A Euro2016, tra le tante esordienti nella fase finale di un Europeo, c’è una squadra che ha una certa fama, costruitasi con un exploit di circa 6 anni fa al quale non è mai stato dato un vero seguito. Un episodio, un momento in cui è stata scritta la storia. Bisogna tornare al 24 giugno 2010, all’Ellis Park di Johannesburg, dove si gioca Slovacchia-Italia. Girone F del mondiale sudafricano. Chi vince passa, chi perde torna a casa. La Slovacchia, scherzata dal Paraguay e bloccata sull’1-1 dalla Nuova Zelanda (così come l’Italia), vince 3-2 una partita memorabile e strappa il pass per gli ottavi, dove verrà eliminata dalla semifinalista Olanda.

È la nazionale del simbolo Robert Vittek, autore di 4 reti, solo una in meno dei quattro capo-cannonieri Muller, Villa, Sneijder e Forlan. L’ottavo di finale non rappresenta solamente un traguardo per una nazionale giovanissima, formatati nel 1992 dopo il secondo scioglimento della Cecoslovacchia. Il primo, quello provvisorio, risale alla seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945 le due nazioni si son divise, e la nazionale Slovacca giocò qualche amichevole, ma nulla più. Si tolse però la soddisfazione di battere la nazionale di chi li controllava, ovvero la Germania, per 2-0.

Lo stesso campionato slovacco non ha gran prestigio a livello europeo, si trova al 30esimo posto nel ranking delle federazioni UEFA e non vede una propria componente andare in Champions League dalla stagione 2010/11, anno in cui lo Zilina riuscì a qualificarsi, battendo tra l’altro ai playoff lo Sparta Praga in una partita più che sentita. In precedenza, le vittime erano state Birkikara e Litex Lovech. Fece meglio l’Artmedia nel 2005/2006, capace di raccoglier 6 punti in un girone con Inter, Rangers e Porto, qualificandosi per l’Europa League. Episodi, eventi, casualità quasi. Due squadre negli ultimi 10 anni di Champions danno comunque l’idea della dimensione del calcio.

Eppure la Nazionale ha giocato una fase di qualificazione davvero incredibile, sorprendendo anche la Spagna di Del Bosque, 2-1 in casa con le reti di Kucka e Stoch, intermezzate dal momentaneo pareggio di Alcacer. Un cammino sorprendente, 6 vittorie in 6 partite, poi un calo che poteva costare carissimo, ma che permette comunque alla Slovacchia di chiudere al secondo posto nel girone e qualificarsi, mettendosi alle spalle anche l’Ucraina. Non male.

Jan Kozak guida una squadra certamente non giovanissima, con un’età media piuttosto vicina ai 30. L’esperienza è uno dei punti di forza della Slovacchia di oggi, che mischia giocatori navigati a giovani di belle speranze, anche se l’ultima rosa dei convocati registrava un 29,2 di media. Tanti nomi sono infatti gli stessi del mondiale 2010, escluso ovviamente qualche nuovo innesto. Negli anni la Slovacchia è riuscita a costruire un gruppo solido su cui puntare: non piovendo talenti dal cielo come capita in tante altre nazioni, bisogna puntare su giocatori che si conoscono bene. E poco male se restano in panchina, almeno all’inizio.

Solidità, ripartenze, velocità. I leader di questa squadra sono indubbiamente due sopra a tutti gli altri, rispondono ai nomi di Martin Skrtel e di Marek Hamsik. Entrambi hanno un destino che li accomuna: hanno tre anni di differenza, ma sono per ora gli unici slovacchi ad essere arrivati davvero ad un livello superiore a tutti, tanto da giocare ed ottener soprattutto la fascia di capitano in due club di un qual certo prestigio come Liverpool e Napoli, risultando spesso e volentieri decisivi. Per “ripagare” il proprio paese per questa opportunità, i due sono i trascinatori anche della selezione nazionale, e non potrebbe essere altrimenti.

Tra i convocati nell’anno solare 2015, ce ne sono stati ben sette che vestono le maglie di squadre le quali disputano il campionato in patria. Uno in particolare merita attenzione, essendo il capocannoniere della storia della Slovacchia con 23 gol segnati in nazionale, ed è il sopracitato Vittek. Ha costruito le sue fortune tra Norimberga, Lille e il campionato Turco, prima di tornare allo Slovan. A 33 anni è ancora un punto cardine della rosa di Kozak, che difficilmente rinuncia a lui anche nelle partite, nonostante la concorrenza.

L’attacco in realtà non è granchè, senza dubbio molto meglio assortita è la zona di centrocampo e trequarti. C’è Hamsik, c’è la promessa Mak, ci sono i talenti Stoch e Weiss oltre all’esperienza di Svento e Holosko, per non dimenticare Ondrej Duda, la grande speranza del futuro della Slovacchia, che sogna continuità di prestazioni anche negli anni a venire, puntando a diventare una solida realtà del calcio europeo.

Ma come è possibile che una nazione così piccola, calcisticamente quasi insignificante, riesca a trasformarsi in una certezza? Lavoro, speranza e soprattutto passione. I leader mantengono un certo senso di appartenenza, così come tutti gli altri giocatori di fascia medio-bassa. Per la nazionale si dà tutto, sempre. E nonostante il girone sia complicatissimo sulla carta (Inghilterra, Russia e Galles), mai dare per morti Hamsik, Skrtel e compagni. Perché è proprio in quel momento che sanno girar la situazione dalla loro.