L'immagine che ritrae Federica Pellegrini in camera di chiamata è la sintesi perfetta del momento. Massima concentrazione, alle porte dell'ultima semifinale mondiale sui 200 stile, la sua gara. Al tuffo, Federica si ritrova al fianco di Katinka Hosszu, la donna di ferro, le principali rivali sono nella seconda semifinale. Serpeggia un senso di paura in acqua, non c'è un cavallo pazzo a scardinare l'ordine, nessuno ha la forza per spezzare la gara. La Pellegrini respira e osserva il campo, è in "quota" all'apparenza senza forzare.

Risale con naturalezza, ma una linea unica si avvicina verso il traguardo. I 50 metri finali sgranano leggermente il gruppo, al tocco Pellegrini davanti, in progresso rispetto al mattino. In eliminatoria, una qualificazione tranquilla, ai piedi di Missy Franklin, al pomeriggio qualche bracciata in più.

L'azzurra osserva il tabellone, non nasconde un cenno d'assenso, esce dalla vasca e attende le avversarie più accreditate. Una sensazione di freschezza, di fiducia, traspare dal volto. Federica è tranquilla, vive il momento, controllando la pressione.

Chi viene dopo, non regala squilli. La Ledecky ha nelle braccia un 1500 da record del mondo, sceglie quindi una gara di rincorsa, un 50 a tutta per ricucire e conquistare la finale. La Franklin, battuta a dorso, non impressiona, Femke Heemskerk c'è, ma la condizione è da valutare. La prima del 2015, per tempo nuotato, non strappa l'attenzione. Anche qui, si tocca sopra l'1'56, come in occasione della prima semifinale. Il miglior crono resta quindi quello della Ledecky, al mattino a 1'55"8.

Le migliori sono tutte lì, 8 atlete in una manciata di decimi, tra sogni e paure. Federica sale sul blocchetto  numero 4, questo pomeriggio. Una sfida incerta, dai contorni indefiniti. Campionesse che si confrontano, mettendo sul piatto limiti e debolezze, classe e carattere. Quella della Pellegrini è una sfida al tempo, al passato. Vincere tutto e poi cambiare, per vincere ancora. Lei, portabandiera di una generazione passata, al confronto con il meglio del presente. Abbiamo Fede.

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Johnathan Scaffardi
Lo sport come ragione di vita, il giornalismo sportivo come sogno, leggere libri e scrivere i piaceri che mi concedo