I mondiali del 1934 in Italia e del 1938 in Francia teoricamente non potrebbero non essere raccontati insieme, nelle stesso righe dello stesso articolo. Ma un'eccezione la dobbiamo fare. La squadra protagonista è la stessa per entrambi le edizioni, e il mago in panchina che la conduce a uno storico bis iridato consecutivo pure. L'Italia vince quelle due edizioni dei mondiali dimostrando di essere la più forte, soprattutto nel '38, confermandosi campione del mondo dopo aver trionfato nella rassegna casalinga di quattro anni prima, e dobbiamo ammetterlo, con pesanti favori arbitrali. E' la nazionale del blocco juventino, quello del quinquennio d'oro '30-'35. E' una nazionale italiana un po' argentina, se vogliamo, visti i tanti oriundi naturalizzati, da Luis Monti, vicecampione del mondo in Uruguay quattro anni prima con l'Albiceleste, a Enriquez Guaita, fino a Raimundo Orsi. Ma è soprattutto la nazionale di Vittorio Pozzo, il tecnico più longevo sulla panchina azzurra, commissario tecnico per 19 anni fino al 1948.

I mondiali di casa rappresentavano un'occasione unica per poter vincere il primo mondiale per l'Italia, ma soprattutto un'occasione ghiotta, per il regime fascista, di fare propaganda e ottenere il consenso con l'organizzazione di un grande evento, sponsorizzando lo sport e il calcio italiano. La forma della competizione è un po' diversa da quella di quattro prima in Uruguay, dove le squadre erano tredici. Per i mondiali italiani le squadre sono sedici, il numero perfetto per un tabellone con soli scontri diretti. L'Italia, nonostante la buona squadra allestita, non parte fra le favorite. In prima battuta ci sono le fortissime Austria e Cecoslovacchia, con Spagna e Germania a seguire. La prima partita degli azzurri si gioca a Roma, nello stadio intitolato al Partito Nazionale Fascista, contro gli Stati Uniti. L'Italia dilaga per 7-1, in un partita totalmente a senso unico. Ai quarti di finale, a Firenze, c'è da superare l'ostica Spagna, che in porta schiera una leggenda, Ricardo Zamora. La Spagna va in vantaggio nel primo tempo con Regueiro, mentre l'Italia gioca un calcio molto più duro, con Monti in prima linea, graziato più volte dall'arbitro belga Baert. Il pareggio comunque meritato dell'Italia porta la firma di Ferrari, che sfrutta un fallo di Schiavio su Zamora. La partita finisce in parità, e non essendo previsti supplementari per la fase eliminatoria, il match si deve rigiocare il giorno dopo. Ma qui avviene il giallo.

Zamora non gioca, il motivo ufficiale è per infortunio, ma in realtà, probabilmente, è per tutelarsi dal gioco duro degli azzurri, oltre a pretendere di far ritirare la nazionale spagnola dopo quell'arbitraggio. La Spagna scende in campo, ma senza Zamora è tutta un'altra cosa, infatti l'Italia passa grazie a una rete di Meazza, il simbolo della nazionale in quel mondiale. Dagli altri schieramenti l'accoppiamento in semifinale è con l'Austria, che si è sbarazzata di Francia e Ungheria, mentre dall'altra parte del tabellone una semifinale bella e intensa è quella fra Cecoslovacchia e Germania. I cechi battoni i tedeschi 3-1, mentre l'Italia batte 1-0 l'Austria con una rete contestata di Guaita.

La finale a Roma è un inedito fino a quel momento, Italia-Cecoslovacchia La partita rimane in equilibrio per quasi tutto il match, ma a un quarto d'ora dalla fine Puc segna l'1-0 per i cechi. A sei minuti dalla fine Orsi pareggia, e nei tempi supplementari, questa volta si previsti per la finale, l'Italia segna il gol del primo storico trionfo mondiale: Meazza pesca sulla fascia Guaita, cross al centro dell'italo-argentino e gol di Schiavio, il 2-1 che condanna definitivamente la Cecoslovacchia. Alla fine, le 20mila lire a testa di premio per ogni giocatore di quella nazionale sono sì un buon bottino per l'epoca, ma non ripagano una vittoria nella Coppa Rimet.