Nella notte del trionfo alla Quicken Loans Arena di Cleveland, i Warriors festeggiano il loro titolo Nba tra gavettoni e champagne che scorre a fiumi. Tra il general manager Bob Myers, definito "l'architetto della squadra più forte al mondo" e il CEO Joe Lakob, spunta Alvin Gentry, primo assistente di Steve Kerr sulla panchina di Golden State, che si rivolge ai giornalisti presenti in un ulteriore impeto di gioia: "Dite a Mike (D'Antoni, ndr) che lo abbiamo vendicato! Abbiamo vinto giocando la sua pallacanestro, quella che tutti criticavano".

Il rapporto tra Steve Kerr, Mike D'Antoni e lo stesso Alvin Gentry risale ormai a una decina di anni fa, quando Kerr faceva parte della dirigenza dei Phoenix Suns, mentre D'Antoni e Gentry lavoravano in panchina al modello di gioco denominato "seven seconds or less", esaltato da Steve Nash, e che prevedeva un attacco che impedisse alla difesa avversaria di schierarsi, con tiri da tre punti (e non solo) in transizione, il tutto nei primi secondi dell'azione. Quei Phoenix Suns arrivarono per due volte consecutive alla Finale di Conference, non riuscendo tuttavia mai a superarne le colonne d'Ercole, scontrandosi in ben tre occasioni con i San Antonio Spurs (finale a Ovest nel 2005, secondo turno nel 2007 e primo turno nel 2008), alimentando un'accesa rivalità con i texani, e in una contro i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki nel 2006.

I Suns dell'era D'Antoni rappresentavano, in quel particolare momento del basket Nba, un movimento "eretico", quantomeno poco ortodosso rispetto ai canoni cestistici dell'epoca. La tendenza a giocare con il quintetto piccolo (Small ball, come si dice adesso), e a prendersi triple in transizione fu criticatissima da stampa e addetti ai lavori, al punto da decretarne il fallimento una volta che lo stesso D'Antoni fu costretto ad abbandonare l'Arizona per poi cercare - senza trovarla - fortuna ai New York Knicks prima e ai Los Angeles Lakers poi. Il colpo di coda di quella Phoenix, vera e propria squadra di culto per gli amanti del genere, animata da un impareggiabile Steve Nash in cabina di regia, si ebbe nel 2010 quando proprio Alvin Gentry riuscì a riportare la franchigia del deserto in finale di Conference, dove si arrese, al termine di sei esaltanti gare, a Kobe Bryant e Phil Jackson, poi vincitori con i loro Lakers dell'anello Nba contro i Boston Celtics.

Da lì la diaspora dei tre architetti del modello Suns. Kerr e D'Antoni chiusero con una certa incomprensione i propri rapporti, con il primo che decise di dedicarsi alla carriera televisiva come analist di Espn, mentre Gentry passò successivamente ai Clippers come componente dello staff tecnico. Ma quando Kerr, declinando la scorsa estate l'offerta di sedersi sulla panchina dei Knicks (vere e proprie sliding doors per New York), e accettando invece la proposta dei Warriors, si stabilì a Oakland come capo allenatore, volle immediatamente con sè proprio Alvin Gentry, di cui conosceva perfettamente le capacità. 

Il resto è storia recente, con i Warriors dominatori della stagione Nba attraverso un gioco spumeggiante, fondato sul movimento di uomini e palla, su canestri in transizione e sul cosiddetto spacing the floor per trovare in ogni possesso il ritmo necessario. Ma tra la Golden State del 2015 e la Phoenix del lustro 2005-2010 ci sono molte differenze. Eliminati gli estremismi del gioco di D'Antoni ai Suns, Golden State si è proposta come squadra estremamente eclettica, mutuando principi di gioco propri non solo di quei Suns ma anche degli ultimi Spurs di Gregg Popovich. E' però comprensibile quanto Gentry voglia ora rivendicare la vittoria anche rispetto a Mike D'Antoni, troppo spesso avversato in virtù di soli pregiudizi e conservatorismi ormai datati.

Per il vecchio Alvin (sessant'anni senza dimostrarli, ancora in grado di schiacciare come testimoniato da un recentissimo video diventato virale sui social), ora si apre la prospettiva di un ritorno alla carriera da capo allenatore a New Orleans, dove sarà chiamato a far crescere i Pelicans intorno al fenomenale Anthony Davis. Ma la riconoscenza e il rispetto Gentry se li è già conquistati da tempo, da quando con Kerr e D'Antoni ha introdotto principi di gioco tuttora seguiti nel basket Nba.