Doveva accadere, prima o poi. Anche perché era fisiologico che accadesse, nella Nba del 2000 e dei tanti (troppi?) impegni ravvicinati. La notte del Palace of Auburn Hills ha sancito in maniera inequivocabile che i Golden State Warriors sono al primo vero bivio della stagione, uno di quelli in cui si forma e si conferma la durezza mentale di una squadra. Visto che, dal punto di vista fisico, è evidente come siano emerse le prime (prevedibili) difficoltà con i Detroit Pistons abili come pochi a metterle a nudo.  

Ma come, direte voi? Possibile che anche una squadra che parte 37-4 sia suscettibile di critica? Si, soprattutto se si prendono a riferimento i 48 minuti di 'Motown'. Dimenticatevi l'episodicità delle sconfitte contro Bucks e Mavs. I campioni in carica sembrano aver perso quell'aura di invincibilità che li contraddistingueva ovunque andassero e che li voleva candidati ad abbattere il 72-10 dei Bulls 1995/1996. Ora l'importante è non esagerare nel senso opposto, perché la brillantezza va e viene, soprattutto nell'arco di una stagione da quasi 100 partite. Però è indubbio che, al momento, nella Baia qualche gatta da pelare ci sia. E non di poco conto.

L'aspetto che maggiormente dovrebbe far riflettere è quello della velocità d'esecuzione. Contro i Pistons, che hanno certamente disputato un'ottima partita difensiva (il 36.2% dal campo cui hanno costretto gli avversari è il minimo stagionale dei Warriors, così come i 18 assist di squadra), la prima cosa a non funzionare è stato proprio il ritmo: Curry & co. sono abituati ad esercitare la propria supremazia imponendo una velocità d'azione almeno due volte superiore a quella canonica. Quando ciò non accade sembra quasi di vederli camminare per il campo, con la cronica difficoltà sotto i tabelloni che il Drummond (il quale ha raggiunto la doppia doppia quasi senza accorgersene) di turno non manca di sottolineare con stanca regolarità. E non sono serviti nemmeno lo schierare la line-up titolare (Curry-Thompson-Barnes-Bogut-Green) o i 38 (7/15 da tre e con un paio di bombe vanificate dai falli in attacco di Barbosa ed Ezeli) dell'MVP che continua a mantenere degli standard ben al di sopra dell'eccellenza: se non supportata da una dimensione atletica adeguata Golden State è una squadra normale. E, quindi, battibile. Soprattutto se, poi, Reggie Jackson e Caldwell-Pope ventelleggiano a piacimento senza che vengano adottate le giuste contromisure nell'ambito della difesa perimetrale: pur avendo tirato con il 34.8% da tre, infatti, Detroit ha fatto danni soprattutto sui long-two come dimostra il 46.5% complessivo al tiro.

"Forse abbiamo bisogno di questo, forse è necessario anche per noi cadere in questo modo. Ci aiuta a comprendere che ogni sera tutti intendono giocare al meglio contro di noi". Parole di Klay Thompson che fotografano alla perfezione il contesto attuale. In molti, a cavallo tra terzo e quarto periodo dell'ultima gara, si aspettavano la consueta grandinata dei figli della Baia che ristabilisse i giusti valori in campo, pur con i Pistons avanti in doppia cifra: è arrivato, invece, un 9-0 di parziale che ha chiuso i conti prima del previsto.

E il linguaggio del corpo era il chiaro sintomo di una stanchezza mentale, così come non ha mancato di sottolineare in seguito anche Luke Walton: "In questa lega se non sei pronto a combattere sempre, finisci al tappeto. Non eravamo concentrati sui nostri obiettivi, sui nostri schemi, sul nostro modo di giocare, sul piano partita che avevamo preparato". Con le difficoltà di Green (il vero 'termometro' della squadra: per lui appena 5 punti, altrettanti rimbalzi e 9 assist in 36 minuti) e del rientrante Barnes e il 3/17 al tiro del trio Barbosa-Iguodala-Livingston come logiche conseguenze di un periodo assolutamente negativo.

Dal quale si esce, come al solito, lavorando duramente e cercando di riportare la (giusta) tensione ai livelli abituali. Peccato che il tempo sia sempre troppo poco: stanotte si va a Cleveland, a casa di Lebron James. Uno che non è famoso per la pietas verso gli avversari in difficoltà. Eppure è proprio in questi momenti e in queste partite che si vedono le grandi squadre. E i Golden State Warriors lo sono. Anche al netto di due sconfitte nelle ultime tre gare.