NBA VAVEL

NBA Preview, ep. 14: i Phoenix Suns

La squadra dei fratelli (Dragic e Morris), una banda di giovani pronti ad emergere, guidati da chi è già emerso: Goran Dragic. Hornacek può davvero divertirsi, e in Arizona sperano di rivedere i Playoff.

NBA Preview, ep. 14: i Phoenix Suns
NBA Preview, ep. 14: i Phoenix Suns
giodusi
Di Giorgio Dusi

Record più che positivo, gioco convincente, giocatori in crescendo, coach tra i migliori della lega, ma restare fuori dai Playoff. Si può? Ebbene sì, questo capita spesso a chi è inserito nella Western Conference. Lo scorso anno è toccato ai Phoenix Suns rimanere a guardare la post-season in televisione, sul divano di casa. Nonostante 48 vittorie in regular season e un record che sfiora il 60% di vittorie. Amarezza tanta ovviamente, ma allo stesso tempo la voglia di tornare più forti di prima. Con un anno di esperienza in più per i ragazzi di Hornacek.

LA STORIA: BARKLEY E NASH - Nati nel 1968, i Suns non hanno mai cambiato ne nome ne città, e nemmeno abitudini: in 46 anni di storia, mai un titolo. L'hanno sfiorato due volte, nel 1976 e nel 1993, quando persero solamente in finale, prima contro i Celtics di Jo-Jo White e Havlicek, poi contro la Chicago di un certo Michael Jordan. Insomma, sconfitte che tutto sommato ci stanno, ma non se si pensa a tutti i grandi giocatori passati per il deserto dell'Arizona: tra i vari Goodrich, Van Arsdale, Walter Davis, Alvan Adams, ma anche Paul Westphal (e soprattutto coach John MacLeod, sulla panchina dal 1974 al 1987), bisogna andare al 1992 per trovare la prima vera superstar assoluta approdata a Phoenix, che risponde al nome di Charles Barkley. Arrivato dai Sixers, subito si rende protagonista di una stagione strepitosa in cui vince anche il premio di MVP, ma alle finali si deve arrendere di fronte all'armata dei Bulls del suo amico MJ. L'idillio dura poco, perchè i due anni successivi vedranno i Suns eliminati per due volte su due dai Rockets alle Conference Semi-finals, e nel 1996 addirittura al primo turno dagli Spurs. Gli stessi Speroni che saranno i giustizieri della prima grande Phoenix di Mike D'Antoni del 2005, quei Suns guidati da Steve Nash nel ruolo di playmaker, che innescava meravigliosamente un giocatore come Amar'e Stoudemire. Quella tra Spurs e Suns sarà una delle rivalità più accese degli ultimi anni: D'Antoni li affronterà per tre volte ai Playoff durante la sua permanenza in Arizona (dal 2004 al 2008), ma non li batterà mai. Ci riuscirà Alvin Gentry nel 2010, prima di essere eliminato alle Finali di Conference dai futuri campioni NBA, i Los Angeles Lakers. Va dato atto a D'antoni però di aver probabilmente plasmato Nash, uno dei migliori playmaker di sempre, e di averlo messo nel miglior sistema possibile, permettendogli di vincere due titoli di MVP, nel 2006 e nel 2007.

LA STAGIONE SCORSA - La cessione di Nash nell'estate 2012 ha dato il via a una rifondazione rapida, complice anche le tante scelte al draft e l'ampio spazio salariale disponibile. Sotto la guida di Jeff Hornacek, al debutto da head coach, i Suns hanno trovato subito un assetto perfetto, sempre con la stessa filosofia di gioco che li ha contraddistinti negli ultimi anni, quella del run-and-gun, condita però da tanta fisicità, e non solo di velocità. Le 48 vittorie, impronosticabili a inizio stagione per tutti, hanno portato Phoenix al nono posto a Ovest, ma solo 10 squadre hanno fatto meglio di loro. Insomma, se fossero stati nella Eastern Conference, avrebbero avuto lo stesso record della terza e quarta classificata al termine della Regular Season, ovvero Chicago e Toronto. L'emergere definitivo di giocatori da qualche anno in orbita NBA ha alimentato ulteriormente le speranze di crescita dei Suns.

