Erano gli anni Ottanta, quando nel Massachussetts si stabilirono tre soggetti leggendari. Il primo era biondo e alternava la faccia liscia con dei baffetti alla moda. Il secondo aveva i capelli neri e il suo fisico brevilineo faceva impazzire tutte le difese d'America. Il terzo rappresentava gli standard degli americani dall'aspetto "afro" che stavano spopolando in NBA. Si chiamavano Larry Bird, Kevin McHale (che, a proposito, per ora non se la passa tanto bene) e Robert Parish. Il loro clan esclusivo fu ribattezzato con un nome, poi diventato immortale, esattamente come loro: The Big Three. Una ventina di anni dopo, Boston ha ospitato un altro terzetto davvero niente male. Kevin Garnett - questo nome tornerà a breve nella nostra storia - e Ray Allen erano già degli idoli al Boston Center, ma avrebbero trovato il loro pazzo "terzo uomo" in un playmaker che sembrava venuto dal passato, per movenze e stile di gioco. Si chiama Rajon Rondo, e nel 2008 fu la rivelazione dei Celtics che andarono a vincere il titolo contro i Lakers di Kobe Bryant, ovvero "l'uomo che visse da solo sull'isola".

Ora che siamo nel 2015, siamo ancora alla ricerca di un altro esempio lampante di Big Three. LeBron James, Chris Bosh e Dwyane Wade ci provarono tra le fila dei Miami Heat, ma riuscirono a conquistare appena un paio di anelli. Sicuramente non un brutto palmares per la franchigia della Florida, ma certamente meno rispetto ai "not one, not two, not three" e via dicendo, promessi dal fenomeno di Akron nel giorno in cui annunciò la sua decisione di lasciare la sua Cleveland per sposare la causa di coach Erick Spoelstra. Ma ora, sembra che il mondo a spicchi abbia finalmente accolto un terzetto in grado di prendersi la NBA, oggi e soprattutto domani. 

Uno è un piccoletto giunto dalla Spagna, più precisamente dalla località catalana di El Masnou. Si chiama Ricky Rubio e si è presentato alla platea statunitense come "El Mago", prima di prendersi, a suon di passaggi fuori da ogni logica e giocate degne di un fuoriclasse, il soprannome di "Spanish Pistol Pete", scomodando nientemeno che un fenomeno come Pete Maravich. Il secondo personaggio che ha finalmente trovato un autore si chiama Andrew Christian Wiggins, è un esterno nativo di Thornhill, in Canada, e dopo una stagione da debuttante che lo ha consacrato come Rookie of the Year sta già dimostrando di essere un giocatore maturo e pronto per portarsi una squadra intera sulle sue spalle. Il terzo e ultimo protagonista del nostro racconto si chiama Karl-Anthony Towns, ha compiuto vent'anni domenica scorsa ma ha una testa e soprattutto un controllo del corpo da veterano, a dispetto di 211 centimetri e 113 da governare sotto tutti i canestri d'America. Insieme, stanno facendo innamorare i tifosi dei Minnesota Timberwolves e li stanno facendo sognare in grande, in vista di una stagione tutta da vivere.

A fare da padre putativo, da chioccia o in qualsiasi altro modo volete chiamarlo, è un personaggio già menzionato in questa storia. Kevin Garnett è tornato a Minneapolis un anno fa per riavvicinarsi a casa, e soprattutto ai suoi vecchi tifosi, quelli che lo salutarono quasi con fare luttuoso quando stava per intraprendere l'avventura in quel di Boston. The Big Ticket sta coccolando questi tre talenti cristallini, e sta lavorando con loro per far sì che possano costruirsi un'immagine vincente e soprattutto una stabilità mentale che gli consenta di superare i momenti negativi, che non possono non arrivare per una squadra talentuosa ma ancora molto giovane e inesperta come i T'Wolves. Proprio così, quella gioventù che ora potrebbe risultare un deterrente per Minnesota, ma che a tratti può diventare un'arma letale qualora dovesse essere raggiunto l'obiettivo dei playoff.