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Basket, Mondiali 2014: Spagna, i motivi del fallimento

All’indomani dell’upset più clamoroso dei quarti di finale del mondiale spagnolo, analizziamo i motivi per i quali la Spagna di Orenga si è sciolta come neve al sole nel momento più bello. La seconda sconfitta in due anni subita dai transalpini, segna la fine del ciclo di Pau Gasol, Navarro, Reyes e Calderon. Questa, rispetto a quella dello scorso anno, per proporzioni e motivi è devastante.

Basket, Mondiali 2014: Spagna, i motivi del fallimento
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Di Andrea Bugno

Ci si avviava verso la finale annunciata, verso quella che da tutti gli addetti ai lavori, domenica sera alla City Arena di Madrid doveva essere la partita del Mondiale : Usa – Spagna. Ed invece, mentre gli Usa sono alle prese con il loro destino, gli altri favoriti, quelli con tutti gli occhi del Mondo addosso, i padroni di casa, sono stati eliminati dalla Francia di Boris Diaw. Si, la Francia, proprio la stessa Francia che li aveva eliminati dalla finale dello scorso anno agli Europei in Slovenia. Oppure no? Beh, se consideriamo che lo scorso anno nella squadra transalpina c’erano si Diaw e Batum, ma c’era anche un Tony Parker da 32 punti, e Nando De Colò, che non c’erano Pau Gasol e Navarro e che non si giocava nella capitale iberica, possiamo anche comprendere e giustificare una sconfitta. Ma quest’anno, il tracollo ha del clamoroso, e soprattutto le attenuanti sono davvero poche.

Cercheremo di analizzare i motivi di questa sconfitta, del perché e come si è riusciti a rompere un giocattolo che sembrava funzionare perfettamente. Ci sembra alquanto riduttivo pensare che la Spagna vista ieri sera sia soltanto stata bloccata e frenata dalla pressione dell’ambiente e del giocare una competizione così importante in casa. Magari questa può essere considerata un’aggravante assieme ai tanti motivi tecnici che andremo a vedere.

Per riuscire a comprendere a fondo quali sono stati i meriti di Collet nello smantellare pezzo dopo pezzo l’attacco spagnolo, c’è bisogno però di partire da quelli che sono, o meglio erano, i grandi pregi della squadra di Juan Antonio Orenga. Senza alcun dubbio, quello che aveva colpito di più fin qui della Spagna era la gestione delle soluzioni d’attacco, legate alle letture dei giocatori, ed al ritmo, indemoniato, che le furie rosse imprimevano al loro gioco. Conseguenza del ritmo di gioco erano i tiri aperti, le percentuali al tiro dalla lunga distanza e l’entusiasmo che ne scaturivano le marcature. La Spagna si divertiva, giocava in scioltezza e non sembrava fare nessuna fatica. A difesa schierata, invece, subentravano i fratelli Gasol. Il gioco a due era un automatismo perfetto, difficile da fermare.

Ecco ammettiamo e partiamo dal presupposto che ovviamente non saranno solo questi quattro i punti di forza della Spagna, ma che tanti altri fattori hanno contribuito alle vittorie della “roja”, ma questi sono i tasti che ci preme sottolineare. Quasi come un effetto domino, tutte le certezze della Spagna sono venute a mancare, ma perché? Per innescare questa reazione a catena c’era bisogno della scintilla. E chi meglio di Boris Diaw poteva darla : nei primi due minuti, in campo c’è stata una sola squadra. Collet sarà stato chiaro negli spogliatoi. Possiamo fare tutto quello che vogliamo, attuare tutti i piani partita che si vogliono, ma se non partiamo forte, non riusciremo a fare breccia nelle loro menti. Ecco, cosi è stato : 8-0 e poi 11-2. Da qui, è scaturito tutto il resto.

LA PRESSIONE E LA GESTIONE DEI RITMI – Come detto, la Spagna ama giocare a ritmi alti per creare tiri aperti dal perimetro ad alta percentuale. La realizzazione di questi tiri, permette agli spagnoli di avere più controllo della gara, guadagnare fiducia ed entusiasmo. La Francia prima di tutto, con quel parziale, ha messo un tarlo molto grande nella testa degli spagnoli, che pian piano si è ingigantito a macchia d’olio come un virus : e se non dovessimo farcela? Il parziale iniziale francese, legato anche a due aspetti tecnici fondamentali, ha dato fiducia e messo ulteriore pressione agli iberici. Per disinnescare il contropiede spagnolo era necessaria una buona la transizione difensiva : risultato pressoché perfetto, il primo ed unico contropiede spagnolo è arrivato al 23’ con Llull. Secondo, la pressione che hanno messo i francesi sul playmaker, Rubio o Rodriguez che fosse, è stata asfissiante, tale da non permettere ai play spagnoli di iniziare l’azione con facilità. Conseguenze inevitabili sono state le cattive ricezioni delle guardie e la difficoltà di cercare e trovare in post i fratelli Gasol, che per tutto il primo tempo hanno battagliato con i lunghi francesi per la posizione e per la ricezione.

Conseguenza : ritmi bassi, poca fluidità, bassissime percentuali al tiro (2/22 da tre) che ci collega problema successivo.

