Va in archivio la stagione di College Basketball 2014-2015. I Blue Devils di Duke hanno vinto il quinto titolo dell’era Krzyzewski (back to back ’91 e ’92, 2001, 2010, 2015). Il Coach di origini polacche, in carica dal 1980, rafforza la sua posizione nell’elite del basket collegiale e della pallacanestro mondiale, potendo già contare su due ori olimpici e due mondiali alla guida di Team USA. Con questa vittoria, e dopo aver raggiunto nel gennaio di quest’anno le mille W in carriera (unico nella storia del basket universitario), Coach K stacca Adolph Rupp, storico allenatore dei Kentucky Wildcats fra gli anni quaranta e i primi anni settanta, che si è fermato a 4. Resta davanti il solo, irraggiungibile John Wooden, che con la sua UCLA ha vinto dieci titoli in dodici stagioni. Va detto che, a mo’ di incoronazione, Coach Izzo ha definito Coach K, durante la press conference delle Final Four, “il John Wooden dei nostri tempi”.

I Blue Devils, che come è noto partecipano alla più equilibrata e combattuta conference collegiale, la ACC, hanno chiuso la regular season secondi alle spalle di Virginia. Sono stati quindi protagonisti di una stagione eccellente, ma non perfetta. Hanno perso due volte su tre da Notre Dame, vedendosi battuti anche nella decisiva sfida per il torneo ACC. Hanno subito una pesante sconfitta contro North Carolina State e, a pochi giorni di distanza, contro Miami, nel momento più difficile della stagione. Hanno battuto St. John’s in rimonta per regalare al Coach la millesima vittoria in carriera. Avevano già sconfitto Wisconsin in stagione regolare, a dicembre, in trasferta, e si sono confermati nella partita più importante dell’anno, quella che assegnava il titolo nazionale. Reduci dall’inopinata eliminazione al Round of 64 nel Torneo NCAA 2014 contro Mercer, nell’ultima partita collegiale di Jabari Parker e Rodney Hood prima del Grande Salto, i Blue Devils si sono presentati alla stagione successiva con una rinnovata batteria di freshmen. Proprio i giocatori al primo anno sono risultati decisivi nella trionfale cavalcata del quinto titolo. Okafor ha piazzato i canestri della staffa contro Wisconsin. Winslow ha dominato nelle gare precedenti contro Gonzaga e Michigan State. Tyus Jones e Grayson Allen hanno tenuto in partita Duke nel momento in cui Wisconsin aveva toccato il massimo vantaggio, più 9, a metà del secondo tempo. Ma questi Blue Devils avevano qualcosa in più, anche dei Badgers di Frank Kaminski, che ha vinto tutti i premi di miglior giocatore della stagione (quello dell’associated press e il Naismith Trophy), ma che si è visto sbarrare la strada verso il titolo, nella sua ultima partita in maglia Wisconsin, dal most outstanding player del torneo, Tyus Jones, in finale. Sam Dekker, dopo aver buttato fuori i Wildcats di Kentucky con la tripla del sorpasso in semifinale, ha sparato a salve da dietro l’arco nella finalissima (0-6, 12 punti totali).

E Bo Ryan? Se i Badgers possono dire di avere almeno un titolo in bacheca, nel lontanissimo 1941 (altra epoca, altre regole, altro basket), il loro pur straordinario Coach si è ritrovato anche stavolta con un pugno di mosche in mano. E l’anno prossimo non potrà più contare su Kaminski e, forse, lo stesso Dekker. Non è stata sufficiente la vendetta contro Kentucky. Come se non bastasse, oltre al danno, la beffa: Coach Calipari sarà introdotto nella classe del 2015 della Hall of Fame di Basket, insieme, tra gli altri, a gente del calibro di Dikembe Mutombo (il nativo di Kinshasa è uno dei più grandi centri difensivi della storia NBA), Spencer Haywood, Lisa Leslie (campionessa della WNBA) e JoJo White. Coach Ryan, invece, non ha ottenuto abbastanza voti e dovrà rimandare l’appuntamento a data da destinarsi. L’allenatore dei Badgers non è riuscito a nascondere l’amarezza. Ha aspramente criticato la conduzione arbitrale, gettando benzina sul fuoco delle polemiche scaturite da un’importante, ma effettivamente errata, decisione arbitrale in merito a una rimessa nel finale di gara (dall’angolazione dell’instant replay a disposizione degli arbitri, diversa da quella delle riprese TV, non si percepiva l’ultimo tocco, netto, di Winslow), e si è scagliato contro quelli che ha definito “rental players”, ovvero giocatori one and done, talentuosi freshman grazie ai quali Duke e altre formazioni conquistano titoli e che poi passano direttamente professionisti. A suo dire, essere un bravo recruiter non significa essere un grande allenatore, ma solo uno che ha più mezzi a disposizione per formare un roster vincente. Ciò fa passare in secondo piano la strategia di programmazione adottata negli ultimi anni dalla sua Wisconsin, che si è creata in casa campioni fra i giocatori poco gettonati, tre o quattro anni prima, in fase di recruiting. Apriti cielo. Nelle interviste post gara, Tyus Jones e Jahlil Okafor hanno fatto notare come il titolo sia anche frutto dei sogni maturati ai tempi dei tornei di high school e delle selezioni under 17 e under 19 degli USA. Sono stati loro a insistere per giocare insieme sotto la guida di Coach K, e sono stati sempre loro a convincere Justise Winslow a farsi reclutare dai Blue Devils. Grayson Allen, il giocatore al primo anno con meno “upside” di tutti i sopra citati, dopo un inizio di Torneo assolutamente da dimenticare, è risultato decisivo nella partita in cui meno ci si sarebbe aspettati il suo contributo. Allen ha sottolineato come fosse cresciuto con la speranza di poter, un giorno, avere un’opportunità come questa, sin da quando, cinque anni prima, aveva visto i Blue Devils trionfare contro la Butler di Gordon Hayword e dell’attuale allenatore dei Celtics, Brad Stevens.

