La sua prima avventura su una panchina professionista, dopo aver guidato le giovanili della Juventus, si è conclusa troppo presto. Fabrizio Ravanelli deve togliersi più di un sassolino dalla scarpa: l’esonero dall’Ajaccio non gli è ancora andato giù e, in un’intervista concessa a France Football, racconta cosa non ha funzionato nella sua breve esperienza in Corsica. Senza risparmiare toni di accusa, soprattutto nei confronti della dirigenza del club. “Nessuno ha sbagliato, non è nel mio carattere trovare giustificazioni agli insuccessi”, esordisce Penna Bianca, “però è fondamentale che in una squadra tutte le componenti lavorino insieme per un progetto comune. Se qualcuno si discosta dalla via maestra, la situazione è destinata a precipitare”.

Il bilancio di Ravanelli sulla panchina dell’Ajaccio parla di una sola vittoria, ottenuta contro il Lione, quattro pareggi e ben sette sconfitte. Un rullino di marcia non propriamente esaltante, ma sul quale l’allenatore italiano ritiene opportuno fare dei chiarimenti: “Avrei dovuto avere più tempo per portare avanti il mio progetto. Alla prima partita abbiamo perso contro il Saint-Etienne, più avanti di noi nella preparazione a causa della sua partecipazione all’Europa League, con un solo tiro in porta concesso. A Parigi stavamo addirittura vincendo e abbiamo incassato il pareggio dopo 86’. Siamo anche riusciti a segnare in inferiorità numerica. Quando il presidente Orsoni mi ha avvertito che rischiavo la panchina, gli ho fatto presente che non era giusto perché non ho mai avuto tutti i giocatori a disposizione”.

Ed è proprio il rapporto con la dirigenza uno dei nervi scoperti che avrebbe compromesso il lavoro di Ravanelli: “A lasciarmi l’amaro in bocca sono state soprattutto le critiche pubblicamente fatte dal presidente nei miei confronti. Quando in una squadra esistono dei punti di vista diversi, questi devono rimanere al suo interno e non fuoriuscire. Tutto questo non ha fatto altro che provocare instabilità nel gruppo, colpendo in primo luogo i giocatori. Non è piacevole dirlo, però è la verità: il presidente è stato il primo a non credere in noi”.

Nel mirino della critica non è finito soltanto Ravanelli, ma anche il preparatore atletico Giampiero Ventrone: “Giampiero è stato messo alla gogna senza alcuna ragione. Bisogna avere più rispetto verso chi ha allenato campioni del calibro di Thuram, Deschamps e Zidane. La cosa grottesca è che viene criticato da chi nella propria vita non ha mai vinto niente di importante. Dico sempre che l’umiltà sta nella bocca dei campioni, mentre in quella dei mediocri si trova solo presunzione. A noi è stata imputata la responsabilità degli infortuni, quando invece questi sono avvenuti causalmente per contrasti di gioco. Nessuno dice che sono mancati due giocatori fondamentali come Faty ed Eduardo, il primo a causa di un’operazione chirurgica gestita male. In alcune partite non avevo nemmeno giocatori offensivi e non ho mai potuto schierare  il 4-3-1-2 provato in estate. È vero, abbiamo lavorato molto a livello fisico, e questo si è visto nel fatto che mediamente abbiamo reso di più nei secondi tempi”.

Sotto accusa anche la decisione di tenere numerosi allenamenti a porte chiuse: “Si è parlato di questa cosa come se fosse una pazzia, in realtà quasi tutti i top club mondiali si allenano così. L’obiettivo di questa strategia è non dare vantaggi agli avversari, solo in questo modo si può provare a costruire qualcosa di importante. Un errore commesso da molti è stato dire che l’Ajaccio non doveva allenarsi a porte chiuse perché non è un top club, ma come si può pensare di migliorare se ci si ostina a restare nel proprio orticello? Non si può dire che da parte mia non c’è stata dedizione alla causa perché arrivavo in sede alle 7:30 di mattina e non ne uscivo prima delle 8 di sera”.

Altro pomo della discordia è costituito dalla questione degli integratori alimentari, esplosa quando il difensore Cédric Hengbart ha dichiarato alla stampa che Ravanelli obbligava i suoi giocatori ad assumerli: “Partendo dal presupposto che si tratta di prodotti in vendita al supermercato, quindi in quanto tali non proibiti, io non ho mai costretto i miei giocatori a farne uso in continuazione. Anche perché non servono a migliorare la prestazione fisica, bensì integrano l’energia persa in allenamento. Da giocatore li assumevo esclusivamente in concomitanza di allenamenti molto duri. Questa storia di Hengbart è stata molto triste, anche perché probabilmente lui ha parlato senza pensare che le sue parole avrebbero facilmente potuto essere travisate”.

Ravanelli ammette di aver commesso qualche errore (“Nessuno è infallibile, l’autocritica è una parte importante di ogni lavoro”), ma ora guarda al futuro: “Non credo di essermi bruciato con questa esperienza che comunque mi porterò dentro. L’Ajaccio mi è rimasto nel cuore e tiferò per questa squadra. Chiunque mi ha conosciuto da giocatore sa che sono una persona umile e spero che questo mio lato caratteriale possa venire fuori la prossima volta. Spero di essere chiamato ad allenare quanto prima e mi piacerebbe farlo ancora in Francia, dove sento di avere qualcosa da dimostrare. Il mio sogno sarebbe allenare l’Olympique Marsiglia, se il presidente Labrune dovesse chiamarmi gli direi che ha fatto la scelta giusta. Penso di avere un curriculum di calciatore che parla per me”.