Si parlano, si cercano. Sono lontani i tempi in cui l'uno, Stephen Curry, dubitava dell'altro, Steve Kerr, coach esordiente, chiamato un po' a sorpresa l'estate scorsa a sostituire Mark Jackson sulla panchina dei Golden State Warriors. Ora la mente e il braccio della Dubnation formano un connubio perfetto, entrambi con un solo obiettivo: vincere il titolo Nba. Durante gara-4 le immagini di Abc hanno pescato spesso i due intenti a scambiarsi opinioni quando Steph veniva richiamato per il consueto riposo all'inizio degli ultimi quarti dei due tempi. Ancora più esemplificativo il ritorno negli spogliatoi per l'intervallo lungo, con il braccio del coach appoggiato in modo paternalistico sulla spalla del suo mvp, leader tecnico ed emotivo di un gruppo pieno di talento.

E' tutta per loro la copertina della vittoria in gara-4 delle Nba Finals ai danni degli indomiti Cleveland Cavaliers di questa esaltante serie. Kerr&Curry, la premiata ditta che vuole riportare il titolo in California a quattro decenni di distanza dall'ultima volta. Gli unici a poter fermare la corsa irrefrenabile del Re, quel LeBron James, altro uomo in missione per se stesso e per una città intera, desiderosa di scrollarsi per un po', quantomeno in campo cestistico, l'etichetta di perdente (mistake on the lake, dicono da quelle parti). In estate James aveva dichiarato di essere tornato per vincere, perchè trionfare a casa propria avrebbe avuto un sapore speciale, ancora più dolce dei fasti della Florida. Ed è stato di parola, LeBron. Dopo una regular season altalenante ha preso sulle sue poderose spalle le sorti della franchigia, ancor più responsabilizzato dagli infortuni di Love e Irving, principali vassalli alla sua corte. Ha convinto quel che restava del gruppo (out anche Varejao, ndr) che sì, il titolo si poteva ancora vincere, a patto di restare compatti e seguirlo senza esitazioni.

In gara-4 Timo Mozgov ha messo a segno 28 punti, e buona parte della sua produzione offensiva dipende dal Prescelto, unico nel valorizzare le qualità di chi gli gioca a fianco, un po' come Steve Nash, altro artista del gioco, che però non ha mai avuto la possibilità di giocarsi realmente il titolo. L'unico ostacolo alla realizzazione del sogno, di un trionfo che proietterebbe definitivamente LeBron nell'Olimpo Nba è rappresentato dalla coppia Kerr&Curry. Anche per loro il momento di vincere è adesso. Un'occasione da non lasciarsi sfuggire, perchè è facile pensare che sarà possibile ritornare in finale in futuro, ma è ben più difficile riuscirci (chiedere ad un'altra coppia famosa, Durant-Westbrook, per informazioni). E che l'appuntamento con il titolo non sia rinviabile deve averlo pensato prima di tutti il coach dei Warriors che, con una mossa tanto logica quanto rischiosa, ha stravolto la sua strategia tattica, modificato il quintetto e lasciato a sedere il suo centro titolare, Andrew Bogut, per far spazio al giocatore più utile di questa serie, quell'Andre Iguodala che dopo la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Londra 2012 cerca ora di aggiungere un anello come coronamento di un'intera carriera.

Curry ha sofferto maledettamente nei primi tre episodi della serie. Tecnicamente ed emotivamente. Tiri sbagliati, palle perse, percentuali orribili al tiro. Critiche e dubbi lo hanno fatto vacillare. In gara-4 si è ripresentato per quello che è, l'mvp della regular season, e ha riportato la serie in parità. James, novello Forrest Gump, ha dichiarato di essere un po' stanco (ne ha ben donde), con l'aria di chi sa che i conti si fanno alla fine, e che lasciar sul terreno una gara persa di 20 è meglio che fronteggiare una sconfitta giunta all'ultimo tiro. Il Re non si fermerà, darà tutto finchè queste Finals non saranno terminate e, quale che sia l'esito, uscirà se possibile ancora più forte da questa stagione, in cui ha fatto tutto da solo, senza i Riley e i Wade del passato a coprirgli le spalle. La sfida con i Warriors ricomincia da qui, in un thriller di cui nessuno può ancora conoscere il finale.