Era attesa, voluta e sperata. Finalmente anche l'inno di Mameli risuona tra le montagne del circo bianco e l'Italia è in festa per la prima vittoria degli azzurri. Successo di valore, denso di significato, perché colto nella disciplina meno convincente finora, in una classica come Adelboden e da uno Stefano Gross spesso in discussione.

Nello slalom speciale svizzero, alla prima tappa importante sulla via dei campionati del mondo, la squadra nostrana suggella un fine settimana già considerevole dopo l'ottima prova tra le porte più larghe, a dimostrazione di un percorso di crescita tecnico che lentamente progredisce. Le avvisaglie erano pervenute a Madonna di Campiglio, ma le occasioni sprecate o perdute, la discontinuità, l'errore facile, che sono pure dovuti alle caratteristiche della specialità stessa, non permettevano voli pindarici. Del resto, nemmeno ora sarebbero permessi, onestamente e doverosamente obbligati a un equilibrio e non ai facili entusiasmi. La celebrazione però è concessa, il plauso e le congratulazioni necessari, anche in considerazione dei protagonisti cui fa parte un sontuoso Razzoli.

Stefano e Giuliano sono gli unici a qualificarsi nei primi dieci malgrado un pettorale più alto della concorrenza, ma soprattutto contengono il distacco dal podio e lasciano trasparire consistenza in condizioni difficili da decifrare, che dalla ricognizione alla prima manche e poi alla seconda cambiano in temperatura, visibilità e fondo nevoso. Entrambi decidono il proprio destino tra l'ingresso e il muro finale, dove Gross rischia senza esagerare e Razzoli opta per l'eccessiva cautela dopo una prima parte da ricordi olimpici. Con Neureuther autoeliminatosi, Hirscher meno efficace e Dopfer eterno secondo, forse ci poteva scappare un doppio podio o un triplo podio, magari con un Thaler in più, irriconoscibile rispetto al secondo tempo di metà competizione. Con i se e i ma, tuttavia, non si fa la storia e i ragazzi di Costazza esultano per un trionfo (il primo per Stefano), un quarto posto e un Manfred Moelgg diciassettesimo.

La giornata di Adelboden è significativa però anche per altri aspetti, che esulano dall'agonismo in senso stretto. I due alfieri italiani per motivi diversi pongono fine a periodi non facili: il fassano passato da un anno con problemi familiari, podi e medaglie sfiorate e un inizio stagione tormentato dal mal di schiena; l'emiliano da una vita in lotta con il proprio fisico, calato dopo l'oro olimpico e mai del tutto ritrovatosi se non a tratti. Sono loro a iniettare fiducia in un gruppo spesso criticato, a dare un messaggio ottimista in visione futura, che oltrepassa gli impegni prossimi. Saranno indispensabili conferme, ma ora è il momento della gioia e della carica, nel segno di una tenacia e di un rifiuto alla resa e agli scetticismi che tutti, non solo Razzoli e Gross, hanno come baluardo.