Elizabeth Armitstead, oro. Forte a tal punto da spaccare il gruppo e poi superare, di forza, le atlete rimaste alla sua ruota. Il Mondiale regala momenti d'attesa, azioni isolate, attimi di pura estasi a due ruote. Tutto è racchiuso nel ballo finale, nei 4 km che includono i maggiori punti interrogativi. Dopo una corsa veloce, senza sbalzi d'umore, la strada si ribella e propone pavè e strappi.

La britannica sa che non può giocarsi, a ranghi completi, il successo. Non ha compagne che possano avviare una selezione vera. E allora via, sui pedali, con coraggio. Si frantuma la corsa, maglie che si dilatano, la fatica che presenta il conto dopo 125 km. A Richmond, si risolve la contesa iridata. Sui 900 metri che accompagnano al traguardo, in pochissime salvano la gamba di fronte all'assolo di Elizabeth Armitstead.

Volata, per poche. Oro Gran Bretagna, argento Olanda, con la Van der Breggen, bronzo a stelle e strisce, con la Guarnier. Quarta, beffata, l'Italia. Elisa Longo Borghini riversa sull'asfalto classe e cuore, quando si accende la gara è in prima fila, ma non basta, perché l'esplosione di potenza sul traguardo non è mestiere della casa. Si batte, campionessa senza medaglia.

Il grido di dolore delle azzurre è dipinto sul volto di Giorgia Bronzini, lei sì donna da ultimo colpo di pedale. La condizione è buona, la posizione perfetta, ma quando la pendenza torna a farsi dolce, il cambio abbandona la plurititolata. Scherzi del destino, montanti della sorte. Arriva a piedi, con orgoglio. Il Mondiale non si saluta in anticipo.

Brava anche la Scandolara, nella bagarre in avvio, davanti nelle battute conclusive, quando prende corpo l'unica azione vera di giornata. Il contrattacco con la Kitchen è un fiore all'occhiello nella prova americana. Un colpo di mano spazzato via dal ritorno del gruppo ai meno 4. Italia ovunque, senza però il profumo del metallo.