Nella notte dello scorso 20 maggio qualsiasi tifoso di una squadra coinvolta nella Lottery NBA sarà ricorso ad ogni tipo di rito scaramantico. Qualcuno, stando a quanto raccontano le varie timeline dei più popolati Social Network, è arrivato ad invocare persino un aiuto divino, sperando che le palline che decidono l’ordine di chiamata del Draft collimassero con quelle della propria franchigia. E’ stato un anno particolare questo che è appena passato, e che va concludendosi con le finali di Conference a cui seguiranno le Finals. Difatti in questa stagione, all’infuori delle squadre di vertice, si è assistito ad un fenomeno di massa: il tanking, ovvero la tattica di perdere il maggior numero di partite possibile per avere una maggior probabilità di ricevere una scelta alta al Draft che il 20 del prossimo Giugno potrebbe sconvolgere le dinamiche del mondo NBA. Perché nella NBA, in cui è sempre più difficile operare tattiche di rebuilding per via delle restrizioni sulle trade, delle nuove regole sul Sign&Trade e di un mercato dei costless agents che, in caso di decisione scellerate, condiziona per anni il destino di una franchigia (vedi i casi di Ben Gordon o Gilbert Arenas), la magica notte del Draft può davvero cambiare le sorti di una franchigia.

Tanto premesso, quest’anno c’è stato un motivo in più per attuare la politica del tanking: il gruppo di rookie del 2014 si prospetta uno dei più talentuosi di sempre, al pari delle annate 1984, 1996 e 2003, quando sbarcarono nel mondo NBA, fra gli altri, i vari Olajuwon, Michael Jordan, Allen Iverson, Kobe Bryant e LeBron James. Man mano che questa classe di giocatori si avvicinava al grande mondo della pallacanestro americana, si è creato un’hype incredibile verso dei ragazzi poco più che adolescenti. Ci sono tre giocatori indiziati ad essere scelti con la chiamata numero 1, e se due di questi hanno visto svilupparsi la loro storia in modo quasi parallelo, si è presentato negli ultimi tempi un outsider che proviene dal Camerun ma ha tutte le carte in regola per poter essere scelto con la scelta più alta. Ma andiamo con ordine: Incredibile la storia del canadese Andrew Wiggins, probabilmente il giocatore più famoso al mondo a non aver calcato un parquet NBA. I riflettori si accendono su Wiggins quando, al Mondiale giovanile del 2010, tiene testa praticamente da solo alla nazionale Americana e porta la propria squadra al terzo posto. L’atletismo è di un livello mostruoso, salta letteralmente in testa ad ogni suo pari età. Da lì è stato un crescendo, basti pensare che la TSN (emittente sportiva canadese) ha acquistato i diritti televisivi delle partite della sua università (Kansas JayHawks) per trasmetterle nel suo paese. Per Jabari Parker invece la bolgia mediatica è iniziata molto prima: d’altronde i media non aspettano altro che un ragazzino di 10 anni alto 1.85 che già insegna basket ai suoi compagni. L’etichetta di nuovo LeBron James viene sprecata più volte, tuttavia un infortunio al piede fa calare un po’ d’ombra sulla figura di Parker, contemporaneamente all’ascesa di Wiggins nel panorama del basket americano. Si capisce quanto sia folle il sistema americano che già alle scuole medie classifica dei ragazzini come possibili stelle NBA. Ma this is the show, so let’s go. Parker e Wiggins sono stati anche sulla copertina di Sports Illustrated, una delle più importanti riviste di sport in America, e sembrava scontato che uno dei due fosse la pick n°1 del Draft 2014. Sembrava scontato fino a che nello scenario collegiale non è apparso Joel Embiid, camerunense. Perché questo ragazzone è apparso dopo gli altri due e non configura in nessuna classifica dei migliori giocatori di High School americana, dite? Semplicemente perché Embiid ha iniziato a giocare a pallacanestro solo tre anni fa, dopo aver smesso di tirare calci ad un pallone da calcio. Il suo talento è qualcosa di incredibile, i suoi movimenti sotto canestro sono sinuosi e ha sorpreso tutti con la sua capacità di apprendere come una spugna nonostante giochi da così poco. Ci sono poi i i playmaker Marcus Smart e l’australiano Exum, le power forwards Vonleh, Julius Randle e Aaron Gordon, oltre al miglior realizzatore dell’intera NCAA Doug McDermott, ma i tre favoriti alla n°1 sono Parker, Wiggins ed Embiid. Un ritornello che nel prossimo mese sentirete molto spesso in ambiente NBA.

