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Kevin Garnett ed il ritorno a casa: "Il futuro è nostro"

La trentottenne ala grande torna a casa a Minneapolis dopo 8 anni passati tra Boston e Nets. "Il futuro è dalla nostra parte", KG si ripresenta nella città che l'ha visto diventare grande, spiegando motivi e progetti per il futuro.

Kevin Garnett ed il ritorno a casa: "Il futuro è nostro"
Kevin Garnett ed il ritorno a casa: "Il futuro è nostro"
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Di Andrea Bugno

Se n'era parlato, in ottica però futura, come Presidente, come capo delle operazioni di un futuro luminoso e, chissà, migliore. Kevin Garnett torna a casa, prima del previsto e lo fa in gran stile, qualità che lo ha reso grande nel corso di tutta la sua immensa carriera: “Se LeBron può tornare a casa perché non posso farlo anch’io?”

Il suo sorriso è affabile e magnetico, di chi sa che ha la stima e l'adorazione di tutte quelle persone che lo stanno ascoltando e che forse lo adorano quasi come una divinità. Il passato a Minneapolis parla per lui. Kevin Garnett si ripresenta ai suoi fan, quelli di Minnesota che aveva lasciato nel 2007, quando si era trasferito a Boston per andare a vincere con i Celtics. E come biasimarlo. Ma una parte del suo cuore sapeva che casa sua, quella vera, era qui, tra le persone che lo hanno visto crescere e spiccare il volo: “Riuscire a vincere un titolo poi tornare qui a casa per me è una vera e propria favola. È proprio il finale perfetto. Questo gruppo poi è il più talentuoso che io ricordi qui ai Timberwolves. Se ho detto di si a questo progetto è proprio perché credo moto in questi ragazzi, il futuro è dalla loro parte”.



Progetto, appunto. L’idea di Garnett è, oltre quello di fare da chioccia ad un gruppo di giovani sperduti, quella di poter dare un contributo importante, in campo e con la sua leadership nello spogliatoio, alla crescita di giocatori come Rubio, Wiggins, Bennett, LaVine, Dieng e Muhammad. Tutti, più o meno, alle prime armi o quasi. KD inoltre, come già se n'era parlato in passato, una volta lasciato il parquet potrebbe (ed aggiungiamo dovrebbe) entrare in società come proprietario di minoranza. “So che come giocatore sono in fase calante ma sento di poter dare ancora molto. Questa per me è la situazione migliore possibile. Poi confesso che mi stuzzica l’idea di diventare parte della proprietà. Vorrei provare a regalare un titolo, magari da azionista, a questa città. Questo e’ sempre stato il mio obbiettivo, fin da quando sono stato scelto al draft dai Timberwolves”.

I tifosi naturalmente non lo hanno mai dimenticato. KG21, oltre ad aver ripreso il suo numero ed il suo armadietto (lasciatogli tra un misto di paura e venerazione dal rookie LaVine, lo stesso che schiacciava a Brooklyn con la maglia di Jordan) vanta una serie di record di franchigia, dai punti segnati (19.041) ai rimbalzi catturati (10.542), alle stoppate (1.576) fino alle partite disputate (927), che neppure gli anni gloriosi, seppur minori nella quantità, di Kevin Love sono riusciti a scalfire. Il suo ritorno in città ha portato un grandissimo entusiasmo, oltre ad una dose maggiore di fiducia proprio verso quel progetto al quale sembrava mancare una base concreta sulla quale fondare: “A Kevin dico solo di essere Kevin (ha aggiunto Saunders, head coach dei Wolves) lui è sicuramente il giocatore più competitivo che io abbia mai visto. Sono felicissimo che sia tornato con noi”. Ad majora, Kevin.