Doveva essere la partita del riscatto. E invece, come agli Europei di Budapest del 2014, ad eliminare il setterosa dalla lotta per l'oro nei campionati mondiali di pallanuoto femminile di Kazan è stata ancora una volta l'Olanda, dopo una sfida al cardiopalma culminata nei tiri di rigore. L'Italia non riesce a sfatare il tabù orange, nonostante la dinamica del match odierno sia stata ben diversa da quella della passata competizione continentale. In quell'occasione, un rocambolesco errore azzuro permise la rimonta della avversarie; oggi, un'Italia a due velocità ha fatto il bello e cattivo tempo, compiendo un eroico recupero prima di sopperire alla lotteria dei tiri dai cinque metri.

Un'Italia bifronte, quella che ha perso stasera contro l'Olanda: pigra, svogliata, timorosa nei primi due quarti; grintosa, motivata, coraggiosa nel resto della partita. Il setterosa si presentava alla semifinale imbattuto, forte dei successi su Giappone, Stati Uniti (ora finalisti), Brasile e Grecia. L'ex ct di entrambe le selezioni Maugeri, in un'intervista a Gazzetta dello Sport, metteva in guardia dalla fisicità delle olandesi, segnalando come punti di forza delle italiane il portiere Gorlero e la veterana Di Mario. Pronostico azzeccato a metà: straordinaria la prima, molto in sordina la seconda, che non è riuscita a riproporre la prova dei quarti contro la Grecia.

Pronti via, e quando il cronometro segna 4 minuti e 24 secondi viene assegnato un rigore al setterosa. Dal dischetto, Bianconi sbaglia. Nella più classica delle serie sportive, gol sbagliato e gol subito, le orange si portano immediatamente in vantaggio con Van Der Sloot. Da quel momento in poi, buio assoluto. L'Italia di Conti non riesce a far breccia su una difesa olandese ordinata, disposta con precisione certosina dal ct Arno Havenga, e sulla giovanissima e talentuosa portierina Aarts. Dall'altra parte, una straordinaria Maud Megens, autrice di un poker alla Russia nel match di quarti di finale vinto dall'Olanda, si ripete con quattro fantastici gol, e un'efficienza del 100% nel rapporto tiri/realizzazioni. A nulla o quasi, se non a defibrillare le statistiche, serve il gol di Radicchi, che fa terminare i primi due parziali sul risultato di 5-1 per le olandesi.

Terzo quarto noioso per i primi sei minuti e mezzo, fino a che Arianna Garibotti non inventa un bel gol dalla distanza che permette al setterosa di portare dalla sua almeno il risultato di un parziale. Nella quarta ripresa, però, la musica cambia: le azzurre si buttano in avanti, compattando i ranghi della difesa, con ottimi interventi di Garibotti, Radicchi e Gorlero ad impedire che i tiri avversari si inzacchino in rete. In attacco, prima Radicchi, poi Queirolo, che sfrutta per la prima volta nel match la superiorità numerica, e infine Aiello riportano la gara in parità. La sirena di fine tempo suona nel momento migliore per le azzurre, facendo tirare un sospiro di sollievo al ct Havenga. 5.5 e tiri di rigore, proprio come a Budapest.

Conti dalla panchina sceglie di alternare i portieri per ogni tiro delle avversarie: la tattica sembra essere vincente, con Teani e Gorlero in buono spolvero, ma dall'altro lato del campo una stupefacente Aarts e un'imprecisa Emmolo (due errori su due) consegnano la vittoria e la finale alle olandesi. 10-9 il risultato finale, con un pizzico di rammarico se si pensa al rigore fallito nel primo quarto, al completo cambiamento nell'approccio alla gara e anche al fatto che l'altra finalista, la rappresentativa statunitense, è stata sconfitta dal setterosa nella fase a gironi, col punteggio di 10-9. Ciò non toglie che ora le azzurre di Conti dovranno affrontare la finale terzo posto contro l'Australia, per salire comunque sul podio mondiale.

Le sensazioni di questa competizione, pur restando molto positive, impongono del lavoro da svolgere nell'immediato futuro, in vista della prova olimpica del 2016. In particolare, il setterosa dovrà lavorare sul fondamentale della superiorità numerica, troppo spesso buttato all'aria, e sui match estremamente fisici, sui quali l'Italia sembra attualmente essere un po' carente.

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