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Nba, parla Jerry West: "Ecco perchè abbiamo scelto Steve Kerr"

Membro del comitato esecutivo dei Golden State Warriors, Mr. Logo si racconta in un'intervista rilasciata a Espn. Dall'esonero di Mark Jackson alla scelta di Kerr, passando per la conferma del suo pupillo Klay Thompson, Jerry West è ancora sulla cresta dell'onda, e si gode il successo della "sua" franchigia.

Nba, parla Jerry West: "Ecco perchè abbiamo scelto Steve Kerr"
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Di Andrea Russo Spena

A settantasette anni, Mr. Logo continua a dispensare perle di saggezza cestistica. L'uomo che ha contribuito a mettere i Lakers sulla mappa, quando i Lakers erano appena sbarcati a Los Angeles, il dirigente che ha creduto per primo in Kobe Bryant indirizzandolo verso i gialloviola, l'icona per eccellenza del basket a stelle e strisce (tanto da essere "ufficiosamente" identificato con il giocatore stilizzato presente nel logo Nba), è ora membro del comitato esecutivo dei Golden State Warriors e consulente speciale per le principali attività cestistiche. Questo e molto altro è ed è stato Jerry West, l'anno scorso oppostosi all'ipotesi di trade estiva tra Klay Thompson e Kevin Love. West disse no, troppo elegante e pulito nei movimenti lo Splash Brother per lasciarselo scappare. E ora, a un anno di distanza da quella vicenda, e a pochi mesi dal titolo targato Steve Kerr, torna a parlare dei Warriors e del basket Nba, in un'intervista concessa a Ethan Sherwood Strauss per Espn. Ne riportiamo di seguito la traduzione.

D. Mr. West, cos'è successo con Mark Jackson?

R. Gli allenatori che hanno giocato in questa lega tendono generalmente a far giocare le loro squadre nel modo in cui giocavano loro, seguendo i sistemi di gioco dei loro coaches precedenti. Mark è stato un grande giocatore di pick and roll. Ma Steve (Kerr, ndr) ha giocato per due allenatori che hanno vinto più volte il titolo, e penso che il coach cui si ispiri sia Gregg Popovich. A Steve piace lo stile di gioco di Popovich, nonostante abbia avuto grande successo da giocatore anche a Chicago. Movimento di uomini e palla, tutte piccole cose che alle difese danno fastidio e ti permettono di fare canestro. Credo sia stata questa la sua filosofia offensiva.

D. In passato abbiamo sentito vari rumors che la volevano delusa dalla mancanza di movimento di palla a Golden State.

R. I rumors sono solo rumors. La realtà è che andavamo in difficoltà contro squadre che venivano a mandare continuativamente più uomini addosso a Curry e Thompson. Kerr invece è stato fantastico nel coinvolgere tutta la squadra con il suo entusiasmo.

D. Crede che l'approccio di Kerr dipenda anche dal tipo di giocatore che è stato? Un giocatore di ruolo, intendo.

R. Steve è un uomo molto brillante. Non penso che il suo modo di allenare abbia nulla a che vedere con il tipo di giocatore che era. Sapeva cosa volevamo quando l'abbiamo portato qui. E l'empatia che si è creata con Bob Myers (general manager dei Warriors, ndr) e Joe Lacob (il proprietario) è stata fondamentale nella decisione di assumerlo. Voleva più movimento di palla, più giocatori coinvolti, più passaggi e tocchi per ciascun atleta in campo. Ed è esattamente ciò che abbiamo visto.

D. Qual è il suo ruolo in questo momento?

R. Quando vedo cose che penso siano pertinenti con il sistema di gioco di Steve, soprattutto quando si tratta di migliorare la costruzione di questa squadra, do la mia opinione riguardo ai giocatori. Mi riferisco alla compatibilità tecnica dei giocatori che vogliamo portare qui con il nostro modo di giocare. Ovviamente preferisco giocatori versatili, e devo dire che qui ne abbiamo molti. Anche l'età media della squadra è quasi perfetta. Come migliorare? Trovando giocatori che si inseriscano senza troppi problemi nel nostro sistema. Si può coprire buona parte del campo con giocatori grossi, ma con un gruppo di atleti più piccoli che cambiano in continuazione si può ottenere lo stesso risultato.