Il concetto di Draft Lottery degli ultimi 4 anni si può sintetizzare in un semplice concetto: “Alla lottery partecipano tutte le squadre che non hanno strappato il pass per i playoffs. Settimane di ansia, riti, scaramanzie. E alla fine vincono i Cleveland Cavaliers”. Difatti gli ultimi anni si sono contraddistinti per un singolare fatto: I Cavs hanno vinto per tre volte su quattro (e le ultime due consecutive!) la scelta n°1 al Draft. Per rendervi l’idea, e calcolatrice alla mano, c’era lo 0,046% di possibilità che questa ipotesi si concretizzasse. Ebbene, è successo, con buona pace di chi quest’anno ha dato tutto al grido “perdere e perderemo”: i Milwaukee Bucks, che non hanno saputo reggere il post MontaBall, i Philadelphia 76ers, che hanno sguazzato nell’imbarazzante striscia di 26 sconfitte consecutive, gli Utah Jazz, partiti con un macabro 0-11 in Regular Season e poi via con gli Orlando Magic, oltre ai Los Angeles Lakers e ai Boston Celtics, in piena ricostruzione. Saranno quindi i Cavs a poter scegliere per primi e a indirizzare le scelte delle altre. Sul web impazzano i Mock Draft, ovvero le previsioni di scelta delle varie franchigie, impazzano ed impazzeranno fino alla notte che potrebbe cambiare il destino dei prossimi anni della NBA. A Chicago si è svolta qualche giorno fa la Combine Pre-Draft, ovvero la prima vetrina in cui i giocatori hanno l’opportunità di mettere in mostra il proprio talento e le proprie caratteristiche. I 3 giocatori che sono indiziati per la 1, però, non c’erano. Quindi, chi sceglieranno i Cavs? Perché dopo aver gettato clamorosamente al vento la n°1 dell’anno scorso (scelto a sorpresa Anthony Bennet, ala grande che ha fatto registrare forse i peggiori numeri da rookie di sempre: 4,2 pts di media, 3 rimbalzi e 0,3 assist) quest’anno non possono permettersi un altro buco nell’acqua. Embiid, Parker o Wiggins?

JOEL EMBIID

I paragoni con Hakeem Olajuwon si sprecano. Ha istinti naturali, pur avendo iniziato da poco. I suoi movimenti possono essere letali perché i piedi sono veloci. E’ già ora uno stoppatore importante, grazie anche alle sue mani extra-large e in una lega con centri sempre più piccoli, la sua stazza può fare la differenza. Il suo punto di forza è la ricezione spalle a canestro, dove può sfruttare tutti i vantaggi della sua stazza. Ha catturato circa 7.4 rimbalzi a partita in 20 minuti, ottimo in tagliafuori, oltre ad essere un buon rim-protector. Guardando l’altro lato della medaglia però, gli interrogativi sul giocatore ci sono, a partire dalle condizioni fisiche: il centro accusa dei problemi alla schiena, che potrebbero limitarlo. Alla possibile incognita fisica, va aggiunta la pecca nella comprensione del gioco. E’ più che comprensibile però che, giocando da soli 3 anni, ci siano diversi step per migliorare, ma anche Olajuwon quando entrò nella Lega non era questo grande conoscitore. E’ un foul-prone, visto che tenta sempre la stoppata e finisce spesso a far fallo (proiezione con dati di Draftology) è di 6.7 in 40 minuti. Insomma, stiamo parlando di un possibile centro dominante, con l’incognita del fisico e dei limiti che un ragazzo con soli 4 anni di basket può avere in un mondo come l’NBA. I Cavs sembrano davvero interessati a lui, e puntano forte sul camerunese come prima scelta. Così facendo, i Bucks e Phila si spartirebbero Parker e Wiggins, con i Jazz che alla quarta potrebbero scegliere Randle, i Magic alla cinque Exum e così via.

