Vincenzo Nibali è un campione, nel senso più ampio del termine. Abbina a una classe indiscutibile, una forza caratteriale con pochi eguali nel panorama delle due ruote. Sbattuto a terra al Tour, respinto con polemica dalla Vuelta, lo Squalo si getta nelle corse d'Italia – Agostoni e Bernocchi – per strappare una maglia azzurra. Cassani segue con attenzione Vincenzo, ne apprezza l'azione con Rebellin e Scarponi nel primo giorno di gara, si avvicina a lui, per ascoltarne pensieri e idee, poi veste i panni, nuovamente del Ct, e prende appunti lungo la corsa. Nibali attacca, sfianca il gruppo, lancia l'assalto anticipando la volata. Questa volta sorride lui, indica il tricolore che ha sul petto, allarga le braccia. Coppa Bernocchi, molto di più. Ecco Nibali, Richmond accoglie il campione di ritorno.

Non nelle vesti di capitano, l'Italia segue altre vie, in una gara veloce, velocissima, destinata a risolversi, probabilmente, in volata. Partiamo in sordina, i favori spettano ad altri, noi dobbiamo rovesciare la corsa, renderla imprevedibile, accendere la miccia, proprio con Nibali, un jolly, parola di Ct. Pavè e strappi, un finale, 5 km, che induce a pensare azioni e reazioni.

Nibali e Colbrelli, le ultime carte iridate. Cassani rinuncia al giovane Sbaragli e a Guarnieri, saluta De Marchi e serra le fila. Undici uomini chiamati a difendere l'Italia lungo le strade d'America. L'esperienza di Bennati e Quinziato, la prepotenza allo sprint di un Viviani in crescita – senza dimenticare l'alternativa Nizzolo – la forza di Trentin – ieri nel gruppetto Nibali – e Ulissi.

Sagan, Degenkolb, Kristoff, il ciclismo avvicina nomi illustri al titolo mondiale, l'Italia accoglie di buon grado un ruolo di secondo piano, per la prima volta o quasi ci presentiamo senza l'onere di guidare e mantenere compatta la corsa. Un bel vantaggio.

Gli azzurri:

Bennati

Colbrelli

Felline

Nibali

Nizzolo

Oss

Puccio

Quinziato

Trentin

Ulissi

Viviani