Otto vittorie in nove partite. Questo il record nella prima porzione di stagione dei Cleveland Cavaliers, finalisti lo scorso giugno, di LeBron James. Nella NBA di oggi, dove spopolano i Golden State Warriors di Stephen Curry, autori di record su record, passa alquanto inosservato l'altrettanto clamoroso inizio di stagione del 'King'. Attorno al 23, è risaputo, il clamore è sempre eccessivo, sia quando si esalta e fa esaltare, sia quando le prestazioni non sono all'altezza delle numerosissime aspettative (sempre più rare). L'ago nel pagliaio, quando si parla di questo marziano del parquet, lo si trova spesso nelle scarse prestazioni del 'Chosen One' nei quarti periodi delle sfide, soprattutto quando le partite vengono decise negli ultimi e decisivi possessi.

Ma per quale motivo i Cleveland Cavaliers stanno andando così bene? E' tutto oro quel che luccica?

L'inizio di stagione di Blatt e soci è assolutamente positivo (8-1 il record), e fa da contraltare soprattutto al travagliato inizio di pre-stagione, fatto da più delusioni e sconfitte che altro (ve ne accennammo in questo pezzo). Tutto tranquillo in Ohio, con James e Love che si erano presi un periodo di pausa prima di iniziare a martellare in Regular Season. Detto, fatto. Dopo essere inciampati a Chicago, allo United Center, nonostante una buona prestazione, Cleveland ha innestato le marce alte, portando a casa le restanti otto gare, con la seconda striscia vincente migliore della Lega.

Dietro agli ottimi risultati dei Cavs inevitabile trovare il solito sospetto come motivo principale, ma ciò che impressiona ancor di più è che, nonostante si sapesse che Blatt avrebbe gestito il logorio fisico di James in maniera differente, LeBron sta giocando una stagione migliore rispetto a quanto ci si aspettasse, in crescita esponenziale nelle cifre rispetto alla precedente stagione. Memphis, Miami, Philadelphia, New York, di nuovo Philadelphia, Indiana, Utah ed ancora i Knicks, stanotte, si sono inchinati al 'nuovo James', che gioca meno ma che, numeri alla mano, fa ancor più male.

Nel raffronto statistico delle prime nove gare della stagione precedente con quella attuale si nota, in primis, il migliore utilizzo che il coach ex Maccabi riesce ad avere della sua superstar, preservandolo per gli ultimi periodi e concentrando la sua azione nell'arco di 35 minuti su 48, rispetto ai 39 di presenza della passata stagione. Quattro minuti di impiego che, sebbene siamo soltanto al primo decimo della stagione, sono fondamentali per conservare al meglio l'integrità fisica e soprattuto mentale di James. Il resto lo fanno ovviamente le sue immense doti tecniche e di lettura del gioco, che rimangono, al netto dell'impiego in campo, più uniche che rare: LeBron ha segnato 11 punti in meno rispetto alla passata stagione (244 contro 233), parzialmente spiegati dalla scarsa presenza di Kevin Love e Kyrie Irving in quintetto nell'attacco dei Cavs della passata stagione. Rimbalzi ed assist sono rimasti pressoché identici (60 e 59 lo scorso anno, 56-59 in questa stagione), mentre ciò che impressiona è la percentuale di tiro, salita di ben 3 punti percentuali (47 - 50.5, con 85/175 e 92/181) e del numero di palle perse e recuperate (10 recuperi nel 2014, il doppio quest'anno; 35 le palle perse a fronte delle 26 di quest'anno). Il tutto, senza l'apporto dei tiri liberi, che sta tirando con pessime percentuali (62%).

Cifre che si spiegano, parzialmente, con la cattiva alchimia dei primi Cleveland Cavaliers targati David Blatt, che ad inizio della scorsa annata faticavano a trovare fiducia e ritmo e che solo con gli innesti in corso d'opera sono riusciti ad ovviare a tali mancanze. James, in quel contesto, cercava di ergersi a protagonista per mettere a tacere eventuali critiche, fidandosi sempre meno del contorno che aveva in squadra. Quest'anno, invece, si sente molto più protetto dalla presenza di un Love finalmente in palla e di un supporting cast di assoluto livello, con Williams che lo aiuta, nei momenti decisivi del match, in attesa del rientro di Irving.

Non solo. Il minore impiego in campo di LeBron durante la gara, gli permette di essere molto più fresco nei finali di gara, suo apparente tallone d'achille in carriera. Le ultime due gare, arrivano in tal senso a confermare questa tesi, con i Cavs in nettissima difficoltà sia contro Utah, tra le mura amiche, che al Madison Square Garden di New York. In entrambe le gare, con i suoi sotto nel punteggio, James ha trascinato la squadra alla vittoria: 17 i punti nell'ultimo periodo contro i Jazz, 12 dei 24 degli ospiti ieri notte contro i Knicks.

Insomma, LeBron è tornato più arrabbiato che mai, con meno minuti nelle gambe e con statistiche che sembrano lanciare i Cavaliers anche nel futuro prossimo. Con il chiarissimo intento di opporre una maggiore resistenza al dominio, apparentemente indisturbato, dei Golden State Warriors di Curry: noi, nel frattempo, ci sediamo ad osservare lo spettacolo, in attesa di una nuova serie finale!

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