Jean Baptiste Grange, la fenice che risorge dalle ceneri degli infortuni; Ted Ligety, l'uomo che da tre Mondiali a questa parte iscrive il suo nome nella lista dei campioni dello slalom gigante; e, ancora, Dustin Cook, il carneade che dal nulla si prende l'argento del Super G, e Ondrej Bank, che con il suo volo tiene con il fiato sospeso tutto il pubblico assiepato al traguardo della Birds of Prey. 

Volti, nomi, storie di questo Mondiale di sci alpino al maschile andato in archivio domenica sera con la vittoria di Jean Baptiste Grange. A lui va la copertina di questa edizione, perché è l'esempio che la costanza e la tenacia pagano, e che non c'è infortunio che possa fermare un campione con la C maiuscola, uno che il cielo con un dito lo aveva già toccato nel 2011 a Garmisch. Con lui ridono Dopfer e Neureuther, mentre mastica amaro Marcel Hirscher. L'oro in Super Combinata e nel team event - che pure è tenuto in gran considerazione da quelle parti, diversamente che in Italia - non compensano le delusioni dell'argento nel gigante dopo una stagione di dominio in Coppa del Mondo e l'uscita di scena nello speciale, quando ormai la medaglia d'oro sembrava già al collo.

L'altra delusione per l'Austria arriva dalla libera maschile: niente medaglia per il Wunderteam, che deve anche assistere al trionfo degli eterni rivali elvetici, che issano Patrick Kueng sul grandino più alto e Beat Feuz a scortarlo dal terzo posto. In mezzo, a panino, Travis Ganong. Che fuori dalle piste condivide la vita con Marie Michelle Gagnon, uniti dallo sci e dal curioso rapporto anagrammatico che lega i due cognomi. É lui a regalare la medaglia nella velocità agli Usa, nel giorno che avrebbe dovuto essere di Miller. Bode quella gara l'ha vista da casa, lasciando a molti appassionati il tarlo del dubbio su cosa sarebbe potuto succedere se il Super G del fuoriclasse americano non fosse terminato con una rovinosa caduta. Perchè quei 50 secondi di Super G sono stati pura poesia, ancor più dolce se si pensa che Bode era alla prima gara dopo un intervento di ernia al disco. Come si suol dire, tanta roba. Come tanta roba è stato Aksel Lund Svindal, che nella gara inaugurale va a pochi centesimi da una medaglia che avrebbe avuto del miracoloso dopo il rientro lampo post rottura del tendine d'Achille. 

Da dimenticare invece la spedizione azzurra: Paris e Innerhofer lontani dal podio nelle gare veloci, resta il sesto posto di Roberto Nani dopo una prima manche da sogno, chiusa al secondo posto, e qualche rammarico per lo slalom, con Stefano Gross e Giuliano Razzoli messi ko dalla stramba tracciatura del tecnico norvegese nella prima manche. Ora ciò che conta veramente è voltare al più presto pagina e ripartire dalle tante belle cose fatte vedere nella stagione di Coppa del Mondo.

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Alessandro Gennari
Schermidore a scoppio ritardato, rugbista mancato, ciclista negato, tennista si fa per dire. Storico per laurea, giornalista per amore dello sport. Presto la mia tastiera al servizio di scherma, tennis, sci alpino, nuoto e chi più ne ha più ne metta.