Sedici. Sedici sono le partite saltate da Kevin Durant nei suoi primi sette anni in NBA. Cinquantacinque. Cinquantacinque sono invece quelle saltate dallo stesso giocatore nella sola scorsa stagione. Nell'ordine: le prime diciassette per frattura di Jones al piede destro in preseason. Sei partite in dicembre per distorsione alla caviglia. Quattro a cavallo tra gennaio e febbraio per un'altra distorsione, stavolta all'alluce. E poi tutte quelle dopo il 19 febbraio (altre ventotto) per un riacutizzarsi del dolore al piede destro, che alla fine della fiera avrà subito ben tre operazioni. Per la prima volta negli ultimi cinque anni, i suoi Thunder non hanno centrato quell'ottavo posto che vuol dire Playoffs.

L'ex-Texas University è riuscito ad aggregarsi ai suoi compagni solo dal 29 settembre di quest'anno. Ma il calvario sembra essere finito. Durant è praticamente uscito dal tunnel, scendendo in campo - dopo otto mesi di lavoro e riabilitazione - mercoledì notte nel match inaugurale della preseason degli Oklahoma City Thunder, a Minneapolis contro i promettenti Timberwolves. 22 punti (5/8 dal campo) e 4 assist per KD35 nei suoi 22 minuti sul parquet. L'ala (per quanto sia riduttivo identificarlo in un solo ruolo) ha dimostrato massima sicurezza e fiducia nei suoi mezzi, persino nel piede fresco di riabilitazione. Triple, long jumpers e anche penetrazioni nel traffico per lui. “Mi sono sentito alla grande” - ha detto ai microfoni della stampa - “me l'aspettavo diverso. Ho dovuto rinunciare alla mia routine per un po': alle sessioni di tiro, al mio riposo ed alla preparazione per le partite. Quindi tutto questo è qualcosa di diverso da ciò che ho fatto negli ultimi tempi. Ma una volta sceso in campo mi sono sentito proprio come a casa”. Durant ha poi continuato parlando del suo infortunio, della riabilitazione, del suo gioco e del futuro: “mi sembra sia successo anni fa. Adesso sono qui, e provo a non pensare al passato. So di avere imparato tanto da quella situazione e sto solo cercando di andare avanti continuando a credere in me stesso. Non forzo nulla, aspetto che il gioco arrivi a me naturalmente e provo a giocare in maniera più semplice possibile.”

Elogi ed incoraggiamenti sono arrivati anche da compagni ed avversari: in particolare il coach Billy Donovan ha sottolineato come “la sua etica del lavoro e la sua presenza all'interno dello spogliatoio possono farci tornare in tra i primi nella Western Conference”. Ai complimenti si è accodato anche Russell Westbrook: “So come ci si sente a stare fuori per un lungo periodo, seduto, a guardare i tuoi compagni giocare senza poter fare nulla per aiutarli. Quindi vederlo scendere in campo stasera, provando a ritrovare il suo ritmo e i suoi movimenti, è stato bello.” Ma a parlare è stato anche uno dei suoi avversari, la tredicesima scelta dell'Nba Draft edizione 2014, il playmaker di Minnesota Zach LaVine (protagonista di uno spot televisivo con lo stesso Durant). “Tutte le volte che vedi una superstar del genere farsi male, vorresti sempre che tornasse in campo al più presto. Specialmente se hai uno spirito competitivo, vuoi sempre fronteggiarlo. Sono contento che sia tornato in salute.”