Mentre un trentacinquenne passa il periodo più buio della sua vita (a proposito, Lamar Odom sembra dare qualche piccolo segnale di speranza), un altro si prepara ad affrontare una delle sue più importanti avventure. Parliamo di David West, che nella scorsa estate ha preso una decisione controcorrente rispetto ai tempi che attuali, che lo ricopre di onori: non ha esercitato una player-option da dodici milioni di dollari con gli Indiana Pacers, si è rimesso in gioco ed ha firmato un contratto annuale al minimo salariale (1.47 milioni per i veterani) con i San Antonio Spurs, per provare a portare a casa il primo anello della sua carriera.

Alla sua tredicesima stagione NBA e dopo aver guadagnato una cifra vicina agli 87 milioni solo sommando i suoi salari, West ha semplicemente deciso di agire basandosi sulla passione e non sul dio denaro. “Arrivato alla fine della carriera, il punto fondamentale è avere possibilità di scelta e riuscire a prendere una decisione basata su qualsiasi cosa tranne che sulla sete di denaro e sul voler strappare fino all’ultimo centesimo dall’NBA. Sono passato oltre certe cose in questo momento della mia vita personale e professionale”. West, che ha avuto due figli con la moglie Lesley, è annoverato da molti addetti ai lavori come uno dei giocatori più caritatevoli dell’intero panorama NBA attuale.

“Vedo di continuo ragazzi prendere decisioni basate sui soldi, specialmente verso la fine, cercando di sopravvivere nella lega e di coprire gli errori fatti in precedenza. Io non sono in quella situazione”.
In questa bella intervista a USATODAY, l’ex Pacers ha poi parlato di come abbia sempre gestito oculatamente i suoi soldi, evitando le trappole che la vita da professionista può offrire, e di come questo l’abbia agevolato permettendogli di scegliere la sistemazione a lui più congeniale.

“Per tutta la mia carriera ho usato molta strategia riguardo cosa fare con i miei soldi e come investirli. Il futuro è davvero luminoso, così quando sono arrivato a questa decisione mi sono detto ‘beh, a questo punto non è questione di soldi. E’ questione di trovare un buon ambiente cestistico dove poter crescere ancora e competere per i primissimi posti.' Questi ragazzi [gli Spurs, ndr] sono lì ogni anno. La loro organizzazione è un richiamo leggendario, basta vedere come le persone ne parlano. Sono stato un fan di questa squadra per tutta la vita, e avere un’opportunità di imparare da Duncan, Manu e Tony, oltre ovviamente a tutta la conoscenza di Coach Popovich, mi ha fatto capire che questo era un buon ambiente, il miglior ambiente per me”.

Nelle rotazioni, idealmente West può ancora portare minuti e punti come “settimo uomo” uscendo dalla panchina subito dietro Ginobili. I suoi numeri dello scorso anno (11.7 punti, 6.8 rimbalzi, 3.4 assist) gli avrebbero probabilmente fornito un ruolo da simil-titolare in una franchigia della seconda metà delle Conference, ma vale assolutamente la pena sacrificare minuti di gioco per ottenere la possibilità di competere per il titolo. Il prodotto di Xavier University ha poi concluso la sua intervista ricordando un punto cruciale della sua carriera in cui furono coinvolti gli Spurs (le semifinali di Conference 2008, in maglia Hornets), ed il suo ultimo periodo ad Indianapolis.

“Qui ho trovato subito il mio ritmo, il modo giusto di fare le cose. Come ho già detto, quando con New Orleans li ho affrontati ho visto com’erano organizzati e cosa potevano dare, e volevo essere parte di questo.  Ad Indiana siamo riusciti a darci una chance di vittoria per quattro anni, eravamo sempre lì. Ma l’ambiente stava cambiando e guardando a me stesso ho capito che ho più giorni alle spalle che davanti, nella lega. Quindi, per quanto io sia stato bene lì, dovevo dare una svolta".