JABARI PARKER

Se non sarà Embiid, i Cavs dovranno scegliere l’ala piccola del loro futuro: Parker o Wiggins? L’Americano è senza dubbio un giocatore più offensivo, più egoista, anche perché nell’anno a Duke era lui il go-to-guy, per cui era logico che si prendesse più tiri degli altri. Come struttura ricorda Paul Pierce, solo più grosso (203 cm) e ciò che sorprende è la facilità con cui riesce a segnare. Di destro, in schiacciata nel traffico, anche da tre. L’hype (così come per Wiggins, vedi sopra) verso il ragazzo è spropositato, ma i limiti li ha anche Parker, soprattutto difensivamente: è probabile che nei primi momenti di NBA venga malmenato in isolamento, visto che è nella propria metà campo che il Blue-Devil mostra le maggiori lacune. Un’altra caratteristica che può non giovare al giocatore è che quando vede che la squadra non lo segue, tende a fare di testa propria e a risolvere l’incontro da solo. E nonostante la meccanica di tiro spaziale, capiterà anche al fenomeno americano di incepparsi. Nonostante questi difetti (che potrebbe migliorare sicuramente senza alcun dubbio grazie all’aiuto di uno staff adeguato) è sicuramente il più completo prospetto di questa Classe del Draft, il che lo renderebbe il numero 1 il prossimo 20 giugno.

ANDREW WIGGINS

Si deve utilizzare il condizionale perché in agguato c’è “il miglior prospetto liceale dai tempi di LeBron James”. Così viene definito Andrew Wiggins, uno che sicuramente non potrà mai essere un primo violino per la propria squadra, non avendo molti punti nelle mani, ma può ricoprire senza dubbio il ruolo di secondo/terzo giocatore franchigia. Per i Cavs sarebbe perfetto, visto che il volto franchigia già ce l’hanno e corrisponde al nome di Kyrie Irving. Il punto forte del repertorio di Wiggins è senza dubbio la difesa: può coprire i ruoli dall’1 al 3, ma ha dei buchi clamorosi in attacco. Il suo punto forte è l’atletismo, con cui ha impressionato fin da ragazzino. Anche lui come Embiid rappresenta un talento grezzo, visto che i movimenti senza palla sono limitati e anche nel ball-handling presenta qualche difficoltà di troppo. Ma il fatto di essere un ottimo difensore gioca a suo favore, visto che gli allenatori (assicuratisi che non combinerà danni dietro) potrebbero lasciargli campo e minuti per migliorare anche questi fondamentali del gioco. Ci saranno momenti in cui potrà esplodere, ma dei tre giocatori che potrebbero accaparrarsi la prima chiamata, è sicuramente quello per cui bisognerà aspettare di più prima che possa dare i risultati sperati, anche a causa di un fisico gracile che va rafforzato. All’inizio della stagione era dato come prima scelta assoluta quasi al 100%, ora si naviga a vista fra i mille pareri che si accavallano sul web e in televisione.

Parker, Wiggins, Embiid, e tutti gli altri potrebbero rappresentare davvero il futuro di questa Lega. Forse però bisognerebbe darsi una calmata: questi sono ragazzi che hanno da poco compiuto 18 anni, sono ancora dei teenager. L’ondata di freshman che invaderà la Lega va presa con calma, per far sì che tutto l’hype che li circonda non si trasformi troppo presto in flop. Perché (e gli Spurs portano a scuola tutti) se allevati nel giusto modo e in un contesto adatto, tutti i giocatori riescono a dare il proprio contributo per la franchigia d’appartenenza. Quello che è certo, è che fino al 20 giugno ne sentiremo di ogni. Fino a quando Adam Silver apparirà sul palco e annuncerà chi è la pick n°1. E, da quel momento, partiranno altre storie da raccontare.