A volte basterebbe lasciar parlare i numeri, perchè quello che stanno facendo gli Atlanta Hawks va oltre ogni più rosea aspettativa. Certo, ci si poteva aspettare una squadra forte, coriacea, compatta, ma non fino a questo punto. Un sistema di gioco ben definito, un gruppo di giocatori che si conosce a meraviglia, al quale è stato aggiunto qualche tassello fondamentale e tanta, ma tanta applicazione e dedizione in allenamento: ecco come nasce il successo degli Atlanta Hawks. 

Il +31 sui Wizards della notte rappresenta soltanto la punta di un iceberg bello grosso piazzato in testa alla Eastern Conference. Quella stessa Conference lasciata vedova di quelli che ci si aspettava fossero i Leader naturali e predestinati dopo 'il ritorno del re': i Cleveland Cavaliers. Gli Hawks nonostante le voci della cessione della franchigia a Seattle, si sono chiusi in sè stessi, "pensando a scendere in campo partita dopo partita e fare il meglio possibile per divertirci e giocare assieme", come sintetizzò perfettamente Kyle Korver dopo il successo in casa dei Clippers di qualche giorno fa. Può essere solo questo il segreto? Il ritorno di Horford dopo l'infortunio muscolare al petto, la crescita esponenziale di un giocatore sottovalutato come Paul Millsap (autentico ago della bilancia in attacco come in difesa, giocatore dal Quoziente Intellettivo cestistico come pochi), le solite scorribande di Jeff Teague abbinate al killer instinct di Kyle Korver. Cosa manca? Ah, già. Negli Hawks dei miracoli ci sono anche un'inattesa esplosione di DeMarre Carroll, silenzioso come pochi che in stagione sta viaggiando a quasi 12 punti e 6 rimbalzi di media, ed una panchina sempre più decisiva nei break del secondo quarto ed a cavallo tra terzo e quarto periodo.

Passando alla gara, che di agonistico ha avuto davvero poco, Washington è entrata in campo troppo remissiva, quasi consapevole del destino che la aspettasse. Ciò non giustifica una prestazione così scadente, soprattutto quando entri in campo e ricevi 34 punti nel solo primo quarto. Dopo 6 minuti è 21-8, poi 24-10: gli Hawks giocano in scioltezza, aiutati dalla squadra della Capitale che è scesa in campo a lacci abbastanza slacciati. Il più venti è solo questione di tempo ed arriva con 8' sul cronometro a dividere le squadre dalla sirena di metà gara. Korver sembra infallibile, Washington sembra avere un moto d'orgoglio e torna sul -5 all'intervallo, frutto di alcune disattenzioni della squadra padrona di casa. Potrebbe essere un segnale, ma Wall e compagni mollano sul più bello. A metà terzo quarto, quando l'equilibrio sembra poter resistere fino ai minuti finali, arrivano due triple consecutive a lanciare il break delle Aquile: dal 74-69 è una mattanza, iniziano a piovere triple da Korver, Antic, Teague e perfino Horford si iscrive a referto con la conclusione pesante. Il treno è lanciato e non si fermerà più: 46-20 in 16' e gli Hawks festeggiano l'ottava meraviglia. 

Otto di fila dunque per la squadra di Budenholzer che, allargando leggermente il raggio d'azione, ne ha collezionate 22 nelle ultime 24 gare. Numeri da grande squadra. Numeri da contender vera e propria. La trasformazione della squadra di una città che in fin dei conti del basket non è che si interessi più di tanto (ed i vuoti alla Philips Arena ne sono la testimonianza) è impressionante. Da outsider a contender. Atlanta ha lo stesso record di vittorie dei Blazers e quando siamo prossimi alla pausa dell'All Star Game, si iniziano a tracciare le prime conclusioni: questi Hawks possono essere davvero una squadra da Finale ad Est? Possono guardare anche oltre? Ai posteri l'ardua sentenza.