“God was with us”

Un normale controllo che si trasformava in un incubo, eppure un’abituale richiesta: i documenti. Una situazione che al giorno d’oggi, probabilmente, manda in crisi un numero spaventosamente alto di persone; costrette a vivere nell’ombra, a sperare e ad arrangiarsi, senza i mezzi per tirare avanti e senza reali opportunità di svoltare una vita che ha regalato solo sacrifici… forse.

Sepolia è un quartiere all’estremo nord di Atene, che nel 1879 contava circa 278 abitanti e che oggi fluttua nella povertà più assoluta di uno Stato a cui è rimasto ben poco. Ed è qui che si materializzava quell’incubo per la famiglia Antetokounmpo (il cui nome originale è Adetokunbo) tenuta insieme da Charles, un “handyman” più o meno traducibile con “tuttofare” oltre che giocatore di calcio in Africa e Veronica, babysitter ed atleta specializzata nel salto in alto, migrati clandestinamente nel 1991 dalla Nigeria alla Grecia in una delle situazioni che siamo abituati a conoscere. La famiglia consta di sei membri, i genitori ed i quattro figli, ed ha vissuto in clandestinità per anni, in un clima teso nel quale gli episodi di razzismo erano all’ordine del quotidiano ed i soldi non bastavano mai. Uno di quei quattro bambini è uno dei talenti cestistici più giovani al mondo ed ha attirato su di sé tutte le attenzioni della NBA ed oggi ci racconta che sua madre a quell’ipotetica richiesta era sicura del fatto che avrebbe risposto: “Li abbiamo dimenticati a casa”. Quella risposta non fu mai data, perché né Charles né Veronica si trovarono mai in quella situazione.

Negligenza.

Fortuna.

Oppure, come oggi può dire Giannis Antetokounmpo davanti ad un microfono targato Sports Illustrated, “God was with us”.

La famiglia non era mai stata in buone condizioni dal punto di vista economico ed i quattro figli dovevano darsi da fare per trovare del pane: Giannis ed il suo fratello maggiore Thanasis con il quale il rapporto è sempre stato fortissimo ed indissolubile si recavano fuori dal loro quartiere dopo la scuola, cercavano nei negozietti articoli a basso prezzo oggetti come occhiali da sole, radio, cappelli, orologi, braccialetti che acquistavano per un prezzo minore di quello a cui cercavano di venderli a Sepolia per racimolare i guadagni sufficienti a sfamare i sei componenti della famiglia. L’operazione era fortemente rischiosa perché la criminalità nella downtown ateniese è sempre stata altissima, così Charles, per paura che i suoi figli finissero in mano alla droga, che incombe in zona, tentò di inserirli nel mondo dello sport. Inizialmente Giannis sembrava indirizzato verso il calcio, come è facile immaginare possa accadere in uno stato europeo; eppure un giorno, come oggi racconta, per le poco sterili vie del suo quartiere, il ragazzino smilzo e asciutto trovò casualmente un canestro, un canestro con l’anello spezzato, ma comunque utilizzabile. Ci iniziò a giocare; vicino a dei cassonetti, con un pallone da calcio (sgonfio), ad un canestro rotto.

Difficoltà, povertà, razzismo erano solo alcuni degli spettri che quel ragazzino nero doveva aggredire ogni giorno per poter continuare a giocare; quando lui aveva 12 anni il suo idolo cestistico Dimitris Diamantidis diveniva MVP della Final four dell’Eurolega del 2006, vinta appunto dal Panathinaikos. Giannis, che quasi sicuramente in casa non aveva una televisione né nulla di simile, quando seppe la notizia festeggiò saltando sul letto per ore insieme a suo fratello; per il suo idolo, per lo sport che aveva scoperto vicino a dei cassonetti, per il canestro rotto, l’unico regalo che Sepolia era stata in grado di fargli.

L’anno successivo, fu il momento della grande occasione.

Spiros Velliniatis fa parte dello staff del Filathlikitos, una squadra che esiste da neanche 30 anni e proviene da un sobborgo alla periferia est di Atene: Zografou. La squadra in cui giocherà Giannis ed in cui hanno giocato tutti e quattro gli Antetokounmpo. Spiros è un uomo molto umile, lo si può aggiungere su Facebook: posta gli allenamenti dei suoi bambini nel grigiore ateniese e video particolari provenienti dalla NBA. La sua pagina Facebook ha 49 likes: non è coach K, non è Don Nelson, eppure ha scoperto quello che è un giocatore che scriverà tantissime pagine del grosso zibaldone che va sotto il nome di National Basketball Association. Giannis fu inquadrato da Spiros, il quale era solito girare per i quartieri non esattamente della migliore Atene in cerca di questi individui sportivi extra-ordinari; tuttavia il ragazzo, così come i suoi fratelli, era ovviamente considerato un immigrato e, come detto, era privo di documenti, poteva essere sì tesserato ma entro i 15 anni. Giannis ne aveva 13, non c’erano problemi a quanto sembra. Invece sì, perché lui non poteva giocare: aveva bisogno di lavorare, per aiutare la famiglia ad andare avanti, in un periodo in cui entrambi i genitori erano disoccupati o impegnati alla bellemeglio con lavori saltuari. Velliniatis si mise a disposizione per cercare un lavoro ad entrambi i genitori Antetokounmpo, trovando Giannis d’accordo ma non ne fu in grado; senza demordere riuscì ad organizzare una colletta ogni mese per dare alla famiglia 500 dracme greche grazie ai membri della squadra e dello staff della stessa. Giannis poté giocare.

