, i più fortunati ed i più resistenti riescono ad arrivare agli ultimi giorni di corsa a giocarsi la vittoria.
I grandi giri esigono un dosaggio delle energie certosino. Arrivati all'ultima settimana, le tappe conclusive ti portano inevitabilmente il conto e, come spesso accade, se non sei preparato rischi di pagare a caro prezzo ogni sforzo inutile.
Questa antica tradizione è stata estremizzata dagli organizzatori del Giro d'Italia. Negli ultimi anni la terza settimana della corsa rosa sembra quasi un "giro della morte". Raramente troviamo un metro di pianura: è un tripudio di erte impossibili da scalare, cime eroiche da scollinare e rigide tempeste da scampare.

Quest'anno, però, qualcosa potrebbe cambiare. Ne abbiamo avuto le avvisaglie nella giornata di ieri, quando un'infausta foratura ed un folle regolamento, che impedisce ai corridori di altre squadre di aiutare un'atleta vittima di un problema meccanico, sono costati a Richie Porte quasi tre minuti in classifica generale.
L'evento sfortunato che ha colpito l'atleta australiano, unito ad un paio di trabocchetti futuri, fa sorgere spontanea un'annosa questione: e se fosse la seconda settimana a decidere il Giro d'Italia?
La risposta potrebbe essere affermativa e rischia di essere un'affermazione per nulla peregrina. L'incidente occorso a Porte parla da solo ed inficia in maniera quasi irreversibile le sue ambizioni di vittoria finale.
Le restanti tappe offrono un quadro ambiguo, insidioso, quasi sinistro per i corridori. Le trappole iniziano oggi con la frazione di Imola. Lì dove sono soliti sfrecciare i bolidi a quattro ruote, gli atleti potrebbero incorrere in pericolosi testa di coda.
Non mancano, infatti, gli strappi, tanto da rendere questa tappa una piccola classica, una Liegi in versione romagnola per intenderci.
Anche quella di Vicenza, con lo strappetto conclusivo che porta i corridori dritti al traguardo, è una frazione ostica e rappresenta il perfetto antipasto di quanto vedremo nel weekend di fuoco.

Sabato e Domenica non ci sarà più spazio per i tatticismi: chi ne avrà, dovrà gettare tutto quanto sul terreno sperando che basti per salire sul podio a Milano.
La tappa più temuta dell'intero Giro è probabilmente la cronometro di Valdobbiadene. Quasi 60 km di sforzo prolungato nella terra del prosecco. Sembra quasi uno scherzo del destino,  perché chi uscirà vincitore da questa frazione ha molte probabilità di brindare in quel di Milano.
Una crono così lunga rappresenta un inedito per il Giro e per i corridori stessi, abituati a fatiche ben più brevi. In una prova del genere l'accensione della spia della riserva è sempre dietro l'angolo. Ci vuole una preparazione fisica perfetta ed un'attitudine alle crono naturale.
I non specialisti non potranno contare sull'appiattimento delle forze, tipico dell'ultima settimana, quando anche gli scalatori riescono a difendersi nelle prove contro il tempo.

Sarà qui che misureremo la stoffa di Fabio Aru, probabilmente alla prima vera prova del nove del suo Giro e della sua carriera.
Non è certamente un cronoman, ma ha lavorato moltissimo in galleria del vento per migliorare ogni singolo dettaglio. Un eventuale superamento dell'"esame Valdobbiadene" sarebbe uno stimolo positivo enorme per chi non aspetta altro che l'arrivo delle salite per scatenare tutto il suo motore.
Ci sarà poi da verificare il più grande punto interrogativo della corsa: come sta Alberto Contador?
Mai dare per morto lo scalatore di Pinto. Lo hanno capito in tanti duranti i suoi anni da professionista. In questo Giro d'Italia ha dimostrato per l'ennesima volta di trovare forze insperate lì dove altri si sarebbero lasciati trascinare dagli eventi.
Del resto, se così non fosse, non saremmo di fronte ad uno dei più grandi corridori da corse a tappe degli ultimi vent'anni. Il problema alla spalla e al ginocchio è in fase di miglioramento, ma basterà per affrontare una prova così impegnativa?
I corridori dovranno rimanere in sella per più di un'ora senza avere il tempo di rifiatare, ecco perché diventa fondamentale essere al top della condizione, un aspetto che Contador potrebbe pagare.
Saranno chiamati a guadagnare il tempo perso, invece, Rigoberto Uran e Richie Porte: dalla crono passano le loro residue speranze di successo.
E come se non bastasse l'acido lattico della crono, il giorno dopo arriva una tappa spezza gambe. È il momento delle Dolomiti: delizia degli spettatori, vera e propria croce per i corridori.
Il Passo Daone, con i suoi 8 km al 9% di pendenza media, è una delle ascese più dure di questo Giro e giunge poco prima dell'arrivo in salita a Madonna di Campiglio. Contador ed Aru da tempo hanno messo nel mirino questa tappa e c'è da credere che ci regaleranno un grande spettacolo.
Comunque vada, da questa settimana passano i destini del prossimo vincitore del Giro d'Italia. Quest'anno più che mai, l'antica tradizione dei grandi giri e dell'ultima settimana rischia di essere smentita.