I NUOVI INNESTI - Il mercato estivo ha portato diverse novità, in particolare il draft ha visto Phoenix tra le protagoniste assolute, con tre scelte al primo giro, e che scelte: alla 14 l'ala piccola TJ Warren, "promesso sposo" già nei giorni precedenti al draft, insomma, uno che non bisogna perdersi. Alla 18 è andato invece il playmaker di Syracuse, Tyler Ennis, uno cresciuto con l'educazione cestistica di Jim Boeheim è sempre da tenere d'occhio. Il colpo vero però potrebbe essere arrivato alla 27, con la scelta di un europeo, forse il miglior scorer attualmente qui nel vecchio continente: Bogdan Bogdanovic. Ovviamente il serbo resterà in Europa ancora almeno un anno, visto il contratto ricco con il Fenerbahce, ma oltreoceano lo aspettano a braccia aperte. Sempre dall'Europa è stato firmato Zoran Dragic, fratello di Goran, che sicuramente ha sponsorizzato l'acquisto alla sua dirigenza. Lo spazio salariale invece, oltre ai rinnovi dei gemelli Morris e di Eric Bledsoe, è stato occupato dal piccolo grande playmaker Isaiah Thomas. Non di certo l'uomo d'ordine che può essere Dragic (sempre che ne serva uno), ma un attaccante con molteplici soluzioni offensive, che occuperà probabilmente il ruolo di guardia, a fianco dello sloveno. Ancora da decidere il futuro di diversi elementi del roster: da 19 bisognerà scendere a 15, e i candidati principali per esser tagliati sono Barron, Joe Jackson, Prather, Shavlik Randolph e Jamil Wilson. Insomma, roster senza dubbio lungo a sufficienza per affrontare una stagione. Carenze ne abbiamo? Ebbene sì. La cessione di Channing Frye ha lasciato un vuoto abbastanza grande nel reparto lunghi, e non è arrivato nessuno per sostituirlo, il che fa pensare che Hornacek abbia in testa un quintetto molto più piccolo, magari con uno tra 'Cus e 'Kieff da 5 in alcune occasioni, visto che Len lascia abbastanza perplessità e Plumlee non è in grado di giocare 40 minuti a partita.

IL PICCOLO QUINTETTO BASE - Il quintetto piccolo pare abbastanza sicuro a questo punto, anche se si rischia di esagerare con gli under-sized. Intanto la sicurezza è sempre la stessa: palla in mano a Goran Dragic, che ci pensa lui a creare. A fianco a lui un'altra point guard, con caratteristiche meno di impostazione e più di attaccante puro come Isaiah Thomas, con in alternativa pronto Eric Bledsoe, mentre farà fatica a trovare spazio Zoran Dragic. Altra point guard a roster è Tyler Ennis, il più quotato come vice puro di Dragic. Nel ruolo di ala piccola ipotizziamo che in quintetto partirà TJ Warren, con Gerald Green prima alternativa, con PJ Tucker spostato così da 4, probabilmente da riserva del titolare Markieff Morris, anche se permangono dei dubbi su chi sarà inserito in quintetto, visto che il gemello di Marcus anche lo scorso anno è sempre uscito dalla panchina (81 volte su 81) con ottimi risultati. Infine, facile prevedere che da centro ci sarà Mason Plumlee, con ipotetica alternativa Marcus Morris, anche se sarebbe molto adattato, aspettando sempre la crescita di Alex Len.

LA STAR: GORAN DRAGIC - E pensare che l'avevano ceduto. La storia tra Goran Dragic e i Suns è un tira-e-molla molto curioso: l'avevano preso gli Spurs al draft, con la numero 45 nel 2008, per poi scambiarlo con Malik Hairston, visto anche a Milano e Siena. Insomma, rivedibile come mossa. I primi anni ai Suns è il vice fisso di Steve Nash, si parla addirittura di eredità a tratti, ma a Phoenix, almeno inizialmente, non ne son convinti: sì, buona alternativa, ma nulla di più. Quindi nel febbraio 2011 lo sloveno fa le valigie e vola a Houston, scambiato per Aaron Brooks. In Texas Dragic fa registrare una tripla doppia e si afferma come sesto uomo più che interessante, e l'anno dopo potrebbe già cambiare maglia, destinazione New Orleans, nella trade di Chris Paul annullata poi da David Stern. Niente, nella stagione del lockout, dopo un periodo al Baskonia, resta ai Rockets e tiene poco meno di 12 punti e 6 assist di media. Arriva qui la nuova chiamata dei Suns: perso Steve Nash, vogliono lui da point guard. Mai scelta fu più azzeccata: Dragic torna a casa e fa registrare in due anni due Career high stagionali, prima 7,4 assist a partita e poi 20,3 punti a partita. Fresco fresco di Most Improved Player, ora da Dragic ci si attende tanta leadership, a 28 anni deve riuscire a portare la sua squadra ai Playoff, con la sua intelligenza cestistica e quelle mani d'oro, che gli rendono facilissimo segnare punti su punti e mettere in condizione i compagni di farlo.

