Giugno 2003. E’ un Jamie Vardy sconsolato quello che lascia il campo di allenamento di Middlewood Road, a Sheffield. Lui in quella cittadina industriale del sud dello Yorkshire ci è nato e cresciuto. E soprattutto, in quella cittadina industriale del sud dello Yorkshire ha iniziato a dare calci ad un pallone. Sotto casa, con gli amici, poi nell’academy dello Sheffield Wednesday (team che, seppur lontano dai fasti del passato, milita dignitosamente tra Premier League e Division One, equivalenti delle nostre Serie A e Serie B). Scala le categorie il piccolo Jamie, ha buon potenziale offensivo ma non può fare la punta: è troppo piccolo fisicamente. Dovrà correre sull’esterno. E Vardy sull’esterno ci corre, fino a quel Giugno 2003. I sogni di esordio in prima squadra si infrangono: a sedici anni, non c’è più spazio per lui nella squadra in cui è cresciuto. Valige pronte, è letteralmente lasciato andare.

Il mondo sembra ripiegarsi su di lui ed ingoiarlo, sono momenti duri per un ragazzo in piena adolescenza, ma Jamie ha chiara solo una cosa: vuole continuare a giocare a calcio. Non importa dove. Ed allora ci si sposta di pochi chilometri, per raggiungere Stocksbridge and Upper Don, anime contate 18.000 circa. Provincia di quella grande Sheffield che solo pochi mesi prima lo accoglieva. Ma il salto non è solo ambientale, c’è di peggio: Vardy è ingaggiato dalle giovanili dello Stocksbridge Park Steels. La prima squadra gioca in uno stadio da 450 posti a sedere, in Northern Premier League Division One South; è l’ottava serie del sistema calcistico inglese. Non esattamente il Real Madrid.

Ma il nostro non si scoraggia, sa che nella vita l’unico modo per ottenere qualcosa è il lavoro duro. E lavora. Dentro e fuori dal campo. Letteralmente. Nessuno regala una lira ad un giovane che gioca a questi livelli, e ben presto Jamie capisce che bisogna comunque portare il pane a casa e si rimbocca le maniche: il giorno è operaio in una fabbrica di medicinali, la sera si allena. Gli allenamenti portano i loro frutti. E’ il 2007, Vardy è oramai un rampante ventenne stabile titolare della formazione riserve, quando viene notato dal coach Gary Marrow, che lo porta in prima squadra facendolo addirittura esordire. Arriva anche il primo stipendio da calciatore: fanno trenta sterline a settimana.

Il giovanotto con la palla non se la cava male, anzi. Gradualmente convince allenatore e tifosi conquistandosi il posto di titolare (spostandosi secondo le esigenze dal centro alle ali) a suon di ottime prestazioni e (soprattutto) gol. Alla fine della sua avventura, nel 2010, saranno 66 in 107 presenze. Ma quelli di Stocksbridge non sono gli unici ad essersi accorti di questo operaio col vizio di gonfiare la rete.

Arrivano le chiamate dei professionisti. Il Crewe Alexandria gli offre una prova di una settimana. E’ la sua occasione. Jamie lotta, si danna in ogni allenamento come se fosse una finale di Champions. Ma non basta. La qualità non è sufficiente ed il ragazzo sembra piuttosto instabile caratterialmente, da sempre l’impressione di essere nervoso o arrabbiato. No, grazie, pacco rispedito al mittente. Stesso discordo per il Ratheram United.

Vardy però sente di essere un fuori quota su quei campi, e nel 2010 inizia la sua scalata al successo: il contratto arriva dall’Halifax Town, alla cui guida siede Neil Aspin. Aspin ha affrontato lo Stocksbridge in quel campionato, e si è innamorato di quell’attaccante potente e dinamico. Dopo la promozione, lo vuole per affermarsi in Northern Premier League Premier Division, la settima serie. E Jamie non tradisce le aspettative. Corre, segna, fa assist. E’ come una dinamo senza sosta che alimenta le azioni offensive. Segna il gol partita al debutto contro il Buxton (2-1) e prosegue la stagione mettendo a segno anche due triplette, che partecipano al totale di ventisette reti in trentasette apparizioni.

Arriva la seconda promozione consecutiva, i compagni lo votano come uomo dell’anno. Ma Vardy non sente la pressione né tantomeno il salto di categoria: stagione nuova (2011/12), abitudini vecchie: tre gol nelle prime quattro partite. Una macchina da guerra. Neanche il tempo di alimentare i primi sogni di una clamorosa terza promozione consecutiva che è già il momento degli addii: a bussare alla porta è il Fletwood Town, e la cifra che ha in mano è sostanziosa. Indovinate a chi sono interessati? Vardy lascia Halifax e si trasferisce in Lancashire. Si sale ancora di divisione, stavolta si parla di Conference Premier. E’ il quarto salto di categoria in due anni, qualcosa di inedito in tutto il panorama britannico degli ultimi decenni.

Il primo gol arriva alla terza partita, seguito subito da una doppietta al Gateshead. Ne arriva una seconda, ed una terza, nel giro di due settimane. Poi però nulla, per un mese. La luce sembra essersi spenta, arrivano i primi mormorii ed i primi nervosismi. Nella gara casalinga contro i Kidderminster Harriers il nostro perde la testa e rimedia un cartellino rosso dopo appena venti minuti. I suoi vinceranno comunque 5-2, senza di lui. Il pubblico inizia a pensare che forse quel talento è stato solo un buco nell'acqua della dirigenza. Vardy non si spaventa e risponde come sa fare: tripletta al rientro dalla squalifica. E da lì, il cammino è tutto in discesa. Jamie sembra non fermarsi più: a fine stagione saranno 31 centri in 36 partite. Una media impressionante che gli permette di farsi fregio della seconda promozione in due anni, con due squadre diverse. Fletwood è letteralmente ai suoi piedi. Le sue prestazioni non possono passare inosservate a tutti.

