Poche ore alla partenza, qualche pedalata leggera sulle strade d'Olanda, prima di gettarsi nella crono di Utrecht. Pochi chilometri, 13.8 per la precisione, un battito di ciglia, l'asfalto divorato, il traguardo che all'orizzonte via via diventa più chiaro, fino al colpo di reni. Nel tardo pomeriggio la prima gialla, indossare quella maglia, anche per un solo giorno, può nobilitare una carriera. Questo è il Tour. Grandezza, eternità, bellezza. Quando si prova a spiegare il Tour si finisce sempre per accostare la Grand Boucle a una sensazione di infinito, perché il Tour non ha fine, quando corri il Tour sei nella leggenda, in un arco spazio-temporale che non conosce confine. 

Il Tour muove le masse, lungo le strade, muove lo spettacolo, un giro d'affari e di cuore. Il ciclismo è trasportato su una dimensione nuova, perché non c'è corsa al mondo che abbia la nobiltà del Tour. C'è chi corre solo per il Tour, muove ogni passo in funzione di una missione, in giallo. Undici mesi per tre settimane, un lancio di dadi, un patto col destino. Gli occhi al via raccontano il Tour. Chi scatta per la tappa, chi sogna, carneade, la giornata di gloria, la fuga giusta, chi, attento, deve guardare a interessi più grandi, di classifica, chi ancora è al Tour semplicemente per farsi notare, perché la vetrina è inestimabile. 

Guardando il Tour pensi a una donna elegante, graziosa, difficile. Una dea altera che tende a ritrarsi, talmente bella da incutere timore. Il Tour spaventa, perché imponente, esige rispetto. Il Tour è un racconto, parte lontano da casa, pone le ruote sui difficili muri del Nord, incrocia il pavé, concedendosi al ciclismo del fango e della lotta, della fatica, poi bussa alle porte di Francia. Chiede asilo per salire lungo i Pirenei, sceglie qui i suoi protetti. Verso le Alpi, verso l'Alpe, per affidare al giusto custode la maglia gialla. Ogni tornante racconta un'epopea, esalta il presente nel nome del passato. 

Il Tour si sviluppa a una velocità folle, è un turbinio che ti travolge, perché oltre la corsa c'è il Tour, nella sua essenza mediatica. Non finisce mai il Tour, inizia dopo il traguardo a mostrarsi al Mondo, l'impresa di strada si ingigantisce metro dopo metro, ora dopo ora. Microfoni, tv, ammiraglie, clamore. Il silenzio avvolge il Tour per un attimo, quell'attimo che divide il colpo del giorno dall'avvento del giorno seguente. Eppure nell'incedere instancabile della corsa, gli animi si fermano, a tratti, quando si intuisce il momento. Il Tour riconosce eroi e campioni, rispetta gregari e capitani, fuoriclasse e onesti mestieranti. Ognuno al Tour può scrivere una storia, proprio perché la storia è il Tour.