Ha rinunciato anche al minicamp di team USA in preparazione alle prossime Olimpiadi per dedicarsi alla cura del suo fisico e delle sue ginocchia, già provate da diversi interventi chirurgici (menisco e legamento crociato anteriore coinvolti negli infortuni dell'ultimo triennio). Derrick Rose vuole essere al top per l'opening night della prossima regular season Nba, dopo aver riassaggiato il parquet dello United Center negli ultimi playoff, terminati per i suoi Bulls con una bruciante eliminazione al secondo turno per mano dei Cleveland Cavs di LeBron James.

Tutta Chicago ha atteso pazientemente il ritorno del suo figlio prediletto (Derrick è nativo proprio della Windy City, anche se ha giocato al college a Memphis), ma adesso per il numero uno è il momento di dimostrare di essere completamente recuperato, di aver superato quei problemi fisici e mentali che lo hanno tormentato dal 2012 in poi. Per quanto fosse stato nominato Mvp di quella stagione poi rivelatasi maledetta, Rose non era - al momento del grave infortunio patito contro i Philadelphia 76ers - un giocatore fatto e finito, bensì un atleta con ancora notevoli margini di miglioramento. La sua evoluzione tecnica si è però arrestata in quell'aprile 2012, mentre il suo fisico ha indubitabilmente perso parte dell'esplosività che lo aveva caratterizzato fin lì. Il Rose 2.0 visto tra i vari stop and go dell'ultima stagione assomiglia solo da lontano al most valuable player più giovane della storia dell'Nba. Definito come maniacale nella cura del suo corpo e attentissimo nel cercare e mantenere le condizioni di forma ideali, la stella più splendente dei Bulls ha bisogno ora di cambiare passo, letteralmente e metaforicamente. Nel finale della scorsa stagione si è visto un giocatore più perimetrale, affidatosi - con risultati altalenanti - al tiro dalla lunga distanza, alternativa esplorata con insistenza alle penetrazioni al ferro che ne avevano fatto addirittura un'icona dell'intera lega. Mai stato tiratore puro, il numero uno in maglia rossa ha lavorato sul suo jumper nel corso di quest'estate (in cui è stato anche accusato di stupro da una sua ex fiamma), cercando di migliorare la postura e di rendere il movimento più fluido e composto.

Difficile capire se le difficoltà al tiro in sospensione derivino solo da un problema di fiducia o anche da una questione meramente tecnica. Quel che appare certo è però che ogni movimento sul campo di questa point guard dal talento cristallino sembra ormai dipendere dal timore di distruibire male il peso del corpo sulle ginocchia. In tal modo buona parte del suo gioco si rivela esitante, vanificando anche l'eccezionale rapidità di cui Derrick dispone. Il Rose che tutti - verosimilmente Fred Hoiberg in primis - vorrebbero vedere è quello che attacca di nuovo il ferro con continuità, magari anche senza gli stessi esiti letali (per gli avversari, si intende) della sua versione precedente, ma che arrivi convinto e diretto sotto canestro, senza temere un arresto forzato che possa minare l'integrità delle sue articolazioni. Il progetto tecnico dei Chicago Bulls rimane infatti ancora incentrato tutto su Rose e sulle sue doti offensive: nonostante gli arrivi di Gasol e Mirotic nel reparto lunghi, tra gli esterni manca infatti un trattatore di palla come il numero uno dei Tori, in quanto Jimmy Butler si è trasformato in uno splendido realizzatore ma non è certo giocatore che può alternarsi con il playmaker con la palla in mano, mentre Dunleavy rimane quasi esclusivamente un tiratore dall'arco.

I nuovi Bulls hanno dunque soluzioni offensive molto più variegate rispetto al passato, e la sola presenza di Pau Gasol è lì a dimostrarlo, ma in una lega in cui sono ancora le guardie a decidere le sorti della propria franchigia Rose è chiamato a ricominciare davvero tutto da capo, per dare a Chicago qualche chances di avere la meglio su Cleveland nella Eastern Conference. E per ottenere un risultato del genere sarà necessario ritrovare un Rose rigenerato nel corpo e nella mente, che provi a mettersi alle spalle il calvario dell'ultimo triennio in una nuova cavalcata che riporti - quantomeno simbolicamente - indietro le lancette dell'orologio Nba.