Agli antipodi eppure così vicine. Il tiki-taka catalano e il calcio muscolare bavarese. L'eleganza palla a terra dei blaugrana e le sportellate in area dei Roten. Ma anche i 13 punti di vantaggio del Barcellona sul Real in Spagna e i 20 del Bayern Monaco sul Borussia, che hanno già chiuso il discorso Bundesliga. E poi i gol. Tanti. Ben 99 in 32 partite per gli uomini di Villanova, 89 in 30 match per la Mannschaft di Heynckes (ma anche 19 reti in meno al passivo). Due macchine da guerra calcistica con un'ombra che veleggia a mezz'aria, sospesa sul passato prossimo del Barça e sul futuro anteriore del Bayern: Pep Guardiola.

L'uomo che ha trascinato se stesso e gli spagnoli nella storia del calcio (3 campionati, 2 coppe e 3 Supercoppe di Spagna, 3 Champions, 2 Supercoppe Uefa e 2 Mondiali per Club in sole quattro stagioni), dopo 6 mesi di riposo ha deciso di valicare i Pirenei, cavalcare le Alpi e accomodarsi da luglio 2013 alla corte di Hoeneß e Beckenbauer. Portando in valigia profumo di leggenda da spargere in quella parte di Baviera che attende un riconoscimento in campo internazionale da ormai 12 anni. Ma difficilmente Pep avrebbe pensato che sulla strada del suo nuovo figlioccio calcistico sarebbe capitato il suo pargolo prediletto.

La domanda che tutti si fanno da quando l'urna ha accoppiato i due bussolotti è il segreto di Pulcinella: dal telefonino di Heynckes (o più presumibilmente da quello di Beckenbauer, ndr) sarà partita la fatidica chiamata verso lo smartphone di Guardiola, dai contenuti pressappoco sul "Uè, allora, 'sto Barcellona come gioca?". Già: la paura più grande dei catalani è forse proprio quella che la macchina perfetta costruita nel quadriennio d'oro venga smembrata ed analizzata sul tavolo da gioco dell'Allianza Arena, per di più per mano del suo creatore. Non c'è peggior nemico dell'amico che ti affronta senza averti mai voltato le spalle.

Alla Ciutat Esportiva Gamper Vilanova sa bene che il V12 catalano gira pericolosamente come un turbodiesel negli ultimi tempi. Fatica in campionato - giustificabile con il calo di tensione che il rassicurante vantaggio può produrre - e fatica in Champions, con l'eliminazione del PSG arrivata senza essere riusciti a sconfiggere gli uomini di Ancelotti e, soprattutto, soffrendo maledettamente l'assenza di Messi, nell'ora di gioco in cui la Pulga acciaccata è rimasta seduta in panchina. Heynckes ha annunciato di avere un piano chiaro, come contro la Juventus. Il duo Vilanova-Roura tiene le carte coperte per ora: Messi "sta migliorando, ma dovremo sentire i medici", Xavi "sta ritrovando la forma migliore", Bartra "è un'altra ipotesi" per sopperire al buco centrale difensivo all'Allianz, lasciato dagli indisponibili Puyol e Mascherano.

L'impressione è che il fronte blaugrana sia consapevole di non essere al 100% e voglia, se non limitare i danni, almeno non offrire il fianco debole agli avversari. Difficile immaginare un iper-arretramento di Busquets in stile Mascherano old-style, e quindi la soluzione sarà presumibilmente quella di affiancare Bartra a Piquè in difesa, con Jordi Alba e Dani Alves sugli esterni. Meno dubbi da metà campo in su: Xavi-Iniesta-Busquets nella zona nevralgica, Sanchez-Messi(più sì che no)-Pedro per far saltare il grimaldello centrale Dante-Boateng. Il Barcellona dovrà spostare palla con rapidità ed aprire le maglie della difesa tedesca. Il Bayern è di gran lunga la squadra più fallosa tra le quattro semifinaliste di Champions, ma se questo si è tradotto finora in soli 10 gol subiti (meglio solo il Borussia con 9, stesso numero di reti subite dal Barça), il fattore psicologico e disciplinare potrebbe essere paradossalmente la vera chiave di lettura del match. In 180 minuti, falli, cartellini e palle ferme possono benissimo fare la differenza.

I precedenti? A sorpresa sorridono al Bayern, con 3 vittorie tedesche contro 1 degli spagnoli e 2 pareggi. L'ultimo trionfo bavarese, però, risale al 1998. L'unica vittoria catalana è datata invece 8 aprile 2009, andata dei quarti di finale di Champions League, con un roboante 4-0 in cui Messi ci mise lo zampino due volte. Era appena cominciata l'era Guardiola. Quattro anni dopo i protagonisti saranno gli stessi. Si troveranno negli spogliatoi, si abbracceranno e poi si saluteranno. Uno tornerà in campo con la maglia blaugrana, l'altro andrà a sedere in tribuna d'onore con il logo del Bayern sulla giacca. Heynckes se ne faccia una ragione: gli occhi dei 70mila dell'Allianz guarderanno al passato ed al futuro. Non al presente.

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