E stavolta l’occasione che arriva è di quelle che pesano tantissimo: il Leicester City gli propone un triennale, e sborsa un milione di sterline per il suo acquisto. E’ un record per un team non di Premier League. Non di Premier League, va bene, ma di Championship: appena un gradino sotto. Jamie Vardy è lì, ad un passo dal suo sogno. Appena cinque anni dopo il suo esordio da dilettante, sette categorie più in basso. Un progresso mostruoso.

Anche a Leicester arriva la rete all’esordio, nel 4-0 di Coppa di Lega contro il Plainmoor. Prima di campionato e assist per Andy King, nella vittoria per 2-1. Il nostro protagonista è al centro del progetto dei Foxes e della sua realizzazione personale, pronto per spiccare ufficialmente il volo e raggiungere la vetta del calcio mondiale. Ma qualcosa si rompe. Nei mesi successivi Jamie fatica ad allenarsi, perde forma, è spesso giù di morale. Le sue prestazioni ne risentono ed i suoi tifosi non gliele perdonano. Non a lui, non al signore da un milione di sterline. Il web si scatena a gran voce contro il ragazzo di Sheffield, le accuse piovono da ogni parte come schegge impazzite.

Più il tunnel prosegue e più diventa profondo e buio. Vardy esce poco, parla poco, lavora male. Non si sente a suo agio. Il giocattolo si è rotto, il sogno infranto. Addirittura pensa al ritiro, non vuole più vedere un campo da calcio neanche in fotografia. E qui entra in scena una persona fondamentale per la sua vita: Nigel Pearson. Pearson è il coach di quel Leicester, ed assieme al suo vice Craig Shakespeare capisce che quel talento non può finire nel dimenticatoio. Che quella scalata non può terminare così, nell’amarezza e nello sconforto. Si decide a cambiare le cose. I due prendono da parte Jamie, gli parlano quotidianamente. Lo fanno ragionare, gli fanno tornare autostima e passione. Nel frattempo la stagione si conclude con un sesto posto per il Leicester, eliminato in semifinale di Playoff nel doppio scontro con il Watford, a sua volta eliminato in finale dal Crystal Palace, così promosso in Premier League.

L’anno successivo la storia cambia: il Leicester è una squadra da applausi. Tra i pali emerge l’ottimo Schmeichel, al centro il pilastro è Drinkwater. Davanti poi, Vardy sembra tornato ai suoi fasti, se non oltre. Gli uomini di Pearson procedono come uno schiacciasassi: a fine stagione sarà titolo con 9 punti di vantaggio sul Burnsley secondo. Solo 6 le sconfitte su 46 partite. Il venticinquenne di Sheffield è titolare e protagonista della scalata: 16 i suoi gol in quel campionato, uno più decisivo dell’altro. Il sogno è realtà: Jamie Vardy giocherà in Premier League. Solo una manciata di anni prima era a sporcarsi le mani facendo medicinali e muovendo macchinari. Sarà titolare nel campionato migliore del mondo.

Tra i grandi, il nostro ha la sua occasione per affermarsi. Non fallirà. Il primo gol è accompagnato da quattro (quattro!) assist nella clamorosa vittoria sul Manchester United, ottenuta rimontando da 1-3 a 5-3. Ma superato questo colpaccio il Leicester fatica, lotta in zona retrocessione e sembra condannato a tornare subito nella lega da cui proviene. Ma poi arriva un magico mese di Aprile. Vardy insacca due gol pesantissimi, che valgono due vittorie allo scadere (3-2 contro il West Browmich, 1-0 contro il Burnsley) e soprattutto il premio di Giocatore del Mese della Premier League. Negli ultimi tre mesi di campionato il Leicester centra 22 punti: a giugno sarà quattordicesimo posto, ovvero salvezza. Vardy è letteralmente l’idolo dei Foxes, oramai una bandiera indiscussa.

E finalmente eccoci arrivati ai giorni nostri. In questa stagione il nome di Jamie Vardy è sulla bocca di tutti, le sue immagini fanno il giro del mondo e Claudio Ranieri sta portando il Leicester in cima al campionato di Premier. La vetta di City ed Arsenal dista solo un punto, dopo dodici giornate. Ranieri e i suoi vincono in giro per il Regno Unito. A volte sono belli da vedere, a volte meno, ma fanno sempre risultato. I Foxes non sono mai spacciati, è una costante. Dieci dei venticinque punti sono arrivati dopo essere andati sotto nel punteggio. Così come una costante è il numero 9 di Vardy: dodici gol in dodici partite. Nessuno come lui in classifica cannonieri.

Ma la scalata non è finita. Il sogno può continuare ancora. Puntuale è arrivata la convocazione della nazionale dei tre leoni per l’amichevole di Alicante contro la Spagna. Allo stadio pare saranno presenti osservatori di Real Madrid e Barcellona. Indovinate che nome hanno sui loro taccuini?

Go on, Jamie. La classe operaia è arrivata in paradiso e non ha intenzione di andarsene.