D. Cosa è cambiato nella pallacanestro attuale rispetto ai tempi in cui lei era giocatore?

R. Il tiro da tre punti ha completamente cambiato il gioco. Tutta la lega è cambiata con il tiro da tre. Un tempo ci chiedevano di giocare solo contro il nostro uomo, ed eri responasabile solo del tuo. Ora si è diffuso molto di più il concetto di difesa di squadra, ed è questa la differenza maggiore. Ogni squadra gioca alla sua maniera, ma nel contempo tutte le squadre si assomigliano. Alcune squadre cercano di trovare un tiro presto nell'azione, molti allenatori lo fanno, specie se manca loro il talento individuale. Si gioca a chi tira di più. Anche Steve concede ai suoi tiratori da tre un numero di tiri che ai miei tempi nessuno avrebbe mai immaginato di poter prendere.

D. Ci sono alcune somiglianze tra lei e Klay Thompson?

R. Klay è un tiratore molto efficace, ma deve attaccare di più e ottenere più tiri liberi. E' una delle cose che gli dico sempre, come di muovere sempre meglio i piedi, in modo da non rimanere solo in un unico posto. Se non hai un buon gioco di piedi, non andrai da nessuna parte. Deve migliorare anche nel concludere nel traffico, nel mettere il corpo in modo tale da non poter essere stoppato, deve imparare a farsi fare fallo. Ha molto da lavorare, e lui lo sa. E' un ragazzo molto diligente.

D. E' rimasto sorpreso dalla sua esplosione lo scorso anno? So che lei ha dato parere negativo a una sua cessione nell'estate del 2014.

R. Sorpreso? Assolutamente no. Anzi, sono certo che diventerà un giocatore ancora più forte di quello che è adesso.

D. Immaginava che con un maggior movimento di palla anche Thompson ne avrebbe beneficiato?

R. Nessuno poteva saperlo. Ciascuno impara con l'esperienza, giocando contro gente diversa. Si impara quando si cominciano a catalogare gli avversari nella propria testa, quando ti giocano contro e devi fare del tuo meglio per superarli. Klay si innervosiva troppo durante le partite, quando perdeva la palla o faceva altre sciocchezze, perchè sapeva che stava facendo la cosa sbagliata. Ed è questo il motivo per cui è migliorato, perchè pensa mentre gioca, e lo fa a un livello leggermente superiore rispetto agli altri.

D. Sembra felice. Si sta godendo il momento?

R. Vincere mi diverte, ma soprattutto mi piace godermi le persone che mi sono accanto. Qui ci sono persone fantastiche, e so che ci rimarranno per tanto tempo. Ad esempio Bob Myers. Con lui c'è stato un cambiamento incredibile, ora questo è un gran bel posto dove lavorare. Ma tutti nel frontoffice hanno fatto qualcosa di fantastico, hanno scelto il meglio del meglio. E tutto ciò ha prodotto risultati. In precedenza abbiamo parlato di rumors, di quella storia relativa a Mark Jackson. Bene, Mark è un amico, lo avrei voluto qui per molto tempo, ok? Ma crescerà come allenatore dopo essere stato qui. Avrà un'altra opportunità da qualche altra parte e probabilmente diventerà un allenatore migliore.

D. Dopo l'esperienza a Memphis pensava che la sua carriera nel basket sarebbe finita? Eppure è ancora qui, tra gli artefici di un grande successo.

R. Quando ho incontrato Joe (Lacob, il proprietario dei Warriors), lui mi ha fatto capire che era interessato ad avermi qui. Gli ho detto che certe cose sono fondamentali per me, che non volevo essere la voce o l'immagine della franchigia. Ne ho viste tante nella mia vita, e per fortuna buona parte di esse sono state vittorie. Ma ho vissuto anche momenti difficili che mi hanno provato, e solo allora ti rendi conto di ciò che hai fatto davvero. Lo ammetto, sono ultracompetitivo, lo sarà finchè qualcuno non mi butterà in una tomba. Ed è ciò che mi fa andare avanti. Io e Joe abbiamo parlato a lungo, e ho capito che mi voleva veramente, che voleva la mia opinione all'interno della franchigia. D'altra parte l'unica cosa che mi interessa è vincere. Se c'è qualcuno che non la pensa così, non mi interessa averlo accanto a me.