Se di questo Torneo ricorderemo a lungo il talento complessivo presente alle Final Four (tre n.1 seeds e la n.7 Michigan State di Coach Izzo), di certo non potremo dimenticare gli upset del Round of 64. Le triple decisive dei figli d’arte RJ Hunter (in Georgia State-Baylor) e Bryce Alford (in UCLA-SMU). La clamorosa sconfitta dei Cyclones di Fred Hoiberg contro gli sconosciuti ragazzi di UAB. E ancora, fra i promossi, l’ottimo Torneo di Louisville, uscita solo all’overtime delle Elite Eight nella gara più bella dell’intera March Madness, contro Michigan State. La più che discreta Arizona, sconfitta ancora una volta da Wisconsin. Soprattutto, ricorderemo per sempre quanto rumore facciano i giganti quando finiscono al tappeto. Secondo gli addetti ai lavori, i Kentucky Wildcats, reduci dalla loro unica sconfitta stagionale (38-1) alle Final Four, entrano di diritto nella storia come una delle squadre più forti a non aver vinto il titolo. La ritroveremo, negli anni a venire, nella stessa frase con i Fab Five di Michigan (tra cui spiccavano C-Webb, Jalen Rose e Juwan Howard), la Phi Slama Jama degli Houston Cougars di Olajuwon e Drexler, gli stessi Wildcats di John Wall, Eric Bledsoe e Demarcus Cousins. Non è riuscita la stagione perfetta ai ragazzi di Coach Cal, una “perfezione” che continua a mancare dal lontano 1976 (Indiana Hoosiers di Bob Knight), e che fa seguito alla sconfitta in finale di un anno fa contro UConn.

Cosa ci attende ora? La prossima stagione vedrà ancora una volta in pole position i Wildcats. Nonostante le partenze ormai certe di Towns Jr (prima o seconda scelta assoluta al draft), Willie Cauley-Stein (lottery pick), Trey Lyles e forse Aaron e Andrew Harrison, nuovi terribili (nel senso più pericoloso, sul parquet, del termine) freshmen andranno a rinfoltire le schiera di Kentucky. La guardia Isaiah Briscoe e il centro Skal Labissier promettono di essere i prossimi one and done della giostra comandata da Calipari.

Rivedremo Georges Niang ad Iowa State per il suo anno da senior. Non è ancora certa invece la permanenza di Coach Hoiberg: è lui la prima scelta dei Bulls nel caso in cui dovessero separarsi le strade con Coach Thibodeau.

Virginia si confermerà ad alti livelli, con o senza Justin Anderson.

Maryland potrà contare sul ritorno di Melo Trimble in cabina di regia, e sul reclutamento di Diamond Stone, che promette di dominare il pitturato contro chiunque gli si faccia incontro, grazie ad una spaventosa potenza fisica.

North Carolina e North Carolina State vedranno la permanenza del loro nucleo di base, e si prospettano come le prossime favorite della ACC, anche davanti a Virginia e Duke.

È ancora presto però per trarre delle conclusioni più accurate, dal momento che non è ancora chiaro il quadro dettagliato di coloro i quali si renderanno eleggibili al draft, e soprattutto non è ancora terminata la fase di recruiting. Se anche la guardia All American Malik Newman dovesse finire a LSU insieme ai già acquisiti Ben Simmons, ala australiana da Montverde Academy (Florida), prospetto numero uno delle high school americane, e Antonio Blakeney, tra i primi 15 giovani e una delle top shooting guards del panorama liceale, terrei seriamente, molto seriamente d’occhio i Tigers nella prossima corsa al titolo collegiale.

Passato, presente e futuro della NCAA saranno in lento ma costante divenire in questi mesi di offseason. Personalmente, già mi manca tutta questa follia. Ma state tranquilli, vi terremo aggiornati su tutti gli sviluppi riguardanti draft NBA e recruiting collegiale da qui a fine giugno, quando le “palline” della lottery avranno raggiunto i propri padroni e le franchigie NBA avranno fatto la loro scelta.

Non dimenticate: stay tuned, stay Vavel!