L'ALLENATORE: JEFF HORNACEK - Diventato uno dei migliori giocatori della NBA nei Suns, e nella stessa squadra potrebbe diventare uno dei migliori allenatori. Jeff Hornacek non vuole fermarsi al primo anno con la sua Phoenix, sulla cui panchina siede dall'estate 2013, imbroccando subito una super stagione, tra gli esordi migliori di sempre, soprattutto considerando che la squadra sulla carta non era per nulla quotata per lottare per i Playoff. Ma Hornacek l'ambiente lo conosce benissimo, visto che ci ha mosso i primi passi anche sul parquet: fu proprio Phoenix a selezionarlo nel 1986 al draft, con la scelta numero 46, a crescerlo fino a farlo diventare un All-Star nel 1992, per poi cederlo ai Sixers in cambio un certo Charles Barkley. Dopo due anni a Phila, va a Utah, alla corte di Stockton e Malone. Non vincerà mai un titolo per colpa del solito Michael Jordan e dei suoi amici Bulls, dovrà accontentarsi di due secondi posti e due vittorie al 3-point Shootout (1998 e 2000), fino al ritiro appunto nel 2000. Una carriera chiusa a 14,5 punti di media, con il 40% da dietro l'arco, e una mentalità difensiva notevole, condita da grandi doti di passatore (quasi 5 assist di media a partita): insomma, una testa da allenatore che sa leggere il gioco in anticipo, e per ora non sta sbagliando un colpo. Lo attendiamo alla prova del nove.

IL RITORNO DEL RUN-AND-GUN - Di D'Antoniana memoria, il run-and-gun è sempre stato il marchio dei fabbrica dei Suns degli ultimi anni, e anche Hornacek ha adottato questa strategia che si è rivelata vincente. Il doppio playmaker aiuta tantissimo, soprattutto se consideriamo che i soggetti a roster che occuperanno questa posizione (Bledsoe e Thomas su tutti, ma anche Zoran Dragic) hanno tantissimi punti nelle mani, e soluzioni offensive variegate, ma la loro velocità non è indifferente. Insomma, per correre sono i giocatori ideali, come lo sono anche gente come i Morris, Tucker, e soprattutto Gerald Green: un piacere per gli occhi vedere l'ex Celtics e T-Wolves in campo aperto, lanciato magari da Goran Dragic. In tutto questo idillio di corsa e tiri c'è Miles Plumlee a garantire qualcosa in difesa sotto canestro, unico vero lungo, con 4 giocatori attorno a lui in grado di correre. Siam sicuri che l'ex playmaker dell'Olimpia Milano sotto il suo baffo ha accennato un sorriso vedendo questi Suns...

AMBIZIONE PLAYOFF - Dopo averli sfiorati lo scorso anno, è il minimo sindacale per Phoenix arrivare a giocarsi la post-season. La delusione dello scorso anno, bruciata da Dallas e Memphis nella volata a tre finale, è da smaltire al più presto per ritornare più forti di prima, agguerriti e carichi per disputare una stagione dignitosa in quel ginepraio che è la Western Conference. Le 50 vittorie sembrano alla portata dei ragazzi di Hornacek, almeno sulla carta, perchè se l'anno scorso i Suns erano la sorpresa, oggi sono una squadra da tener d'occhio, e le avversarie difficilmente prenderanno sottogamba l'impegno. Sta tutto nelle loro mani, ma strappare una seed è tutt'altro che impossibile.