BOSTON CELTICS Ritornare grandi

Per molti decenni e per intere generazioni di tifosi di basket l'NBA e i Boston Celtics sono stati sinonimi. Gli otto titoli consecutivi tra il 1959 e il 1966 hanno inscritto di diritto questa squadra nella storia dello sport. Gli anni '80 sono gli anni dell'eterna sfida Celtics-Lakers e di Larry Bird. Nel 2008, con Doc Rivers in panchina, Pierce, Allen e Garnett sul parquet e i soliti Lakers contro in finale arriva l'ultimo acuto biancoverde, seguito, due anni dop, dalla finale perse contro Bryant e soci in gara-7. Poi senza i Big Three inizia una fase di rinnovamento con Brad Stevens come nuovo coach. Un dodicesimo posto prima del ritorno nei playoff nella scorsa stagione. Settimi in regular season, i Celtics veranno spazzati via dai Cavaliers di LeBron al primo turno.

IL MERCATO

La squadra ha un'età media molto bassa e i playoff centrati nella passata stagione sono stati una sorpresa per molti. Ceduti Brandon Basse Gigi Datome, alla banda di ragazzini terribili di Brad Stevens sono arrivati dal mercato estivo dei rinforzi di esperienza. Su tutti l'ex Warriors David Lee, fresco di titolo NBA, seppur da comprimario dopo 4 stagioni da protagonista con Golden State.

Altro nuovo arrivo è Amir Johnson. Dopo sei anni a Toronto, con gli ultimi tre che lo hanno visto sempre più protagonista in maglia Raptors, si giocherà un posto nello starting five con Zelter.
Da Oklahoma è arrivato, invece, Perry Jones, nelle ultime due stagioni con minutaggio crescente con i Thunder.

IL ROSTER

Marcus Smart. Puó essere il suo anno. La sua prima stagione NBA si è conlusa in crescendo e soprattutto dimostrando di avere grande personalità nonostante i suoi 21 anni. Fino a dicembre ha fatto da comprimario di Rajon Rondo, poi con la partenza di quest'ultimo è diventato uno dei giocatori chiave della squadra di Stevens. Quest'anno in Massachusetts si aspettano grandi cose da lui per ripetere almeno il piazzamento della scorsa stagione. 
Penso che la squadra quest’anno sia migliorata, e poi vincere aiuta. Lo scorso anno ai playoff abbiamo giocato 4 partite tirate contro una squadra che poi è arrivata alle Finals. Vogliamo vincere più partite possibili e migliorare in difesa: se facciamo le cose nel modo giusto il nostro limite è il cielo”, dice Evans Turner, uno che ai tempi di Philadelphia sembrava lanciato verso una grande carriera e che invece la stagione a Indianapolis ha bloccato il talento cresciuto con Ohio State.

Altro elemento chiave sarà Isaiah Thomas. Il play arriva con numeri importanti alla nuova stagione: dopo il passaggio da Phoenix a Boston il suo tabellino recita 19 punti e 6 rimbalzi di media in 21 gare con 26 minuti di media sul parquet. Il suo ruolo dovrebbe essere quello di sesto uomo, alternandosi con Smart nel ruolo di play.

COACH E STILE DI GIOCO

Brad Stevens è la vera rivelazione della scorsa stagione di Boston. Il 38enne allenatore di Zionsville è riuscito in due sole stagioni ad accelerare il processo di ricostruzione dei Celtics. Nonostante le cessioni di Rondo e Green ha portato la sua squadra ai playoff, giocando un ottimo primo turno contro Cleveland, con le prime tre gare disputate alla pari contro LeBron e compagni.

Il GM di Boston Dany Ainge ha dichiarato che Stevens diventerà una leggenda di questo sport; nell'attesa proverà a portare i Celtics ai playoff per il secondo anno consecutivo.

Tatticamente è considerato uno degli allenatori più preparati della Lega,
Il gioco di Stevens si basa sulla rapidità di esecuzione e su tagli continui. Giocando senza un lungo di ruolo ha dato imprevedibilità ai Celtics e se i suoi giovani talenti confermeranno le aspettative a Boston ci sarà da divertirsi.

OBIETTIVI

Obiettivo stagionale: dopo il settimo posto della scorsa stagione, a Boston in molti si aspettano di centrare nuovamente i playoff. Impresa non impossibile in una Eastern Conference sempre più bassa a livello qualitativo. Cleveland, Chicago e Atlanta sembrano una spanna sopra; Indiana e Miami, grandi protagoniste due stagioni fa sono rimaste fuori dai playoff lo scorso anno e hano voglia di riscatto; New York, Philadelphia e Charlotte sembrano decisamente inferiori alla altre contendenti. Nel mezzo la corsa per un piazzamento tra le prime otto sembra aperta a tutti.

Con un po' di fortuna e con un rapido inserimento nel gioco di coach Stevens da parte dei nuovi innesti nulla appare impossibile sulle rive del Mystic.

NEW YORK KNICKS Lost in Manhattan: Anthony-Afflalo per ricominciare

17-65. Bastano questi due numeri a spiegare l'ultima stagione di basket vissuta nella Grande Mela. E ad iniziare la nuova stagione con un presupposto quantomeno positivo: fare peggio è davvero diffcile. I Knicks non sembravano certamente una corazzata destinata a dominare ad Est peró nessuno poteva aspettarsi di passare da una stagione esaltante, frenata solo da Indiana, come quella di due anni fa, al disastro totale del 2014/2015. Ultimi nella Conference e con il peggior record della storia della franchigia di Manhattan. Risalire dal punto più basso dei 70 ani di storia dei New York Knicks: è questo l'obiettivo primario della nuova stagione che sta per prendere il via.

