La prima sensazione che abbiamo, rivedendo le immagini della seconda tappa di Vuelta, a Alahurìn de la Torre a Caminito del Rey, è di immenso stupore. Come è possibile che un fuoriclasse del calibro di Vincenzo Nibali, un campione capace di vincere in carriera Giro d'Italia, Tour de France e Vuelta, incappi in un così grossolano comportamento antisportivo da venir squalificato dalla gara? Come è possibile che si faccia cogliere dalle telecamere mentre si lascia trainare da un'ammiraglia Astana per recuperare lo svantaggio perso rispetto al gruppo? Un'ingenuità grave, quasi rocambolesca, da bambino pescato con le mani nella marmellata. Non è più un bambino, però, Vincenzo Nibali, ed è difficile, per un movimento ciclistico intero, quello italiano, che lo aveva eletto come modello, poterlo perdonare dopo che è stato colto in flagrante a cercare di non perdere contatto dalla classifica generale con mezzi tutt'altro che leciti.

Guardiamo ai fatti. Come premessa, va detto che questo 2015 è l'annus horribilis dello Squalo siciliano, che l'anno scorso, di questi tempi, era il campione del Tour de France in carica, conquistatore del podio più importante dell'anno sui Campi Elisi. Quest'anno, per lui, "soltanto" (si fa per dire) il quarto posto in Francia, coronato da una sola prestazione degna del livello a cui ci aveva abituato. Va anche specificato che la sua partecipazione alla Vuelta è stata decisa un po' all'ultimo minuto, su invito di Vinokourov e con la voglia di riscatto del campione ancora all'asciutto di vittorie.

Durante la tappa di ieri, sulla carta una di quelle tranquille, se non per un interessante arrivo in salita, è successo però quell'evento che fa del ciclismo uno sport tanto affascinante quanto imprevedibile. A circa 30 km dal traguardo, una maxi caduta di gruppo coinvolge anche il campione italiano dell'Astana, che è costretto a fermarsi, con la bicicletta distrutta. Deve aspettare per più di un minuto, durante il quale le telecamere lo mostrano amareggiato, mentre scalpita per poter rientrare in gara il prima possibile. Quando gli viene riportata la bicicletta, e può finalmente ripartire, tra lui e il gruppo si è creato un bel distacco; i compagni di squadra dell'Astana, Rosa, Cataldo e Zeits, lo aiutano a riprendere contatto con la testa della corsa. Alla fine, dopo un bello sforzo, sembra che Nibali ce l'abbia fatta. Ma qualcosa non quadra: le riprese dell'elicottero della corsa, infatti, mostrano come il corridore italiano si sia aiutato, nella sua apparentemente ottima rimonta, appoggiandosi all'ammiraglia Astana guidata da Alexander Sheffer, che lo ha condotta a traino per circa 200 metri. Le immagini mostrano la bicicletta del siciliano schizzare in avanti non appena l'automobile arriva al suo fianco, chiara prova del fatto che l'aiuto illecito è arrivato.

A fine tappa, la giuria della corsa si riunisce ed emette il suo verdetto: per Nibali, squalifica diretta dalla corsa. "Nel ciclismo episodi come questi ce ne sono molti, a maggior ragione dopo una caduta!! Alla fine tutto avrei pensato: una multa salata da pagare ed una penalizzazione come si usa fare per restare fuori classifica!!! Avrei accettato anche una penalità di dieci minuti!! Dopo tutto IO non sarò il primo né l'ultimo di questa vicenda." ha dichiarato il messinese sui social network, dopo aver manifestato le sue scuse ufficiali. "Per quello che è successo oggi chiedo veramente a tutti le scuse pubbliche, per chiunque sia indignato o vergognato per me!! Quello che è successo oggi alla Vuelta succede in ogni gara ciò non deve dimostrare che non è sbagliato e devo restare impunito!!! La giusta punizione da scontare la dettano i giudici."

Oltre a Nibali, squalificata anche l’ammiraglia di Sheffer, rea di averlo trainato. Una brutta notizia per Fabio Aru, che si ritroverà, tra le altre cose, a dover lottare per la generale senza un mezzo ausiliario di indiscussa utilità.

Cosa abbia spinto Nibali a questo gesto, è interrogativo delle ultime ore. Mentre sui social network qualcuno paventa l’utilizzo strumentale del comportamento antisportivo per segnare la frattura definitiva tra lo Squalo e il team kazako, e altri si rifanno al precedente di Froome al Giro 2010, la considerazione più logica sembra essere quella del crollo psicologico. A secco di risultati e colpito dalla sfortuna nella gara corrente, Nibali avrebbe scelto la soluzione più facile. Ma, conseguenze alla mano, non certo quella più indolore.

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