Scolari è un conservatore, l'abbiamo sempre detto. Ha immaginato la riforma ma non l'ha mai voluta davvero. In campo ha mandato gli undici di sempre. E' quindi anche un coraggioso, Felipao, perché sapeva che i tre punti sarebbero stati uno scudo per difendersi dalle critiche. Quelle critiche che sono state mosse in questi giorni, quelle polemiche sul rigore alla prima giornata, quei dubbi sulla formazione, gli sfottò pesanti. Felipao ha lasciato parlare, ha aspettato ed ha ottenuto. 

L'imperativo era vincere. Il Brasile non se l'è fatto ripetere due volte. Travolto il Camerun con quattro gol e trovato l'equilibrio dopo un primo tempo che definire disastroso è andarci leggeri. Il Brasile, però, non gioca bene. Nei primi minuti di gara si illumina con Neymar, solito protagonista della festa: due o tre tiri pericolosi, quindici minuti necessari e sufficienti per segnare il gol del vantaggio (destro che fulmina il portiere di prima intenzione) e qualche bella giocata per dare spettacolo. 1-0. Ma se Brasile è solo Neymar, il Camerun è Matip: dieci minuti dopo, verso il 26°, prima traversa e poi gol, il camerunense deve solo appoggiare la palla in rete su assist di Nyom. Ancora anestetizzato, il Brasile, osserva il Camerun approfittarsi di una difesa avversaria scomposta e guardagnarsi un angolo. Ma è proprio quando gli ospiti acquistano sicurezza che Neymar si riprende la scena: doppietta personale e lo stadio esplode, echeggiano cori come "Neymar, Neymar!". Anche la Capitale ai piedi di O'Ney.

Il secondo tempo è un'altra partita. E' quella che Scolari aveva organizzato, pensato e atteso, quella che il Paese desiderava. Il Camerun scompare, il Brasile non è più fatto solo di giocate individuali di Neymar ma da una vera squadra, unita, compatta. Felipao inserisce Fernandinho che fa il suo esordio in questo Mondiale. E poi la svolta. A quattro minuti dall'inizio della ripresa si sblocca Fred, su assist di Fernandinho, gol del 3-1 e sfiorato più tardi il 4-1: test superato per l'attaccante della Flu, la maglia da titolare rimane sua. Tocchi veloci nello stretto tra Oscar e Fernandinho, e poco importa se uno è del Chelsea e l'altro di Manchester, sponda City; tocchi di classe, eleganza, tecnica, quasi neanche loro due si accorgono di arrivare in porta: è 4-1, è Fernandinho. Felipao tira un sospiro di sollievo: non c'è tempo di pensare ai festeggiamenti, agli ottavi ci sono Vidal e Sanchez che aspettano.