Avevamo lasciato i Clippers scioccati dall'eliminazione subita per mano di Houston e in preda a un regolamento di conti tra i big dello spogliatoio, con un mercato estivo che si presentava non semplice dato il poco spazio salariale a disposizione. Li ritroviamo ai nastri di partenza completamente rinnovati soprattutto nel  supportingcast e con un De Andre Jordan rifirmato e strappato a Dallas quando sembrava già accasato in Texas.

Il mercato estivo dei Clippers era partito in sordina tanto che Redick si dichiarava insoddisfatto nel mese di luglio. Lo spazio per compiere operazioni di livello sembrava davvero limitato, invece pian piano i Clippers si sono liberati di tutti quei giocatori non più funzionali al progetto o che avevano dato un contributo limitato nel momento del bisogno come Hawes, Barnes, Turkoglu, Davis, Jones. Sono arrivati Wes Johnson, Aldrich, Hayes, Dawson dal draft, Stephenson, Josh Smith e Prigioni da Houston e soprattutto Paul Pierce da Washington che ritrova il suo mentore Doc Rivers. Ha rifirmato Austin Rivers e Crawford per ora è confermato. Viste le premesse Rivers può ritenersi soddisfatto: ha preso dei buoni giocatori per rifiatare i big e avere più soluzioni nel momento del bisogno, cosa che è mancata negli scorsi playoff. Ha delle scommesse da vincere: prima fra tutte Stephenson, che deve decidere se tornare ad essere il giocatore determinante visto a Indiana, o il comprimario piantagrane nel quale si è trasformato a Charlotte; Josh Smith deve ripetere l'ottima seconda parte di stagione a Houston dopo che era stato scaricato da Detroit. Questi giocatori sono stati presi con un ingaggio relativamente basso: la prospettiva di arrivare all'anello ha convinto molti ad abbassare le pretese pur di puntare alla vittoria. Ma l'acquisto più importante è senza dubbio quello di Paul Pierce per molti motivi: innazitutto Pierce ritrova il suo mentore che gli ha permesso di vincere a Boston; ma Rivers ritrova un giocatore che sa come si vince un anello, dal grande carisma e personalità, ideale per costruire la mentalità vincente di una squadra da titolo. Pierce sa benissimo quale sarà il suo ruolo, dovrà prendersi tiri importanti nei playoff e dividerà la leadership con Paul e Griffin per assisterli verso una meta per loro sconosciuta. Lo stesso Rivers ha dichiarato che Pierce verrà preservato per i playoff e che sarà importante per l'organizzazione e la divisione dei tiri tra i big della squadra. Sarà il rendimento di Pierce l'ago della bilancia tra maturità e immaturità di questa squadra. Intanto la sua leadership e il suo carisma si sono già sentiti nella trattativa De Andre Jordan: c'era lui con Doc Rivers a convincere Jordan a rimangiarsi la parola data a Mark Cuban. D'altronde Jordan era il miglior centro a cui i Clippers potessero ambire per capacità difensive malgrado offensivamente sia ancora da sgrezzare, e hanno fatto di tutto per rifirmarlo; curioso che proprio Jordan sia uno di quei giocatori verso i quali si sono rivolti gli strali di rabbia di Paul, e che volesse cambiare aria proprio perchè considerato un comprimario. Non so come l'abbiano convinto Rivers e Pierce, di sicuro sarà necessario un chiarimento con Paul, ma lo stipendio è tutt'altro che da giocatore non considerato. Tuttavia volere questo status comporta responsabilità e impegno maggiori, e non credo avrà fatto piacere a Rivers, Paul, Griffin, Pierce sentirlo ammettere candidamente che durante l'estate non ha fatto nulla riguardo la sua tecnica di tiro dei liberi, il suo tallone d'achille che puntualmente viene sfruttato dagli avversari col fallo sistematico.

Certamente quest'anno la squadra sulla carta pare molto più attrezzata per dare una mano a loro, i due big Chris Paul e Blake Griffin, chiamati quest'anno a sopportare una pressione ancora più grande. In NBA molti si aspettano che conquistino l'anello e il fatto che ancora non siano riusciti a conquistarlo dà adito a tutti quelli che sostengono che siano due ottimi giocatori, potenziali fuoriclasse ma non vincenti perchè incapaci di dare quel qualcosa in più nel momento del bisogno. Griffin dopo aver giocato da MVP i playoff, si è spento nelle ultime gare della serie con Houston e Paul è sembrato nascondersi e aspettare gli eventi prima di prendersi le sue responsabilità, e quando lo ha fatto era troppo tardi; a seguire l'insoddisfazione verso i compagni e le critiche rivolte loro, che poi sono state alla base di tutti i cambiamenti al roster: impossibile gestire uno spogliatoio dopo un evento del genere.

Intendiamoci, anche a Michael Jordan, Kobe Bryant e Le Bron James dicevano che erano incapaci di guidare una squadra al titolo: appena ne hanno vinto uno, questi discorsi sono stati capovolti. E' quello che si augurano Paul e Griffin: quest'anno le aspettative verso di loro aumenteranno ancor di più, e sono chiamati a un salto prestazionale sia nei momenti davvero decisivi dei playoff, ma anche nella capacità motivazionale e di tenere unito l'amalgama dello spogliatoio. Loro sono i fari e loro dovranno guidare la squadra a conquistare lo status di vincenti e abbandonare quello di incompiuti di successo; status che vale, oltre che per la squadra, prima ancora per loro. Buon lavoro, ne avranno davvero molto da fare.