Notte da fenomeni, notte d'orgoglio. Il Camp Nou si sveglia nel passato, assapora qualcosa d'antico, ritrova, quasi all'improvviso il Barcellona dei marziani. L'ultima creatura vincente della Liga, l'Atletico guerriero di Simeone, sbatte contro la suadente qualità dell'undici catalano. Una musica dolce, ammaliante, esce dai piedi di Messi e i compagni, sedotti dall'artista primo, seguono l'andamento dell'incontro. Il Madrid lotta, come da origine, da storia. Ne è testimonianza la sanguinante caviglia di Neymar, non è una passeggiata catalana, ma è una vittoria vera, esente da dubbi. Messi è Messi e per gli altri in sere così è dura. Il primo gol è fortuito, ma nasce da un prestigio ai danni del malcapitato Godin. Suarez disattento non concretizza, ma la sorte porta palla tra i piedi di Neymar e il vantaggio è servito. 

Un colpo non legale di Messi - braccio evidente - avvia il 2-0, di Suarez, poco prima un'altra idea, in verticale, del dieci. Meraviglia in salsa argentina. A testimonianza della forza biancorossa il rigore trasformato da Mandzukic, su un'ingenuità di Messi. Il finale, incandescente, non premia l'Atletico ed è giusto così. La firma è di Messi, 3-1, il re si prende la squadra, abbraccia i compagni, accoglie nel suo mondo Neymar e Suarez, è un Barcellona stellare, o forse normale, visti nomi e campioni. 

Luis Enrique manda i migliori in campo, lascia che siano i protagonisti a creare la storia. Allenatore, non inventore, quello non serve, se hai Messi. Così il post partita diventa il momento perfetto per cancellare gli attriti. I dubbi di Luis Enrique su Leo, la panchina, la polemica, l'intervento dei senatori. Battere l'Atletico per mettere un punto. A Barca Tv parla Messi e il mondo ascolta, inebriato dalle giocate, dalla velocità, dal talento.

“Ho sentito dire di tutto. Non smentisco mai nulla, anche perché ho sentito dire che avrei avuto dei contrasti con Guardiola, Eto’o, Ibra, Bojan, che avrei “cacciato” tanta gente. Questa non è la verità, come non è la verità il fatto che io abbia chiesto che fosse mandato via il nostro allenatore. E’ tutto falso, non lo farei mai. La cosa che mi ha fatto male è che queste voci sono uscite da qui, da Barcellona, da gente che ama o dice di amare il club, dai nostri tifosi. Queste voci non arrivano da Madrid, ma da qui. C’è gente che vuole ferire il club e ora più che mai dobbiamo stare uniti”. 

“Non è una cosa bella che si cerchino delle rivalità tra me e Luis Enrique, perché non ce ne sono. Su di me ho sentito un sacco di cose, che sono uno che manipola le decisioni del club, io sono solo un giocatore dello spogliatoio, esattamente come i miei compagni. Non prendo decisioni societarie, nè pretendo che vengano prese. Non ho mai chiesto nulla per restare, semplicemente perché non ho nessuna intenzione di andarmene. Ho sentito dire che mio padre ha parlato con il Chelsea, con il Manchester City, tutte menzogne. Ne approfitto ora per smentirle e per far sapere alla gente la verità. Ripeto ora dobbiamo stare uniti, noi e la gente che ci ama. Non serve che ci tirino m**** addosso, tanto non ci tocca, non ci influenzano”.

Il Barca è a -1, davanti, con una partita in meno, c'è il Real, galattico. La Liga è per ora bianca, ma a Barcellona sorridono, c'è Messi. 

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Johnathan Scaffardi
Lo sport come ragione di vita, il giornalismo sportivo come sogno, leggere libri e scrivere i piaceri che mi concedo