Alla fine il cerchio si è chiuso. Il River Plate torna sul tetto del Sudamerica, per la terza volta nella sua storia. Un cammino catartico e impervio che ha portato la Banda a vincere la Copa Libertadores. 3-0 contro il Tigres, nella bolgia di un Monumental infuocato, una lezione impartita a un avversario degno ma inesperto, che non ha saputo scavalcare l'indole profondamente copera di questa squadra. Il River Plate è campione d'America, dopo diciannove anni, quando Crespo, Ortega e Francescoli dipingevano uno straordinario 1996, ultimo ricordo Millonario prima di un impetuoso ciclo Xeneizes, sempre difficile da digerire dalle parti di Nuñez. In quell'equipazo cercava di farsi strada anche un fantasista ventenne, inevitabilmente chiuso da tante stelle: Marcelo Gallardo, che la Copa del '96 l'ha messa in bacheca, ma il suo capolavoro è arrivato da allenatore. Dopo la risalita, dopo Almeyda e Don Ramon, el Muñeco ha guadagnato la panchina del suo grande amore, con in valigia un titolo uruguayo vinto alla guida del Nacional. Gallardo ha cambiato tutto, ha dato una splendida impronta di gioco alla squadra, ha mescolato sapientemente i pibes della Banda con i giocatori più esperti e utili al suo stile di gioco incalzante, pressante senza palla e dominante con. Un River che ha saputo fruttare le stelle favorevoli e il naturale corso degli eventi, vedendosi gettare un salvagente nella fase a gironi dallo stesso Tigres, punito poi in finale, e attendendo che il Boca si auto-eliminasse nel surreale superclasico vergüenza. Ha sfruttato le stelle, sì, ma ha saputo prendersi tutto ciò che gli spettava, dalla mitologica vittoria per 3-0 contro il Cruzeiro, alla doppia sfida contro il Guaranì. Tutto questo senza perdere di vista il campionato, infatti vincendo nel recupero contro il Defensa y Justicia, il River sarebbe puntero con Boca e San Lorenzo. 

Ieri notte, l'ultimo capitolo, la gara definitiva di questo River che passerà alla storia. Al Monumental i Millonarios si presentano privi di elementi fondamentali come Mora, Mercado e il nuovo talismano Tabaré Viudez, ma giocano in modo audace, deciso, non attendono ma pressano, impediscono il gioco e imbrigliano l'avversario. Il Tigres trema, Gignac e Sobis hanno due palle gol che non trasformano, nel secondo tempo lo straordinario Jurgen Damm si scatena e serve Aquino che di testa la colpisce malissimo: qualche peso sulla coscienza ci sarà a fine partita per gli auriazul, ma per non per il River, che gioca in modo sfrontato e si porta in vantaggio sulla sirena del primo tempo, con un colpo di testa di Alario. Imbeccato da Vangioni con una pennellata perfetta dopo un tunnel, l'ex Colon ha dimostrato di essere l'oggetto di un esperimento, quello del manager in Sudamerica: voluto fortemente da Gallardo, ora decide la gara più importante, tra l'altro con un gesto tecnico degno dei migliori numeri nove. Per ora ha il 13 sulle spalle, ma Cavenaghi è a un passo dall'addio, e Lucas sembra il candidato più credibile alla maglia da centravanti. Nel secondo tempo Aquino uncina Sanchez in area e manda il River da dischetto, a 11 metri dalla probabile vittoria finale. El Pato Sanchez non sbaglia, e ci sarà anche tempo per un cabezazo vincente di Funes Mori: le radici di questo RIver sono profonde, fino alla Primera B. 

Termina 3-0, un punteggio secco, con cui El Mas Grande prende le distanze dal Tigres, simbolo del fútbol mexicano ricco ed emergente. E' la vittoria della tradizione e del metodo, non è la vittoria di tutta l'Argentina, solo della parte che guarda a Nuñez, perchè il resto della Nazione è stato una tigre per una notte, e perchè è bello così. Mitologia alle stelle, dopo l'inferno il paradiso. E ora la Primera Division, contro il sempre presente San Lorenzo e un avvelenato Boca, giallo di bile e blu di rabbia per l'eliminazione a tavolino e voglioso come non mai di rovinare la festa agli odiati rivali, sempre che questo sia possibile, e a riguardo abbiamo seri dubbi. Cala il sipario sul palcoscenico più spettacolare del fútbol, tra momenti emozionanti che nessun amante di questo splendido sport potrà mai dimenticare.

¡Qué viva el Futbol!