Parigi, nella testa e nel cuore. L'Italia incassa il K.O di Bruxelles - 3-1 Belgio dopo l'iniziale vantaggio azzurro - e prende appunti utili in vista del prossimo Europeo, ma a tener banco è il caos transalpino, la follia del terrorismo che tocca le vive corde di una nazione, sfiora lo sport, passione e divertimento. Parte da qui l'analisi di Graziano Pellè, simbolo della Nazionale di Conte. Paura e coraggio, riconoscere il pericolo senza chinare il capo. 

"Stiamo vivendo questo periodo come il mondo. C'è tanta tristezza e rabbia. E' un momento delicato. Ci saranno delle parti chiamate in causa per lavorare. Per l'Europeo, la preoccupazione c'è, ma non solo nel calcio. Comunque risolverei problemi con razionalità, senza agire con ignoranza. Tutto ciò che può accadere non riguarda solo lo stadio; può succedere anche a un ristorante o per strada, ma non è che non si possono fare più partite o non passeggiare. Bisogna avere fiducia. Non arrendersi. Ad esempio martedì prossimo, Inghilterra-Francia, se è fatta in sicurezza, è giusto che si giochi. Non farla significherebbe dargliela vinta. Io vivo in Inghilterra e ho vissuto in Olanda, e ho sempre apprezzato di unire diverse idee, diverse religioni e stili di vita. Questi fatti accaduti sono da estremisti. Prima di giudicare bisogna non agire da ignorante come potrei essere io e ragionare con razionalità, però bisogna agire".

Emigrante di successo. Chiusa l'esperienza ducale, avventura in Eredivisie, con il Feyenoord, prima dell'approdo al Southampton, nella ricca Premier. Pellè segna e attira le sirene delle grandi del Vecchio Continente. In stagione, 12 uscite e 6 reti nel massimo campionato inglese, quattro, invece, i centri in azzurro. Fatica e sudore, per cancellare un'etichetta, sconfiggere il pregiudizio italiano. 

"Non mi piace dire che all'estero sono più bravi di noi a scovare giocatori. Anche prima di sfondare pensavo di essere bravo. Ho avuto la fortuna di prenderla un po' larga, ma se mi fossi chiamato Pellinho non so come sarebbe stata la mia carriera. Anche da parte dei giornalisti, ci dovrebbe essere uno spirito più vicino all'Italia. Su questo dobbiamo migliorare. L'ingese lo parlo bene, l'olandese pure. Mi riesce difficile immaginare critiche a Gerrard come noi facciamo con Pirlo".

Una promessa ad Eder, prima dell'amichevole in programma con la Romania. Pellè tende la mano al partner d'attacco e chiude il caso Insigne-Berardi. I due, puniti dal Ct per scelte non "da nazionale", osservano da fuori il gruppo. 

Non si accontenta Graziano, non basta il lavoro sporco per fare il "mestiere" del centravanti, serve soprattutto finalizzare. Pellè è, nell'era Conte, l'attaccante perfetto, utile per "sollevare" la squadra e puntuale nel concretizzare l'opera dei compagni. Umiltà e disponibilità, doti che il tecnico non trascura. 

Giusto non accontentarsi, perché il carro per l'Europeo passa tra diversi mesi e in tanti sgomitano per conquistare la fiducia di Conte. Pellè non intende svestire i panni del "9". 

L'Italia parte alla pari con le migliori squadre in circolazione, questo il credo del ragazzo di Lecce. Si riparte dai 45 minuti d'avvio con il Belgio, con gli azzurri in grado di imbrigliare l'undici di Wilmots e di spaventare l'orchestra di casa. 

 "Il regalo a Eder glielo faccio martedì: un bell'assist. Prima me lo fa lui e poi lo faccio io. Io punto fermo? Proverò sempre a fare il massimo per esserlo, bisogna dimostrarlo in ogni partita. Farò del mio meglio. Da un attaccante ci si aspetta tanto: fare gioco di squadra e fare gol. Contro il Belgio, ad esempio, la patita può essere esaminata da vari punti di vista, poteva essere anche più netto il risultato, ma abbiamo fatto buone cose e possiamo migliorare. Il Belgio è una grande squadra, ma nella fase finale non ci saranno squadre facili da battere. Non siamo da meno. Se avessi fatto gol subito sulla palla di Candreva, il giudizio su di me cambiava. Ora si dice: "Pellè lavora per la squadra spalle alla porta, deve fare di più". Io invece voglio fare sempre gol e mi sacrifico. Lo faccio al Southampton, così come in Nazionale. Devo essere ancora più pericoloso. Con due occasioni a partita un gol lo faccio, so di essere pericoloso, ma devo parlare con i fatti. Italia finora sconfitta contro squadre vere? Io sono orgoglioso come la maggior parte degli italiani. Fino al 95' non direi mai che una squadra è più forte di noi. Il Belgio ha vinto, ma è stata una gara decisa da episodi, così come col Portogallo. Ma sono fiducioso. In primavera giocheremo contro Spagna e Germania? Non si può tornare più indietro. Ha deciso il mister, io sono contento, meglio scoprire subito gli errori che si fanno. Sono tutte favorite, poi provare a riaffrontarle e batterle. Non siamo inferiori a nessuno. Il ritiro lungo? Ben venga, servirà per migliorare certi aspetti. Lavoriamo dal punto di vista tattico e siamo migliorati, dobbiamo crescere nella gestione della partita e nella personalità. Ora però dobbiamo fare i fatti, già con la Romania. Servirà non tanto per il gruppo, siamo ben assortito e vogliosi. Con Conte o ti comporti in un certo modo oppure sei fuori... Insigne e Berardi? Decide lo staff. Se a fine stagione meriteranno la maglia azzurra, non credo ci siano porte chiuse. Il mister è intelligente darà spazio anche a loro". 

In chiusura, uno sguardo al futuro. Contratto in essere con il Southampton, ma l'amore per l'Italia è tangibile. Pellè non esclude il ritorno, nel frattempo osserva la crescita del bel paese.  

"Il contratto scade nel 2017, l'Italia è bellissima e mi manca. Il campionato ha avuto un ribasso, ma adesso sta dimostrando una crescita. Prima veniva snobbato. Poi la Juve in Champions e le altre in Europa League lo hanno risollevato. Nel giro di pochi anni sarà un tra i più belli al mondo. Nostalgia c'è sempre e io sono nostalgico. Certo, in Inghilterra sto benissimo, ma chi vivrà vedrà".