Ha un fisico fuori da qualsiasi cognizione umana, gli sono mancate per anni ed un po’ ancora gli stanno mancando la coordinazione e la piena consapevolezza del suo gioco, come ammesso da Velliniatis stesso ma poté giocare e poté crescere. A 16 anni, i suoi agenti Giorgos Dimitropoulos e Giorgos Panou inviarono dei video Alex Saratsis, uomo di basket greco residente oltreoceano il quale inoltrò questo materiale a molti college statunitensi, senza ricevere responso alcuno. Una volta cresciuto, nel dicembre 2012 il ragazzo era sul punto di firmare un quadriennale con il CAI Zaragoza, ma l’accordo saltò: Giannis decide di rendersi eleggibile per il prossimo draft, quello del 2013. John Hammond, GM dei Milwaukee Bucks a metà febbraio era ad Atene e lo notò ed oggi ammette come fosse rimasto stupito dalla naturalezza con cui Giannis calcava i parquet ellenici, dalle sue doti fisiche e dal suo feeling per The Game. Dall’altra parte non si sospettava nulla, il ragazzo era convinto di poter essere scelto dagli Atlanta Hawks alla 17° o alla 18°. Esattamente un’ora prima del draft, Hammond rese pubblico il suo interesse per il 18enne.

Curioso, ingenuo ciò che accadde.

Giannis cercò su Google informazioni su Milwaukee, non è neanche certo che ne conoscesse l’esistenza; rimase stupito dalle abbondanti nevicati della città del Wisconsin. E’ stato chiamato con la 15° scelta assoluta. Non è certo che avesse capito esattamente ciò che gli stava accadendo intorno; al ritorno in albergo festeggiò saltando sul letto con suo fratello Thanasis. Genuino.

L’ “impatto” del ragazzino smilzo sulla NBA è stato molto particolare: al di là degli aspetti tecnici, Giannis ha sofferto molto la mancanza della sua famiglia ed ha rivelato che ogni qualvolta gli fosse possibile durante il suo primo anno, andava a trovare suo fratello Thanasis a Newark dove questi era impegnato in D-League con i Delaware 87ers. In questi due anni Giannis Antetokounmpo sta rappresentando per l’NBA uno strano dualismo: è contemporaneamente antitetico ad ogni canone psico-emotivo della lega ed è adatto ad ogni canone tecnico-fisico della lega stessa. Si sta parlando di un ragazzo ingenuo che è stato sballottato tra due realtà totalmente contrapposte ed è rimasto intontito da tale botta: in una lega in cui si minacciano gli altri giocatori sui social network, in una lega in cui sono volate gomitate ai limiti del penale, in una lega che ha assistito ad una delle più grandi risse della storia dello sport, in una lega che, insomma, conosciamo è arrivato un giovane ragazzo greco che, ad uno dei primi training, dovendo marcare O.J. Mayo ha accettato e poi ha chiesto “Chi è Mayo tra i miei compagni?”.

Appena se l’è potuto permettere, durante il suo secondo anno, Giannis ha fatto in modo che tutta la sua famiglia lo seguisse a Milwaukee, dato che era attanagliato dalla mancanza di sua madre; un ragazzino greco che, come probabilmente ormai tutti sanno, si è dovuto far accompagnare al palazzetto per giocare una partita NBA da dei tifosi perché aveva mandato tutti (e tutti vuol dire proprio tutti) i soldi che aveva a disposizione in Grecia. E giusto per chiudere un quadro di cui la forma più o meno si intuisce si può aggiungere che poco prima di una partita nel periodo natalizio Larry Sanders gettò delle scarpe da gioco perché non le riteneva utilizzabili (immaginare la noncuranza), Giannis le riprese dal cestino, si mise in un angolo dello spogliatoio e sistemò la suoletta. Ultimo dato: questo gennaio ha preso un fallo tecnico contro i Toronto Raptors e dopo aver saputo che ad ogni tecnico corrispondono 2000$ di multa, ha pregato l’arbitro affinchè quell’infrazione gli venisse “annullata”. Fate voi…

Dall’altre parte però, questo ragazzo è perfettamente inserito in questa lega perché fotografa esattamente il prototipo del giocatore moderno: lungo (non alto, lungo), dinoccolato, dalle lunghe leve, veloce e soprattutto silenzioso. Un po’ come l’ultimo MVP delle finali NBA.

Nelle ultime due partite utili ai Bucks per conquistare i Playoffs, rispettivamente contro Knicks e Nets, Giannis ha infilato 23 punti con 9 rimbalzi nella prima ed ha scritto un 13+9+7 nella seconda portando la sua squadra ai Playoffs. Spiros Velliniatis ha condiviso gli highlights della partita contro i Knicks. Giannis, presumo, avrà saltato parecchio sul suo letto.