IL MERCATO

Il mercato ha portato un bel po' di volti nuovi al Madison Square Garden. Dal draft è arrivato Porzingis, quarta scelta assoluta. Il 20enne lettone è considerato uno dei maggiori prospetti in giro per l'Europa e c'è grande attesa per vederlo all'opera in NBA.

Da Portland arrivano altri due rinforzi: Aaron Afflalo e Robin Lopez. Il primo ritrova Anthony dopo l'esperienza insieme a Denver e a quanto raccontato proprio dal neo acquisto è stato lo stesso Melo a convincerlo al trasferimento a New York.

Lopez arriva da due buone stagioni con i Blazers e il suo apporto sotto canestro puo' essere molto importante per Anthony e compagni. Tra l'altro ad attenderlo nel derby con Brooklyn c'è il fratello Brooke.

IL ROSTER

Non è di primissimo livello ma avere in squadra Anthony dovrebbe perlomeno consentire un piazzamento più dignitoso di quello della passata stagione. Afflalo e Robin Lopez, qualora riuscissero a integrarsi nella rosa, porterebbero maggiore efficacia in difesa, il vero problema del disastroso 2014/15. Poi Calderón da play e palla ad Anthony è il piano B ma rischia di portare New York ancora una volta verso il basso più che verso l'alto.

COACH E STILE DI GIOCO

Un disastro. Questa, in sintesi, la prima stagione di Derek Fisher da allenatore in NBA. Scelto dal nuovo presidente dei Knicks, Phil Jackson, l'ex Lakers non è riuscito a portare le sue idee sul campo e il risultato finale è stato l'ultimo posto ad Est, con il peggior attacco della stagione. Non tutta la colpa puo' essere chiaramente di Fisher che pero' adesso è chiamato ad un banco di prova importante. Gioco. Ecco, questo è il vero problema in casa Knicks. L'anno scorso, oltre agli interpreti, sono mancate le idee sia in fase offensiva ma soprattutto in fase difensiva, chiudendo come una delle difese peggiori della Lega. A Fisher spetta il compito di ridare compattezza ad un gruppo che ha un discreto talento individuale.

OBIETTIVI

Dove puo' arrivare New York è un mistero. Considerando che rispetto all'ultima stagione il miglioramento dovrebbe esserci e sarebbe anche naturale, l'ipotesi playoff sembra ancora lontana. Molto più realistico immaginarsi un decimo-undicesimo posto, anche se ad Est la corsa alle ultime piazze disponibili è sempre aperta ad ogni sorpresa.

PHILADELPHIA Perdere oggi per vincere domani

Se la stagione di New York è stata pessima, quella di Philadelphia ne è stata la copia, se non fosse per una vittoria in più che ha scongiurato l'ultimo posto ad Est. Diciasette sconfitte iniziali consecutive, prima della vittoria contro i Timberwolves il 3 dicembre 2014, sono la migliore fotografia dell'annata dei 76ers. L'obiettivo delle ultime stagioni è chiaro: perdere per poter arrivare ad una stella NBA. Il ragionamento non fa una piega, pero' a Philadelphia oltre a perdere le partite i tifosi stanno anche iniziando a perdere la pazienza. Tre anni senza playoff possono anche essere accettati pero' le ultime due stagioni con appena 37 vittorie su 164 gare farebbero storcere il naso a chiunque.

MERCATO

In entrata non è arrivato praticamente nessuno. Dopo la cessione nello scorso febbraio di Michael Carter-Williams ci si aspettava qualcosa nel mercato estivo. Invece sono arrivati Stauskas da Sacramento e Okafor da Duke College e poco altro. Il progetto è sempre orientato al futuro ma nel caso di qualche intoppo nel programma i Sixters rischierebbero di trovarsi ancora a lungo nei bassifondi della Eastern.

IL ROSTER

L'età media della squadra é molto bassa. Fatta eccezione per Carl Landry il resto del roster é formato da Under 25, a partire dal capitano Nerlens Noel, classe '94. Il centro ex Kentucky College ha avuto un ottimo impatto, soprattutto in fase difensiva, nella sua stagione da rookie in NBA. Si dividerà gli spazi con Okafor, terza scelta assoluta al draft e grande protagonista nella passata stagione con Duke, chiudendo con 17.3 punti e 8.5 rimbalzi di media. Se riuscirà a confermare le doti mostrate in NCAA potrebbe essere uno dei punti fermi di Philadelphia per il presente e per il futuro.
Grandi aspettive erano riposte su Joel Embiid ma il camerunense, dopo aver saltato tutta la passata stagione per un infortunio al piede, sarà assente anche in avvio di regular season e i suoi tempi di recupero sono incerti.

COACH E STILE DI GIOCO

Passare da campione NBA, seduto in panchina a San Antonio accanto a Gregg Popovich, a perdere 127 partite in due anni. E' il destino di Brett Brown, australiano, da due stagioni alla guida dei Sixers. Da Parker-Duncan-Ginobili alla squadra più giovane della Lega e una delle più giovani della storia NBA non é un salto semplice per nessuno. Se a questo si aggiunge la voglia di sconfitta della dirigenza a Brown non rimane altro che impostare un gioco d'attacco quantomeno nel tentativo di divertire il pubblico e di far divertire i suoi giocatori. Ritmo alto e tiri da tre non mancano, a mancare è il talento della squadra.

OBIETTIVI

Perdere il più possibile. E' inutile pensare ad altro per Philadelphia, l'idea è quella di arrivare il più in basso possibile per avere una scelta più alta al prossimo draft. Perdere e far crescere i talenti in rosa, come già successo con Carter-Williams nella scorsa stagione.A Philadelphia non è ancora tempo di sogni.