Dopo una gara uno dominata dai San Antonio Spurs, gli Oklahoma City Thunder di Billy Donovan sono riusciti nell'impresa di pareggiare la serie, andando a vincere all'AT&T Center (dove in stagione era passata solo Golden State) in un finale concitato e caratterizzato anche dal fallo in attacco (non fischiato) sulla rimessa di Waiters su Ginobili. Come sottolineato dallo stesso giocatore argentino e da Gregg Popovich, sarebbe però riduttivo concentrarsi solo sugli ultimi secondi di gara 2, quando invece la sfida ha offerto vari motivi di interesse nei restanti 47 minuti.

Il primo aggiustamento portato da Donovan per il secondo episodio della serie ha riguardato la difesa sul pick and roll che coinvolgeva LaMarcus Aldridge. Nella partita d'esordio Tony Parker aveva servito ben dodici assist ai compagni, di cui una buona metà all'ex giocatore di Portland, chirurgico nel tiro dalla media distanza, su cui Ibaka non era mai uscito a contestarlo. In gara due si è vista una diversa aggressività su questa situazione di gioco, con i lunghi dei Thunder molto più attenti a non concedere spazio al roll - spesso pop, largo più che lungo - di Aldridge. Ecco perchè San Antonio ha cercato poi il suo numero dodici quasi esclusivamente in isolamento, ricavandone peraltro grandissimi risultati, se è vero che Aldridge ha messo a referto la bellezza di 41 punti, con in mezzo una tripla nel finale (assist da favola di Parker) e tre tiri liberi per fallo di Ibaka su azione di tiro dall'arco. Proprio il congolese di passaporto spagnolo ha faticato a contenere LMA in single coverage, ma di ciò non si è preoccupato Donovan, che finora non ha mandato raddoppi nella marcatura di Aldridge. Ibaka si è riscattato dall'altra parte del campo, dove ha usufruito dello spazio concessogli dagli Spurs per piazzare due triple importanti per il risultato finale. La partita è però iniziata soprattutto con palle perse ed errori banali dei neroargento, che hanno alimentato il contropiede e soprattutto hanno acceso Russell Westbrook, in gara uno disastroso a difesa schierata. Sul numero zero di Oklahoma City si è visto in prima battuta Kawhi Leonard, mentre su Kevin Durant è stato dirottato un po' a sorpresa Danny Green, come peraltro già ampiamente accaduto in gara uno.

San Antonio ha sofferto tantissimo la fisicità degli avversari, dominanti a rimbalzo con Ibaka e Adams, con il neozelandese che nel primo tempo ha fatto ammattire anche un maestro come Tim Duncan. Quando Donovan ha cavalcato per un breve periodo nel secondo quarto il doppio centro Adams-Kanter, Popovich ha replicato inserendo Boban Marjanovic: ed è proprio il timore di andare sotto con i lunghi che ha costretto Boris Diaw a guardare per il momento il grosso della serie dalla panchina, con David West più avanti nelle rotazioni dello staff tecnico degli Spurs. Kevin Durant ha fatto il Kevin Durant, soprattutto nel quarto quarto, quando senza il compagno Westbrook i Thunder rischiavano rimonta e sorpasso, ma il giocatore chiave per OKC resta il playmaker da UCLA: in altri termini, il contributo di Durant è (quasi) sempre il medesimo (quantomeno per punti segnati), mentre quello di Westbrook è variabile, e da quest'ultimo dipendono le fortune di Donovan. Proprio su Westbrook si è visto in marcatura Kawhi Leonard, impressionante nel primo atto della serie, un po' meno nel secondo, ma pur sempre uomo chiave per i texani, che ormai lo considerano come una delle prime due opzioni offensive della squadra.

Con Danny Green finora splendido in difesa e relativamente preciso al tiro da tre, è stato Manu Ginobili l'unico degli esterni Spurs ad attaccare con continuità. Parker lo ha fatto solo in rare occasioni nel finale di gara 2, mentre Patty Mills non è quel tipo di giocatore. La sensazione è che nel profondissimo roster degli Spurs - fantastico il lavoro di R.C. Buford, favorito per il premio di executive dell'anno - manchi in questa stagione un altro trattatore di palla, con Kevin Martin che era e rimane una guardia tiratrice e Andre Miller troppo chilometrato per questi livelli, mentre Kyle Anderson ha al momento mostrato una dimensione interna del gioco più spiccata di quella esterna.