A trentuno anni compiuti, due titoli Nba vinti con i Miami Heat e una carriera da All Star della lega cestistica più importante al mondo, Chris Bosh è pronto a cominciare la seconda parte della sua avventura da giocatore di basket. Divenuto il punto di riferimento tecnico (insieme a capitan Dwyane Wade) degli Heat del post LeBron James, Bosh si è ritrovato a dover gestire nell'inverno scorso un problema ai polmoni che poteva comprometterne la carriera. Mesi e mesi di cure ed eccolo invece tornare ora in canotta e pantaloncini, pronto a contribuire al riscatto di Miami, passata in dodici mesi dal giocarsi una finale Nba con i San Antonio Spurs alla mancata partecipazione agli abbordabili playoff della Eastern Conference.

Quando LeBron comunicò al mondo che sarebbe tornato a casa dagli amati Cleveland Cavaliers, Pat Riley blindò subito il suo lungo di riferimento per evitare una diaspora che avrebbe avuto il sapore di un ridimensionamento totale. Ma la conferma di Bosh e l'arrivo poi di Luol Deng e di Goran Dragic (ancorchè solo a febbraio) non mutarono il destino degli Heat versione 2015, spaesati senza il loro numero sei e tornati a frequentare i bassifondi delle classifiche Nba. Ora in Florida ripartono dalla conferma di Wade, dall'atletismo di Hassan Whiteside e dal talento del rookie Justise Winslow, vero colpo dell'ultimo Draft dello scorso giugno. In panchina ancora coach Spo, al secolo Erik Spoelstra, pupillo di Riley chiamato adesso a risollevare le sorti dei bianchi dell'American Airlines Arena. Chris Bosh è l'ultimo tassello di Miami che si aggiunge al mosaico messo insieme in Florida: secondo quanto riportato da Jason Lieser per il Palm Beach Post, ora il giocatore texano è stato dichiarato pronto dallo staff medico degli Heat per riprendere a giocare a basket. Pronto al contatto fisico, Bosh non dovrebbe più soffrire di coaguli di sangue nei polmoni, in quanto l'ereditarietà del suo disturbo è già stata scongiurata.

Sul suo problema di salute, Bosh si mostra finalmente sollevato: "Ho avuto paura, ma ora è finita - le sue parole a Usa Todaytutto ciò mi ha indotto a considerare molte cose che ritenevo prioritarie sotto un'altra luce. Tutto il tempo trascorso a curarmi mi ha fatto capire definitivamente che sono davvero un privilegiato a poter giocare a basket a livello professionistico. Ora voglio condividere questo privilegio, un vero e proprio dono, con i miei compagni di squadra. Ho proprio bisogno di giocare. Non mi interessa il passato, ma solo giocare ed essere felice con la mia famiglia. In fondo mi sono reso conto di aver bisogno di molto per esserlo, mi basta giocare a pallacanestro".