Proprio mentre intorno al Tour de France 2015 si spargono sospetti e illazioni sulle eccezionali prestazioni della maglia gialla Chris Froome, l'argomento doping torna di stringente attualità anche a causa della presenza ai margini della corsa di Lance Armstrong, sette volte vincitore della Grand Boucle dal 1999 al 2005, titoli poi revocati per assunzione di sostanze proibite. "L'Epo e tutti gli altri farmaci in grado di migliorare le prestazioni di un corridore erano normali a quei tempi, era come mettere l'aria nei copertoni", la confessione choc del texano dagli occhi di ghiaccio resa nel 2012, in un'intervista televisiva concessa ad Oprah Winfrey in un albergo di Austin.

A tre anni di distanza dalla conclusione dell'inchiesta dell'Usada, massimo organismo americano di contrasto al doping, Armstrong è tornato a pedalare sulle strade della Grand Boucle, percorrendo in anticipo la tappa di Rodez, in un evento umanitario denominato "One Day Ahead" organizzato al fine di raccogliere fondi a favore dei malati di leucemia. Il ritorno al Tour di Liestrong (il grande bugiardo), così soprannominato dopo la sue ammissioni di colpevolezza, in assonanza con la sua associazione per la lotta contro il cancro Livestrong, non è di certo passato inosservato, al punto che lo stesso texano è stato coinvolto in una discussione con alcuni appassionati di ciclismo presenti sul percorso. A chi lo invitava ad andarsene Armstrong ha risposto a muso duro: "E Jalabert, che ora commenta il Tour de France in televisione, no? Lui può rimanere?", sottolineando come anche uno dei più amati corridori transalpini degli ultimi vent'anni sia stato trovato positivo all'Epo nell'edizione del 1998 (doping certificato da una relazione di una commissione senatoriale della Repubblica francese che nel 2013 stilò una lista di ciclisti risultati positivi a seguito di test retroattivi).

In realtà sul proprio profilo Facebook Armstrong ha fatto finta di nulla, non menzionando quanto accaduto, ma anzi ringraziando i francesi "per la calorosa accoglienza" riservatagli. Quanto all'opportunità di presenziare ad un evento che, ancorchè benefico, tornava a mettere al centro della scena un personaggio bandito dall'Unione ciclistica internazionale (la stessa che lo aveva protetto durante tutta la sua "nuova" carriera dal 1999 in poi), si sono registrate negli ultimi giorni aspre polemiche. Un illustre connazionale di Armstrong, l'americano Greg LeMond, vincitore di tre Tour de France e di due campionati mondiali su strada, ha chiosato definendo Lance come "Al Capone, un bandito". La maglia gialla Chris Froome ha preferito invece evitare l'argomento derubricando alla voce "non evento" la pedalata benefica del texano. Più dura la reazione di Brian Cookson, presidente dell'Uci secondo cui "l'iniziativa di Armstrong è irrispettosa, in quanto ci sono altri modi per raccogliere fondi per beneficenza". Di certo il massimo organismo mondiale del ciclismo professionistico avrebbe potuto esprimersi sull'argomento con ben altro tempismo in passato, ma tant'è.

Lui, Lance, accolto ancora una volta come una star, con giornalisti e cameramen a darsi spintoni pur di avvicinarsi, ha poi dichiarato di "capire chi mi contesta, anche se ho trovato molte persone che mi hanno incoraggiato e sostenuto nel portare avanti questa iniziativa". A cinque anni di distanza dalla sua ultima apparizione al Tour, Armstrong continua - come è naturale che sia - a far discutere stampa e appassionati di ciclismo. Troppo importante e mediatico il personaggio per non riaprire il dibattito su un'annosa questione, ovverosia la chiave interpretativa di quegli anni macchiati dal doping, in cui le classifiche generali della corsa francese sono state completamente cancellate, in una sorta di damnatio memoriae che ha tuttavia colpito principalmente il texano dagli occhi di ghiaccio.