Giovani, forti, figli della modernità. Neymar Jr e Paul Pogba, astri nascenti, giocolieri del nuovo millennio, stelle del firmamento mondiale. Neymar parte dall'esterno sinistro di un tridente completato dalla ferocia di Suarez e dalla poesia di Messi, Pogba è l'ala di un rombo, il marchio esterno dei 4 di mezzo di Allegri. In comune hanno quel pizzico di superbia che contraddistingue chi sa di essere forte e vuol ricordarlo agli altri.

L'incedere di Pogba è elegante, altero, è un monarca, ha poteri pieni, perché sa fare tutto, a un fisico eccezionale, aggiunge una tecnica perfetta. A Manchester, si interrogano sula dipartita di Paul e ammirano lo scintillio del diamante a Torino. Anche i grandi come Feguson commettono imperdonabili errori.

Neymar è un fenomeno, fa cose che dovrebbero essere precluse ai comuni mortali, ancor più se la velocità impressa al movimento è oltre le leggi naturali. Il dribbling, nella sua essenza, il gioco, spinto fin sull'orlo dell' "offesa". Neymar tende all'esagerazione, a irridire il dirimpettaio di turno, con movimenti e colpi portati all'estremo.

Porta in dote, il brasiliano, la fama di tuffatore, non tutti amano Neymar, proprio perché molti identificano la nuova sensazione verdeoro come un ragazzino viziato, dotato dagli dei del calcio di infinite possiblità, ma non di "garbo". La legge non scritta del rispetto, ecco, a dire di molti, cosa manca a Neymar.

Pogba ha altri limiti, in primis mentali. Tende, talvolta, a perdersi, corpo estraneo agli eventi in divenire. Allegri, che conosce il calcio, spesso si infervora, quando vede Pogba accontentarsi, piacersi.    

Nella notte di Berlino, due ragazzi provano ad alzare la cresta, dopo aver sedotto il Mondo, vogliono conquistare l'Europa.