Quando tutte le pedine sembravano in procinto di cadere nella direzione preannunciata, secondo quell'effetto-domino generato dalla seconda "Decision" di LeBron James, ecco la sorpresa, il cosiddetto "turn of events" del tutto inatteso: il texano d'origine Chris Bosh non approderà agli Houston Rockets, che l'attendevano ormai a braccia aperte, bensì rinnoverà per altri 5 anni coi Miami Heat, anche se orfani del figliol prodigo di Akron.

Quasi certamente non se lo aspettava nessuno: la franchigia guidata dall'astuto General Manager Daryl Morey gli aveva proposto ormai da tempo il massimo salariale a sua disposizione - un contratto quadriennale ad 88 milioni di dollari complessivi, per Chris Broussard di ESPN - e, immediatamente dopo l'annuncio ufficiale del ritorno del "Prescelto" in Ohio, si era mossa tempestivamente, cedendo subito la point guard classe '88 Jeremy Lin ai Los Angeles Lakers (per Marc Stein di ESPN) e mettendosi in attesa di ratificare anche la partenza del centro turco Omer Asik, destinazione New Orleans Hornets. Addirittura Adrian Wojnarowski di Yahoo! Sports preannunciava un incontro privato fra il giocatore e coach Kevin McHale, capo-allenatore proprio degli Houston Rockets.

A quel punto dev'essersi ridestato l'orgoglio di Pat Riley, team president dei Miami Heat, ed è accaduto l'imponderabile: un'offerta irrinunciabile, un contratto quinquennale da 118 milioni di dollari complessivi, ovvero il massimo salariale a disposizione solamente della franchigia detentrice dei Bird Rights. Una differenza abissale pressochè interamente riconducibile alla quinta stagione a salario pienamente garantito, privilegio esclusivo dell'ultima franchigia di appartenenza del giocatore: 30 milioni di dollari. Comprensibilmente decisivi.

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Damiano Cembali
Tifoso di calcio (e F1) per corredo genetico, di pallacanestro (soprattutto NBA) per vocazione, mi impegno a coniugare interesse per la parola scritta al piacere del confronto aperto. Ingegnere di formazione, analista (sportivo) per ambizione.