Numero uno del ranking, probabile favorita, con una rosa di un’ampiezza da far rabbrividire anche Deschamps, tecnico della Nazionale Francese, quello che ad oggi sembra avere il compito più arduo, ovvero selezionarne “solo” 23 per giocare gli Europei. Beh, per il Belgio il discorso non si allontana troppo, perché Wilmots per ora è stato molto aiutato dagli infortuni e dai momenti bui di alcuni dei suoi giocatori, ed è riuscito ad avere ottime rotazioni in ogni ruolo. Eppure, se la squadra è al completo e tutti sono convocabili, siamo al lancio della monetina per il commissario tecnico ex calciatore e pilastro della nazionale dello stato di Re Baldovino.

Oggi però non parleremo delle alternative, delle sorprese o di che altro. Perché tutti questi non possono esistere senza le certezze, e nel caso della Nazionale Belga abbiamo trovato tre punte di diamante, anzi, tre punte del forcone, visto che i ragazzi di Wilmots si portano dietro il soprannome di Red Devils. Chiaramente non sono le uniche, come vedremo, ma sono troppo importanti per poterne fare a meno.

Il primo nome che ovviamente va citato è quello di Vincent Kompany, faro della difesa, capitano e leader come ce ne sono pochi. Parlare delle qualità tecniche del centrale difensivo del Manchester City è superfluo, il talento di questo giocatore è sotto gli occhi di tutti, quello che passa inosservato sono le piccole cose che fa per la squadra.

Innanzitutto non ha paura di essere un leader, anzi è un ruolo che si è quasi cucito addosso da solo, uno con la sua tempra non può non esserlo, e ancora di più in una squadra composta per lo più da under-25, con un’età media spaventosamente bassa. E ricordiamoci che Kompany ne ha 29, arriverà all’Europeo in tripla cifra decimale, ciò significa che nella Nazionale, dovesse rimanere ai suoi livelli, avrà spazio fino all’europeo del 2020 come minimo.

È uomo chiave del Belgio perché, come detto, è un leader mentale e dello spogliatoio, e questa squadra, vista l’età, ha un bisogno spaventoso di un trascinatore, uno che può anche risolvere le partite con un colpo di testa, può suonare la carica con un pallone recuperato, un’azione impostata, un’avanzata coraggiosa alla sua maniera. È quel giocatore che scuote la squadra nello spogliatoio, quello amato dagli allenatori perché è di fatto un vice in campo.

Wilmots lo sa, e non abbiamo dubbi sul fatto che queste caratteristiche al prossimo Europeo usciranno tutte quante. Non si dica che è un leader silenzioso, perché l’ex Amburgo e Anderlecht non ha problemi a parlare, anzi è uno che le cose le dice senza problemi. Attaccabrighe? Un po’, ma non guasta. E se lo fosse un po’ di più un male non sarebbe, perché un capitano deve fare anche questo.

Passiamo ora a un altro tipo di leader, quello di carattere tecnico. Chiaramente stiamo pensando tutti quanti a Eden Hazard, probabilmente tra i 10 giocatori più forti al mondo, se non addirittura tra i primi 5. Forse ad oggi sarebbe esagerato, ma alla fine della scorsa stagione addirittura si diceva che Hazard fosse il migliore dopo Messi e Ronaldo.

E in effetti le argomentazioni portate a questa tesi erano più che giustificate, vista la stagione che ha giocato con la maglia del Chelsea, vincendo anche tutti i premi individuali possibili riguardo la Premier League. Semplicemente unstoppable. Veloce, tanto veloce, ma anche tecnico, ambidestro, capace di giocare su entrambe le fasce, tant’è che anche in Nazionale è difficile dire su che lato del campo giocherà. Dipenderà probabilmente dai compagni di reparto che Wilmots sceglierà.

Senza dubbio Hazard è un’altra punta del forcone in mano al tecnico, e non è l’intero forcone perché gli si possono prendere le misure, altrimenti un giocatore così da solo fa una squadra. Se Kompany l’abbiamo definito leader carismatico, lui come detto è il leader tecnico, quello dotato di un talento nettamente superiore a tutti gli altri (e gli altri di talento ne hanno eccome).

Il gioco offensivo del Belgio passa dai suoi piedi per più della metà delle azioni, d’altro canto è un catalizzatore, uno che vuole la palla, che crea il gioco, che quasi per forza di cose riceve il pallone, anche magari senza cercarlo insistentemente, tanto prima o poi gli arriva. E soprattutto non è individualista, aspetto non indifferente: segna tanto sulle conclusioni che si crea, ma fornisce anche un quantitativo spaventoso di assist.

Quegli assist sono destinati a finire alla terza punta dell’immaginario forcone di cui stiamo parlando. E la scelta è stata presa con tanti rimpianti, perché in una squadra così forte era veramente difficile scegliere. E quindi… Abbiamo deciso di non scegliere. La terza punta del forcone è l’attaccante fisico, alto, con i piedi buoni, che sa fare reparto da solo e che sa finalizzare e capitalizzare il gioco dei compagni.

Il problema che ci si è posto di fronte era ovvio. “E ora chi? Lukaku o Benteke?”. Beh, entrambi. Anche lo stesso Wilmots probabilmente si troverà in enorme difficoltà al momento della scelta dell’attaccante. Insieme, due giocatori così, non possono giocare. O meglio, potrebbero negli ultimi 20 minuti di una partita in cui la squadra è sotto e deve pareggiare, ma non normalmente.

Le caratteristiche di questi due fenomeni sono talmente simili che si fa fatica anche a definire chi sia il migliore tra i due, e sono ampiamente paragonabili: forza fisica enorme, quantità, sanno fare reparto da soli, segnano e fanno segnare, i piedi non sono da buttar via, anzi. E i movimenti sono spesso quelli giusti. E anche la qualità non manca.

Chi è meglio per la Nazionale? A pelle, ma solo ed esclusivamente a pelle, diremmo Lukaku, perché è più veloce ed è più abituato a giocare come gioca il Belgio, perché l’Everton cavalca molto le fasce, mentre Benteke è alla prima esperienza in un club di livello. Lukaku dalla sua ha anche un altro aspetto che calza a pennello con il discorso che abbiamo in piedi: nell’Everton è un leader, tecnico e carismatico, anche se deve crescere ancora molto.

Certo è che Benteke farà di tutto per non darla vinta al compagno, e ci sarebbe anche Origi, e anche Depoitre che sta continuando a segnare. Insomma, il ruolo di punta è abbastanza conteso e Wilmots dovrà fare al meglio le sue scelte.

Come se poi quello dell’abbondanza sia un problema, è anzi il sogno di ogni allenatore poter scegliere tra così tanti elementi di valore. Ovviamente ce ne sono tanti altri: De Bruyne, Mertens, Nainggolan, Witsel, Courtois… Un’infinità di talento a disposizione di una squadra che si è ritrovata catapultata in testa al ranking FIFA senza non aver ancora vinto nulla. Una motivazione in più per conquistare l’Europeo.

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Giorgio Dusi
Vivo a Bergamo, scrivo di calcio, in particolare di Juventus e Arsenal, e di basket tra NBA ed Eurolega. Giornalista. Laureando. Forse. [email protected]