La garra dell'Atlético non finisce mai, espugnato il Bernabéu

Gli uomini di Simeone, guidati da Burgos, dimostrano coesione, determinazione e spirito di sacrificio e danno un messaggio forte alla Liga: chiunque voglia vincere deve passare da loro, il Real deve migliorare e anche in fretta se vuol raddrizzare il campionato

La garra dell'Atlético non finisce mai, espugnato il Bernabéu
L'esultanza dei ragazzi di Simeone, in occasione della rete di Tiago
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Di Rubens Mari

Una guerra, una guerra psicofisica, un guerra come mai si era vista prima d'ora nel recente periodo l'ultima sfida tra Real Madrid ed Atlético Madrid. Piena di colpi di scena, di nervosismo, di giocate d'alta classe e di mosse d'astuzia, andiamo a ripercorrere il 203esimo Derbi madrileño

Ancelotti prova ad aggrapparsi alla certezza che ha conservato dalla passata stagione, il 4-3-3, con Casillas in porta (bisognerebbe fare una disamina sull'accoglienza speciale riservata a lui), difesa a quattro formata dal redivivo Arbeloa, dalla (discutibile) coppia centrale Pepe-Sergio Ramos e dal portoghese Fábio Coentrão, centrocampo a tre (possiamo discutere su chi fa il mediano ed in linea di massima potremmo stare ore ed ore a cercare di trovare un equilibrio ad un reparto del genere) con Kroos, Modrić ed James Rodríguez, attacco insostituibile, BBC: Bale, Benzema, Cristiano Ronaldo. Dall'altra parte i Colchoneros, orfani almeno formalmente del "Cholo" Diego Pablo Simeone, vengono schierati dal "Mono" Burgos (non proprio la persona più pacifica sulla faccia della terra) in un 4-4-2 tutta sostanza: in porta Moyà, linea dei difensori classica con Juanfran-Miranda-Godín-Siqueira, centrocampo affidato al disturbo di Tiago e del capitano Gabi, con Koke e Raúl García pronti in fase di supporto, là davanti, quasi abbandonati sullo schieramento, Raúl Jiménez e Mandžukić.

PRIMO TEMPO Le Merengues sanno di essere con le spalle al muro, o meglio, la società sa di esserlo, complice un mercato tutt'altro che convincente secondo gli aficionados. Clima rovente, palla pesante, lingua biforcuta, braccia e gambe talvolta troppo alte, così si presenta il settimo Derbi di Madrid del 2014. Il primo lampo che spacca la gara in due lo lanciano i Rojiblancos, guardacaso da palla inattiva, guardacaso da calcio d'angolo. Al 10' Tiago apre le danze, su angolo dalla sinistra, complice una marcatura tutt'altro che leggendaria e un'insicurezza di Casillas ormai scontata sulle palle alte. Il pubblico madrileno, quello Blancos, famoso per non essere troppo comprensivo nei confronti dei loro beniamini, si infiamma e fa di tutto per farsi notare. Arrivano le prime reazioni nervose e non: al 19' giallo ad James per proteste, al 22' tocca a Godín su Ronaldo, al 23' arriva il turno di Bale che scalda i guanti a Moyà, al 25' ecco Siqueira, che genera un secondo punto di svolta, il rigore, realizzato (manco a dirlo) da un certo ragazzo di Funchal, apparso decisamente più in forma rispetto alle ultime uscite. Il Madrid (così viene definito quello nobile), sembra trarre sicurezza e forza dal pareggio ed alza visibilmente il proprio baricentro, arrivando diverse volte a creare nuovi pericoli nell'area Atléti, con Benzema che sbaglia due buone occasioni, di cui una ghiottissima su assist di CR7. I primi 45' non vengono caratterizzati da altre giocate tecniche, bensì da un altro episodio che racchiude e rappresenta tutto l'animo della banda del "Cholo" (la Garra): giallo a Mandžukić per un fallo deciso su Kroos.

SECONDO TEMPO La seconda frazione di gioco si apre sulla falsariga dei primi 3/4 d'ora: il Real prova ad imporre il suo potenziale attraverso un estenuanente possesso palla, l'Atlético si chiude unito, prova a giocare di rimessa ed a ripartire il più velocemente possibile. Scontato sottolineare l'ennesima tarjeta amarilla, concessa al capitano Gabi per un intervento tutt'altro che pulito. Al 60' arriva il terzo scossone, fuori Gabi, dentro Arda Turan (che debutta in stagione), il cambio ha dell'incredibile: l'Atlético si sbilancia, avete letto bene, TRAZIONE OFFENSIVA. Al 64' altro valzer di sostituzioni (non manca l'ennesimo giallo, riservato ad Arbeloa): fuori Benzema per il Chicharito Hernández (esordio al Bernabéu, come se non bastasse in un Derbi madrileño), fuori inoltre Raúl Jiménez (tutt'altro che convincente) per il francese Antoine Griezmann. Pronti via ed il messicano impiega meno di 3' per prendere il primo cartellino spagnolo, in seguito ad un fallo su Siqueira, a dir poco evitabile. Ricordate il nervosismo della vigilia e dei primi minuti di partita? Ecco dimenticatelo, al 70' entra in scena la pañolada, in seguito ad una decisione quantomeno rivedibile dell'arbitro Mateu Lahoz su un contatto molto dubbio di Miranda su Ronaldo. Al 72' altra mossa per provare a sbloccare la partita da parte di Ancelotti, fuori un altalenante Gareth Bale, dentro Isco, autore di un ingresso decisivo in finale di Champions. Un minuto dopo ed il turco tocca il primo pallone della sua Liga, che si perde di un niente sul fondo, alle spalle di un Casillas ormai battuto. Al 76' il gelo, colpo da biliardo del turco che sfrutta un velo del sempreverde Raúl García e fredda senza esitare Casillas, spaccando per l'ennesima volta la partita. Al 77' le ultime sostituzioni: Varane per Arbeloa e Mario Suárez per Mandžukić. All'85' ennesimo giallo, questa volta tocca a Modric per un fallo sul neoentrato spagnolo. All'86' è il turno di Miranda, che entra poco amichevolmente da dietro su Ronaldo, all'89' Mario Suárez si vendica di Modrić. La partita si conclude fredda, gelata, inattesa, con l'Atlético che espugna, e anche meritatamente, il Bernabéu, per il Real inizia, o sarebbe meglio dire, ritorna l'incubo, già vissuto nel 2003.

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Rubens Mari
Liceo Scientifico, giornalista sportivo, seguo calcio europeo e basket NBA, quattro fedi sportive: Inter, Chelsea, Real Madrid e Boston Celtics.