IL TIRO DA TRE E LA PERCENTUALE DA DUE – Nel corso del torneo la chiave del successo spagnolo è stata la percentuale del tiro da tre. Che la squadra di Orenga si affidasse molto, anche se non totalmente come altre nazionali, a questo fondamentale, era risaputo. Mediamente la Spagna ha effettuato 60 tiri a gara, distribuendo quasi sempre un 65% dei tiri da due ed il resto da tre punti (37 tiri da due e 23 dalla lunga distanza). Le percentuali legate ovviamente anche alla pressione difensiva della Francia, ed a quella psicologica (da non sottovalutare) di giocare in casa una partita così importante, hanno influito sul risultato della partita : dopo 6 gare, 5 del girone più gli ottavi contro il Senegal, gli spagnoli viaggiavano con il 33% da tre punti e con il 56% da due; quando le squadre cercavano di togliere la transizione primaria agli esterni iberici, c’erano più spazi all’interno per gli isolamenti dei fratelli Gasol, che uno contro uno quasi sempre andavano a canestro. Oltre alla transizione, la Francia ha tolto il ricevitore principe dal gioco di Orenga : Pau Gasol. Lo ha anticipato, lo ha infastidito, concedendogli nel solo primo tempo 6 punti con 5 tiri. Decisiva è stata l’ingombrante presenza a centro area di Gobert, utilizzato più del solito proprio per togliere spazio, fisicamente, ai lunghi spagnoli.

Risultato : 18/40 da due punti che significa 45%, ma soprattutto 2/22 da tre con un misero 9%. Da considerare però che nei minuti finali, quando i buoi stavano scappando la Spagna ha abusato del tiro da tre, facendone l’unica arma per rientrare in partita. Con risultati scadenti.

IL FATTORE BORIS DIAW – Il match winner, come spesso accade nei San Antonio Spurs come nella Francia, è stato Boris Diaw. In difesa è riuscito ad annullare quasi completamente Pau Gasol nel primo tempo, concedendogli poche ricezioni, ma anche pochi tiri. Ma è dall’altra parte del campo che ha fatto la differenza. La roja ama molto chiudersi nel pitturato, dove spesso piazza i due fratelli, o Ibaka, a difesa del canestro. Intento principale era togliere dall’area uno dei due fratelli e le due bombe iniziali di Diaw hanno fatto si che il piano partita si realizzasse a pieno. Per tutta la gara, Pau ha rincorso Diaw fuori la linea da tre punti. Uscendo sull’ala degli spurs, ha fatto si che si aprissero gli spazi per le scorribande dei piccoli transalpini (Fournier e Heurtel). Non meno importante la capacità di Diaw di gestire le soluzioni offensive con assist al bacio. Non a caso Popovich a San Antonio rinuncia raramente nei momenti decisivi al francese. Attira su di sé le maggiori attenzioni della difesa avversaria, creando vantaggio quasi sempre dalle rotazioni difensive degli avversari, permettendo ai compagni facili tiri dal perimetro e non. Devastante.

L'ALTRO FATTORE, IN NEGATIVO – Fa da contraltare al match winner, il peggiore della gara. Nel disastro spagnolo è emersa la prestazione, in negativo ovviamente, di Marc Gasol. Il fratellino di Pau, che nel corso della manifestazione era stato decisivo a rimbalzo e chirurgico in attacco con i suoi jumper dalla media e con la sua presenza, ieri sera non è mai sceso in campo, ed era stato anche il migliore in quattro partite su sei nella statistica del plus – minus (ovvero l’incidenza che ha un giocatore sulla squadra quando mette piede in campo). Mediamente viaggiava sul +25, ieri sera ha chiuso con -14, di gran lunga il peggiore della squadra iberica. Atteggiamento quasi remissivo, infastidito forse dalla presenza ingombrante sul parquet di Diaw e Gobert. Che la serata di Marc fosse storta lo si è capito da subito, ma un’azione in particolare ne è stata la fotografia perfetta : sul tentativo di rimonta spagnola, Rubio ha giocato un pick and roll perfetto con Pau. L’ex ala dei Lakers ha attirato su di sé la rotazione di Gobert, che era inizialmente in marcatura sul fratello Marc. Pau, da giocatore clamoroso qual è, si è accorto della rotazione e con un perfetto “touch pass” (ovvero un passaggi di tocco, quasi sfiorando il pallone), ha servito il fratellino solo a due metri dal canestro. In condizioni normali, 364 giorni all’anno, Marc avrebbe schiacciato tranquillamente al ferro, scatenando l’inferno della City Arena. Invece, è andato in reverse proteggendosi con il ferro da un eventuale ritorno di Gobert, che per inciso era ancora su Pau, scioccato e disorientato dal passaggio del fratellone. Errore clamoroso del centro dei grizzlies, tra lo stupore del pubblico e la delusione e l’incredulità del fratello maggiore. Non solo. Marc aveva la possibilità di rifarsi, catturando due facili rimbalzi nel finale concitato, quando la partita era ancora in bilico. Invece, per due volte non ha controllato la palla, concedendo alla Francia tre opportunità consecutive : nell’ultima Heurtel ha sparato la tripla che ha staccato ed affondato definitivamente la Spagna.

L’insieme di tutte queste piccole cose ha fatto si che l’impresa francese si realizzasse. Diaw, la percentuale dal campo spagnola e, non meno importante, una scimmia sulle spalle spagnole che ha messo tanta pressione, forse troppa, alla squadra di Orenga. Si chiude un ciclo, quello di Pau Gasol, di Navarro, di Reyes e Calderon. I giovani in rampa di lancio ci sono, ma questa Spagna, che ha vinto tutto quello che si poteva vincere, verrà ricordata anche per questo fallimento.